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Il futuro dell’Orto Botanico di Padova, ecco come cambierà

Il futuro dell’Orto Botanico di Padova, ecco come cambierà

foto da Quotidiani locali

È passato un anno da quando sono state chiuse le serre del Giardino della Biodiversità dell’Orto Botanico. E ancor più tempo dovrà passare prima che possano tornare fruibili, se è vero che bisognerà attendere l’autunno per avere almeno un quadro del recupero – dopo i danni alle vetrate – mentre “incombe” il Piano di gestione che viene richiesto periodicamente ai siti patrimonio Unesco.

Il progetto dovrà essere presentato all’altezza della prossima primavera descrivendo stato del sito, attività, problemi e piani di sviluppo per i prossimi cinque anni.

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Nel frattempo quindi l’Orto fa i conti con una perdita economica importante su cui verranno tirate le somme alla fine dell’anno – sia per mancati introiti che per la conseguente impossibilità di adeguare il costo del biglietto – ma anche di immagine, se si considera che le serre del Giardino della Biodiversità sono il più moderno gioiello dell’antico sito dell’Università. Quel che è certo, è che le serre resteranno chiuse per tutto il 2024.

Al concludersi dell’accertamento tecnico preventivo, che dovrà stabilire le cause di rottura delle vetrate, l’intervento sarà coordinato con i già previsti lavori di rifacimento della copertura delle serre, gravemente danneggiata dalle forti grandinate del 2018, 2019 e 2022.

Il prefetto dell’Orto

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«Sono serre molto belle, molto importanti» conferma il prefetto dell’Orto Botanico Tomas Morosinotto «i tecnici dell’Università stanno definendo il piano che sta entrando quando nella fase concreta. Tuttavia, quando saremo finalmente in grado di riaprirle, vogliamo poter presentare un vero e proprio piano di rilancio. Stiamo pensando, ad esempio, a un rinnovo delle collezioni che ci sono all’interno delle serre, con piante nuove e nuove cose da raccontare. Ad esempio, una delle idee che è in via di sviluppo, è quella di portare all’interno di questi spazi una testimonianza di tutti gli orti botanici con cui siamo in contatto, nell’ottica dello scambio che ci contraddistingue: quindi piante da Singapore, piuttosto che da Londra o dalla Cina. Ci piace quindi l’idea che questi esemplari siano in grado di portare anche una testimonianza concreta all’interno del nostro Orto e che chi ci visita possa vedere una pianta simbolo di ciascuno di questi Paesi».

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In attesa che dopo le perizie vengano stabiliti gli interventi da realizzare per il ripristino delle serre del Giardino della Biodiversità – e anche chi dovrà pagarli – , malgrado questa fastidiosa zoppia, qualche incerto del mestiere (come la chiusura al pubblico della Palma di Goethe), l’Orto Botanico cammina verso il futuro con interventi e caparbietà, tenendo alta l’attenzione sugli investimenti recenti, come il Museo – una gemma nata dall’incontro tra botanica e medicina.

Fondi dal Pnrr

Centrali i quasi due milioni in arrivo dal Pnrr, utilizzati per lucidare le sue bellezze impolverate dal tempo, con il recupero di statue, vasche e fontane.

Dove i lavori di pulizia sono già stati portati a termine, l’impatto visivo restituisce luce e suggerisce storia. Tuttavia, con gli stessi fondi sono previsti anche la pulizia dell’adiacente canale Alicorno, nonché la ristrutturazione e ricostruzione di alcune serre (un intervento da 2,2 milioni comprese risorse dell’Università) per la moltiplicazione delle piante, la quarantena e per il recupero della serra, particolarmente seducente e preziosa, delle orchidee.

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Un intervento necessario: sebbene si tratti per lo più di serre di servizio, per i turisti – numerosissimi quelli stranieri – che si aggirano incuriositi per i vialetti, l’effetto estetico con teli a offrire coperture di fortuna e vetrate che rendono inaccessibile le visuale, non rende giustizia a un sito patrimonio Unesco.

«Con interventi di alta sostenibilità stiamo rinnovando tutte le serre di servizio che ci servono per la coltivazione e la moltiplicazione delle piante» conferma Morosinotto «sono necessarie per metterle al riparo, coltivarle, farle moltiplicare.

Il progetto a rischio

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Ad esempio, c’è un progetto che riguarda le piante a rischio di estinzione per cui ne recuperiamo i semi e, se necessario, li mettiamo a disposizione per eventuali ripopolamenti.

Un’altra serra, all’ingresso vicino alla rinnovata casa del custode, verrà adibita alla quarantena per le piante in arrivo da orti botanici o altri luoghi e che dobbiamo tenere isolate per un periodo per essere sicuri che non introducano patogeni».

La serra delle orchidee si incontra lungo il perimetro dell’Orto, coperta anch’essa da un telo: è da sempre inaccessibile al pubblico, ma i lavori di ripristino consentiranno visibilità dall’esterno e qualche – pur limitata – visita all’interno.

Un altro tema in via di sviluppo sono i cambiamenti climatici. «Anche le piante devono adattarsi e rispondere a queste nuove condizioni ambientali» prosegue il prefetto dell’Orto «ci sono specie che sono perfettamente in grado di convivere in condizioni molto difficili. Per cui costruire una collezione in grado di resistere ai cambiamenti climatici più di quelle che conosciamo già è un modo per raccontare quello che sta succedendo ma anche per vedere come all’interno della biodiversità si possano trovare nuove specie che si possano rendere utili nei nostri giardini o nei nostri viali alberati nei prossimi anni».

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Intanto il cannocchiale punta al futuro per «rendere vivo questo luogo dove si fanno insegnamento, ricerca, si racconta una storia» conclude «vogliamo diventare ancora più bravi a mostrare le nostre tante attività consolidando il dialogo con l’esterno dopo che lo scorso anno abbiamo raggiunto la cifra record di 227 mila visitatori, all’apice di un decennio di crescita. E raccontare alcuni dei temi fondamentali per il nostro benessere futuro come sostenibilità e cambiamenti climatici, temi che dobbiamo comunicare usando le piante».

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