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Cinque bisiachi in pullmino da Ronchi all’India e ritorno: «Nel ’74 un viaggio unico»

RONCHI DEI LEGIONARI Non troppo lontane, ma sempre storie di altri tempi, di amicizie sincere e immensa curiosità, di desiderio di esplorare e conoscere il mondo. Come quella dei cinque “muli bisiachi”, vale a dire Gianfranco Franco, Maurizio Frullani, Franco Tominovi, Pier Luigi Selvelli e Lino Zamar, che il 10 luglio del 1974, assieme a un giovane del Veneto, Gian Antonio Ronzini, partirono da Ronchi dei Legionari alla volta della lontana e misteriosa India. Mezzo di trasporto un pullmino della Volskwagen, acquistato e spartanamente adattato per lo scopo e capace di sopportare egregiamente i chilometri percorsi e le ispezioni ai posti di blocco.

«Durante il viaggio di ritorno, al confine tra Afghanistan e Iran – ricorda Gianfranco Franco - gli addetti alla dogana hanno perquisito rovistando e frugando ogni anfratto del veicolo e smontandone completamente il motore per accertare che non ci fosse traffico di sostanze stupefacenti».

Belgrado, Sofia, Istanbul, Ankara, Teheran, Kabul, Amritsar e Katmandù hanno mostrato, allora, un volto diverso da quello che attualmente offrono ai visitatori. Purtroppo Gian Antonio, Lino e Maurizio non ci sono più, ma le immagini di quell’avventura rimangono sempre impresse nelle bellissime foto scattate da Maurizio Frullani, grande professionista della macchina fotografica e presentate più volte al pubblico. Ritratti di volti dall’intensa espressività, paesaggi e momenti colti con sapienza, descrivono il fascino di lontane civiltà e raccontano i disagi affrontati nel viaggio compiuto cinquant’anni fa.

Tensioni politiche e guerre in atto, in certi punti, obbligarono a deviare l’itinerario prestabilito e ritardare la tabella di marcia. Tante, come detto, le immagini che ricordano la “spedizione”, come quella, irripetibile, del Budda che giganteggia alle spalle dei sei amici, scolpito nelle pareti di roccia della valle di Bamiyan, in Afghanistan, a circa 230 chilometri dalla capitale Kabul e ad un'altezza di circa 2.500 metri. Nel marzo del 2001 è stato distrutto dalla furia iconoclasta dei Talebani.

Il rientro a Ronchi dei Legionari, attraverso il valico di Fernetti, avvenne circa 45 giorni dopo la partenza, con il pullmino ancora in buono stato e carico di affascinanti e inediti “souvenir”, come sitar, abiti afghani e vasellame artigianale. «Un’esperienza che fu unica – conclude Franco – e che ancora oggi ricordo con grande intensità, mista alla nostalgia dei tempi passati e di chi ci ha lasciato. Fu un viaggio davvero intenso, che ci arricchì moltissimo e che segnò le nostre vite, rinsaldando i nostri vincoli di amicizia».

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