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La sinistra esulta per Kamala. Il provincialismo radical chic che pensa di incidere in America

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La sinistra italiana è da sempre abituata a perdere in casa e a cercare miracolosamente di aggrapparsi a vittorie estere. E’ successo in Francia, in Gran Bretagna, accadrebbe anche in Lussemburgo o a San Marino, figuriamoci negli Stati Uniti, il Paese più importante del mondo. La rinuncia di Joe Biden e l’investitura di Kamala Harris […]

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La sinistra italiana è da sempre abituata a perdere in casa e a cercare miracolosamente di aggrapparsi a vittorie estere. E’ successo in Francia, in Gran Bretagna, accadrebbe anche in Lussemburgo o a San Marino, figuriamoci negli Stati Uniti, il Paese più importante del mondo. La rinuncia di Joe Biden e l’investitura di Kamala Harris hanno scatenato entusiasmi di parlamentari e opinionisti d’area, peraltro convinti di poter incidere anche sulle scelte che faranno gli americani. Un po’ come accadde(e mal gliene dolse) il 2016 con Hilary Clinton.

Le reazioni della sinistra: “Partita riaperta”

La reazione del Partito Democratico alla scelta di Biden è tutta nelle parole del capogruppo al Senato, Francesco Boccia, e del responsabile degli esteri, Giuseppe Provenzano. Per entrambi, che elogiano Joe Biden per i coraggio, “la partita è riaperta”. Boccia riesuma addirittura la vicenda di Capitol Hill, affermando che, “chiunque tenga alla democrazia non può dimenticare quanto accadde”. Provenzano indica in Kamala Harris(che ancora non è stata nemmeno designata) la protagonista di” una partita che si riapre”.

Dai talk show agli editoriali: la presunzione di decidere

Dai talk show agli editoriali delle testate giornalistiche di sinistra emergono ritratti paradisiaci di Kamala Harris(completamente distanti dalla realtà) e una sorta di presunzione di poter determinare(non si sa come e quanto) le scelte che a novembre faranno gli americani. Ma anche un viatico che collega Washington a Roma e che vedrebbe, in caso di successo della Harris, una sorta di anticipazione di quanto potrebbe accadere successivamente in Italia.

Il precedente del 2016

Il 2016 con Matteo Renzi(di lì a poco battuto ai referendum e dimissionario) a Palazzo Chigi, il Pd di allora( con in testa Maria Elena Boschi) organizzò una serie di pellegrinaggi negli Usa, con tanto di etichette in mostra, per sostenere Hilary Clinton. Incontri con le comunità italiane, discorsi, tweet. Il risultato fu tremendo: sconfitta per l’ex first lady e dimissioni per il leader fiorentino con decisione(rinnegata) di abbandonare per sempre la politica.

Il vizio di vincere fuori casa

Anche una vittoria in Estonia dei progressisti farebbe scatenare la gioia della sinistra indigena. Nonostante la coalizione non vinca un’elezione in Italia dal 2006, ogni sussulto estero è buono per disegnare nuovi miti e dipingere un mondo che cambia. Dimenticando che poi, puntualmente, a casa sua, il Pd e le sinistre le elezioni(quelle che contano, cioè le politiche) le perdono sempre.

“Kamala Schlein”

In queste ore per la sinistra Kamala Harris ed Elly Schlein sono la stessa cosa. Non si sa perché, se non per il genere. Ritorna quello spirito kennediano dell’America libera, che in realtà la Harris difficilmente potrebbe interpretare secondo i canoni di Largo Nazareno. Ma basta elencare il solito rosario dei diritti(aborto, eutanasia, liberalizzazione delle droghe) per costruirsi una realtà inventata. L’America per la sinistra è un sogno se vincono i democratici o se si parla di Bukowki e Kerouac. Altrimenti diventa un incubo. Solita solfa.

 

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