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Migranti, salvataggio o consegna? Il video della Ong con la milizia libica rilancia i sospetti

ong aita mari

Il rapporto tra gli scafisti, la milizia libica e le Ong è da sempre al centro del dibattito, con le ipotesi di correlazioni e cointeressenze che non sono mai state smentite efficacemente. Oggi Il Giornale riporta il caso dell’Aita Mari una delle Ong spagnole più famose, in un articolo a firma di Fausto Biloslavo, e […]

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Il rapporto tra gli scafisti, la milizia libica e le Ong è da sempre al centro del dibattito, con le ipotesi di correlazioni e cointeressenze che non sono mai state smentite efficacemente. Oggi Il Giornale riporta il caso dell’Aita Mari una delle Ong spagnole più famose, in un articolo a firma di Fausto Biloslavo, e racconta di un recupero in mare avvenuto lo scorso 16 luglio a largo delle coste libiche, che corrobora i sospetti sulle relazioni esistenti tra l’organizzazione umanitaria e la milizia di Tripoli. Quei migranti sono stati poi fatti sbarcare il 19 luglio nel porto assegnato di Ravenna. Sulla vicenda è intervenuto duramente il co-Presidente di Ecr, Nicola Procaccini.

Il recupero del 16 luglio

Il recupero di migranti citato nell’articolo è avvenuto il 16 luglio con l’intervento dell’Aita Mari a 40 miglia circa a nord dalla costa, in acque di ricerca e soccorso libiche, esattamente sulla perpendicolare di Zawiya, uno degli hub del traffico di esseri umani. Nella versione lunga del filmato citato da Il Giornale, che dura quasi 4 minuti, non si notano tensioni particolari con i libici. Anzi, a quanto riferisce Biloslavo, si capisce che non hanno alcuna intenzione di fermare i migranti illegali diretti in Italia nonostante il barcone grigio sia all’interno della zona di soccorso e ricerca di Tripoli.

Il rapporto tra milizia e Ong

Dal video invece sembra che le tre imbarcazioni libiche aspettino solo l’imbarco dei migranti a bordo della nave del ‘Salvamento marittimo humanitario’. Uno solo si getta in mare dalla prua del barcone, ma, viene spiegato, “sembra più uno show che altro”. Alla fine vengono imbarcati, senza problemi, sull’Aita Mari 34 persone e la nave si dirige verso il porto assegnato di Ravenna dove i migranti sono sbarcati il 19 luglio.

Il mistero delle persone identificate

L’aspetto più grave è che la polizia libica, si legge nell’articolo, come rivela Migrant rescue watch, ha identificato tre personaggi coinvolti nelle partenze dei migranti a bordo della lancia nera e del grosso gommone militare. Si tratta di Hadi Qouma, trafficante di esseri umani di Zawiya, Ahmed Shagan detto “Shushu”, responsabile per la protezione garantita dai militari collusi e Alaa Nasr altro trafficante. Il personale dell’Ata Mari, che con Roma parlava di imbarcazioni libiche a distanza, poi di tensione ed infine di mafie, non ne sapeva nulla? Alaa Nasr è un membro della milizia criminale che opera impunemente dal Refinery Point di Zawiya. Lo stesso personaggio che sarebbe stato su uno dei natanti attorno al barcone dei migranti recuperati da Aita Mari il 16 luglio.

Procaccini: “Spezzare il rapporto tra Ong e trafficanti di esseri umani”

“La messa in scena orchestrata dalla nave spagnola Aita Mari conferma che le navi Ong del mare e i trafficanti di esseri umani continuano a lavorare insieme. Sono parte dello stesso perverso meccanismo architettato non per salvare vite, ma per fare affari”. Lo afferma l’europarlamentare di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini, Copresidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo.

“Lo dimostrerebbe proprio l’azione con la quale la Aita Mari ha trasportato in Italia i 34 migranti prelevati dalle coste libiche, fatti poi sbarcare nel porto di Ravenna. Un’azione che sembra una vera e propria messa in scena, appunto, per coprire quella che invece appare come una già rodata collaborazione con i trafficanti di esseri umani. Altro che soccorso, il video della scena evidenzia che si è trattato di una consegna di persone. Il rapporto tra Ong e trafficanti è una catena che va spezzata, deve essere questa la priorità della Ue così come più volte indicato dal governo italiano, che ne ha fatto un punto centrale delle sue politiche migratorie”, conclude l’eurodeputato di FdI.

 

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