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Il programma della Harris? Essere donna e di colore. Stop

Nel susseguirsi di trasmissioni ed analisi dopo il passo indietro di Joe Biden è facile notare un paio di considerazioni che tanto vanno di moda in Italia. La prima riguarda Michelle Obama; dalle alpi a lampedusa il nome eccita gran parte del mondo della sinistra italiana, soprattutto quella giovanile. Michelle di qui, Michelle di là, tutti a sperare nella discesa di campo della moglie dell’ex presidente. Peccato che negli Stati Uniti questa cosa semplicemente non esista, non c’è nessuna possibilità, non c’è nessuno che nemmeno ne parla. È tutto e puro frutto della fantasia nostrana e delle analisi politiche un to al kg, più basate sui sogni (irrealizzabili) che sulla realtà.

Ma c’è di peggio. Da ieri sera a diversi analisti e politici di sinistra luccicano gli occhi pensando alla nuova coppia di candidati del partito democratico Usa: Kamala Harris presidente e l’attuale governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer. «Sarebbe il massimo, bellissimo - ha ripetuto la conduttrice (super partes, ovviamente) di un preservare tv - pensate: due donne di cui una di colore, contro due uomini. Sarebbe bellissimo…».

Eccolo il programma della nuova sinistra americana, e che tanto piace a quella italiana; donne contro uomini, una persona di colore contro due bianchi. Insomma, genere e razza. tanto basta per poter avere il diritto di sedersi nell’ufficio ovale, il luogo centrale del potere non solo degli Stati Uniti, ma dell’intero occidente. Non si parla di economia, non si parla di politica internazionale (ad esempio: cosa fare per la guerra in Ucraina? Come risolvere la questione di Gaza?), non si parla della sfida (o della convivenza) con la Cina, nessuna idea sui migranti e sull’inflazione. Basta mettere una donna contro un uomo, se poi è di colore allora è il massimo.

La pochezza di questo ragionamento racconta da sola i limiti complessivi del partito democratico (sia di quello americano che di quello italiano): nessun programma politico, solo slogan.

Fa ancora più ridere la giustificazione che oggi viene data sull’assenza di Kamala Harris dai grandi teatri internazionali. Che sia Ucraina, che sia Gaza, che sia Nato o Africa a nome di Biden si muove sempre e solo il Segretario di Stato, Blinken. Kamala se ne sta a Washington. Bene, oggi scopriamo che «quello del vicepresidente Usa è un ruolo oscuro, che lavora tanto e bene ma di nascosto…». Siamo alle solite, alla campagna di beatificazione di una che non è nemmeno troppo amata dal suo stesso partito (in pochi ancora oggi quelli che l’hanno appoggiata pubblicamente) e che è stata il peggior vicepresidente della storia degli Stati Uniti. Immaginarcela alla Casa Bianca con la valigetta dei codici nucleari non ci tranquillizza, nemmeno un po’.

Per guidare la principale potenza occidentale ci vuole ben altro.

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