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Quel profumo di cuoio nella bottega di Luca a Gorizia  che custodisce i segreti dell’arte del “caligher”

Quel profumo di cuoio nella bottega di Luca a Gorizia 


che custodisce i segreti dell’arte del “caligher”

foto da Quotidiani locali

GORIZIA. C’era una volta l’antica professione del “caligher”. Anzi, almeno a Gorizia, c’è ancora. Merito anche di giovani come Luca Urdan che, a computergrafica, comunicazione digitale o altri settori proiettati nel futuro, ha preferito un mestiere con radici affondate nel passato.

Classe 1980, Urdan si è avvicinato 10 anni fa a questo mondo che profuma di cuoio e colla. Nella sua bottega di via Rabatta 12/A - una delle quattro ancora attive in città secondo i dati della Camera di Commercio -, lo si può vedere all’opera seduto su un vecchio sgabello, tra scaffali ricolmi di mocassini e décolleté. Alla domanda su come abbia iniziato questa strada, posa la scarpa e sorridente ed entusiasta risponde: «Ho iniziato nel 2014, nella bottega in via dei Cappuccini di Rosario Scandariato, il calzolaio conosciuto anche con il nome di Sarino, che nel 2016 ha festeggiato i 50 anni di attività - racconta -. Mi ero avvicinato a questa professione perché mi piacevano i lavori di artigianato e mio padre, che conosceva il laboratorio di Rosario, mi consigliò di propormi. Quando mi presentai da lui, gli chiesi se poteva insegnarmi il mestiere; ricordo che mi guardò titubante, e poi rispose: “Ci penso un attimo e ti faccio sapere”. Decise di darmi fiducia e da lì è iniziato tutto. Per me è stato un mentore, perché mi ha tramandato i segreti del mestiere, partendo dalle basi fino all’evoluzione della tecnica in ambito calzaturiero che si è affermata al giorno d’oggi. Così, la passione per questa professione è accresciuta lavorando. Ma non solo: devo dire che Rosario è un esempio positivo, è una persona di un’umanità incredibile in quanto, oltre al lavoro, mi ha trasmesso preziosi valori di vita».

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Il laboratorio di via Rabatta si sviluppa nella sala che rappresenta il cuore pulsante dell’attività. Lì dentro Luca descrive appassionato le fasi principali per la riparazione delle scarpe, indicando innanzitutto il banchetto dove parte il suo lavoro. Con perizia e tecnica raffinata interviene sulla scarpa, tirando via il vecchio per predisporla al nuovo, separando quindi i vari componenti della calzatura, affinché tutto venga riassemblato per il meglio. Dopodiché, si sposta al banco di finissaggio dove parte tutta la preparazione per gli incollaggi. Lì si effettua la cosiddetta “cardatura” sulle suole e infine, con la pressa, si completa l’operazione.

Addentrandosi in questo spazio, si riscopre quindi un antico mestiere che coniuga artigianalità, sapere, precisione e innovazione. Ogni calzatura richiede studio e ricerca accurati, perché le caratteristiche variano in base al tipo di modello. E c’è anche il richiamo al paradigma dell’economia circolare, come nel caso di un laborioso recupero. Ne è un esempio il cambio dei fondi o risuolatura, uno dei lavori che riempie di maggior soddisfazione Luca. «Negli ultimi dieci anni, per realizzare molte scarpe si è utilizzato il poliuretano espanso – spiega Luca –. Ma, dopo diversi anni di usura, il materiale inizia a sbriciolarsi, quindi diventa necessaria la sostituzione del fondo, cioè si rimuove tutto l’originale e si conserva la tomaia: da qui parte tutto il lavoro di restauro. Si cerca il fondo nuovo che meglio si adatta alla scarpa, si procede segnando alla perfezione il profilo della nuova suola e infine si monta sulla scarpa. È proprio appagante per me e per i clienti vedere i risultati finali, soprattutto perché è bello riuscire a recuperare una scarpa con una tomaia in perfette condizioni, che altrimenti sarebbe da buttar via».

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Ma non finisce qui. Luca sorprende anche quando descrive la complessità dei lavori di tintura delle borse, che richiedono uno specifico processo chimico, volto ad avvicinarsi il più possibile al colore originale, al fine di ottenere un risultato di qualità. La dimensione creativa di Luca non si ferma qui, perché abbraccia anche la capacità di fare rete tra artigiani: «Mi sono accordato con Giuliana, la signora di via Boccaccio che, con il compianto marito Fabio Capitò, condivideva un’attività di calzoleria e riparazioni borse. Adesso la signora si occupa delle riparazioni di borse e cerniere delle scarpe, e aggiungo che è molto brava e minuziosa ad eseguire quei lavori».

Entrare in queste botteghe, per molti, accende la sensibilità verso i mestieri dell’arte e rappresenta un momento speciale che rievoca ricordi, come conferma Luca: «Capita spesso che diversi clienti entrino nel laboratorio e mi dicano “mio papà, oppure mio nonno, faceva il calzolaio”. In effetti, una volta era più frequente trovarne uno in famiglia. Un altro signore ha ricordato che quando era ragazzino si sedeva sulla seggiola e osservava il calzolaio intento a lavorare. Questi racconti - conclude il “caligher” di via Rabatta - scaldano il cuore perché ti fanno sentire apprezzato e i clienti si vedono felici appena varcano la soglia della bottega».

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