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I fratelli della Green Houses srl e l’affare del terreno da 600 mila euro favorito da Boraso

I fratelli della Green Houses srl e l’affare del terreno da 600 mila euro favorito da Boraso

foto da Quotidiani locali

Alcuni sono imprenditori, altri funzionari in pensione di enti pubblici, altri ancora direttori di importanti aziende. Sono i padovani, alcuni indagati altri soltanto citati nelle carte dell’inchiesta; sono quelli che, secondo gli inquirenti veneziani, hanno contribuito a ingrandire la già estesa rete del malaffare economico tessuta dall’assessore Renato Boraso.

Le figure padovane, fatta eccezione per Alessandra Bolognin, direttore generale di Ive, residente a Montegrotto, sono comunque di secondo piano nell’ambito del “sistema tangenti” veneziano portato allo scoperto dalle indagini della Guardia di Finanza.

Nel registro degli indagati sono stati iscritti tre imprenditori del territorio, i fratelli David e Christian Barzazi (il primo di 46 anni abitante in città) e Nicola Milanese, 54 anni di Albignasego; il riferimento è a due distinti episodi sui quali sta indagando la magistratura.

Milanese e la gara

Nicola Milanese viene chiamato in causa nell’inchiesta su una maxi gara da 13 milioni 324 mila euro pubblicata nel giugno dello scorso anno dal Comune di Venezia per l’affidamento del servizio relativo alla gestione informatizzata e notifica degli atti amministrativi riguardanti le sanzioni del Codice della Strada.

Boraso, emerge dalle carte d’indagine, avrebbe cercato di ottenere l’aggiudicazione dell’appalto in questione a favore della Open Sofware, su pressione di Stefano Comelato amministratore delegato della società.

Milanese, accusato di tentata turbativa d’asta, entra in gioco in qualità di legale rappresentante e socio di maggioranza della Open. Milanese, ritengono infatti gli investigatori, avrebbe beneficiato dell’eventuale aggiudicazione ed era inoltre presente a una delle riunioni con l’assessore veneziano per la presunta pianificazione della turbativa. L’operazione poi non era andata a buon fine.

I Barzazi e la Green

I fratelli Barzazi, invece, finiscono sotto i riflettori della Procura veneziana in qualità di responsabili della Green Houses srl di Padova, sede in via Uruguay 47, specializzata nello sviluppo di progetti immobiliari senza costruzione. La contestazione a loro carico riguarda il decreto 74 del 2000 che prevede, tra l’altro, le violazioni riferite all’uso di false fatture.

L’episodio su cui gli investigatori si soffermano riguarda la compravendita di un lotto di terreno Zto in via Ca’ d’Oro a Mestre, zona Palasport. A metterlo sul mercato, prezzo base di 700 mila euro, è la I.Ve di Alessandra Bolognin; l’acquisto interesserebbe in realtà all’imprenditore Fabrizio Ormenese di Jesolo (finito in carcere) mentre la Green Houses srl avrebbe fatto solo da prestanome. Il ruolo di Boraso in questo caso, sarebbe stato quello di favorire l’assegnazione del terreno ai soggetti in questione attraverso l’intercessione presso Alessandra Bolognin, al fine di seguire in maniera privilegiata l’evolversi della procedura a evidenza pubblica e di facilitare l’aggiudicazione alla società padovana.

Non solo: ci sarebbe stato il suo interessamento personale al fine di superare gli ostacoli urbanistici ostativi all’intervento immobiliare che la società assegnataria intendeva realizzare sul lotto in questione. La tangente legata all’operazione e chiesta da Boraso a Ormenese , sempre secondo le carte d’inchiesta, ammontava a 40 mila euro da corrispondere in due tranches da 20 mila euro ciascuna a fronte di fatture emesse. La fattura sarebbe stata saldata dalla Green Houses attraverso una società filtro che, sostengono gli investigatori, viene messa a disposizione da Ormenese.

Una triangolazione suggerita dagli stessi Barzazi; in particolare David avrebbe ritenuto imprudente ricevere fatture da una società rappresentata da un pubblico funzionario. Ormenese, emerge dall’inchiesta, avrebbe illustrato a Boraso le modalità di pagamento riferendo che i fratelli Barzazi non gli avrebbero corrisposto direttamente le due quote di 20 mila euro preferendo appunto interporre una società (riconducibile allo stesso Ormenese) al fine di evitare rapporti economici diretti con un funzionario pubblico. Un atteggiamento di grande prudenza.

«Io gliela faccio vedere dopo che mi farà un bonifico a una società mia e io te li giro a te perché non vuole avere il rapporto diretto. Sai che è particolare», dice Ormenese, intercettato, a Boraso. Il 28 novembre 2022 Ormenese non vedendo l’accredito incalza: «Non hai capito, non è per me, devo giare, fare... questo qua mi ha spaccato i c... no perché io deve fare a sua volta un pagamento».

I terreni

Boraso nel 2022 aveva messo gli occhi, insieme a Ormenese e ad altri imprenditori, anche su un terreno nel Padovano, a Bagnoli di Sopra per l’esattezza: l’intenzione era l’acquisto di un terreno da 50 milioni da destinare a impianti fotovoltaici e a biometano. Anche quell’operazione era però finita in un nulla di fatto. —

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