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Cosa prevedeva originariamente il programma Privacy Sandbox di Google

Nato nel 2019, tra i suoi obiettivi c'era proprio l'approccio totalmente cookieless. Adesso, con l'ultima decisione di Google, subirà una profonda revisione

L'articolo Cosa prevedeva originariamente il programma Privacy Sandbox di Google proviene da Giornalettismo.

Un piano annunciato nel 2019 che doveva mostrare i primi effetti nel 2021 – prima di una serie di rinvii, l’ultimo previsto per il 2025 -, ma che oggi, ufficialmente, non vedrà mai la luce. Con la rinuncia alla rimozione del tracciamento dei cookie di terze parti, Google ha – di fatto – cambiato l’intero paradigma del programma “Privacy Sandbox“. Anche se l’obiettivo iniziale resta sempre lo stesso, la limitazione di quei piccoli file di testo archiviati nel browser (Chrome, in questo caso) non avverrà più automaticamente. Sarà l’utente a decidere, attraverso un prompt, se consentire a terze parti di monitorare le propria navigazione sui siti online (e ricevere annunci personalizzati in base alle proprie preferenze e abitudini).

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Partiamo da una citazione: «Le persone dovrebbero essere in grado di godersi la navigazione e le applicazioni senza preoccuparsi di quali informazioni personali vengono raccolte e da chi. Le tecnologie Privacy Sandbox mirano a rendere obsoleti gli attuali meccanismi di tracciamento e a bloccare le tecniche di tracciamento occulto, come il fingerprinting». Questo era l’obiettivo dichiarato, nell’ormai lontanissimo 2019, da Google nel suo piano per limitare i cookie di terze parti durante la navigazione degli utenti sul browser Chrome.

Privacy Sandbox, cosa prevedeva il piano di Google sui cookie

Quella che doveva essere una rimozione graduale (all’inizio del 2024 si era proceduti alla cancellazione dell’1% del totale degli utenti) di questo tracciamento “occulto” in modo automatizzato – quindi come impostazione di default sul browser, come già fanno i concorrenti di Google, in particolare Safari (Apple) e Firefox (Mozilla) -, si trasformerà in un modello in cui l’utente deciderà – attraverso un prompt – di consentire o negare il tracciamento dei cookie di terze parti quando si accede a un browser. Di fatto, dunque, l’obiettivo finale non cambia, ma è stravolto l’itinerario per raggiungerlo.

Oggi, stando alle dichiarazioni rese da Anthony Chavez, il vicepresidente del progetto, l’approccio di Google è completamente cambiato. Nonostante l’eliminazione dell’idea di non consentire l’accesso ai cookie di terze parti, Privacy Sandbox non verrà completamente dismesso: restano in piedi, infatti, le contrattazioni con l’ICO (il Garante della Privacy del Regno Unito) e con l’autorità garante della concorrenza e del mercato in UK, al fine di consentire una esperienza più sicura per l’utente al momento della sua navigazione.

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