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Oggi l’addio a Enrico Sacchi: lascia in eredità l’idea di una Pavia bella e più vivibile

Oggi l’addio a Enrico Sacchi: lascia in eredità l’idea di una Pavia bella e più vivibile

foto da Quotidiani locali

PAVIA. Oppositore al Piano di governo del territorio della giunta Fracassi. Forte di una visione maturata negli anni Settanta. Oggi alle 15 in via Ciapessoni 21 la città potrà dare il commiato laico a Enrico Sacchi, architetto, scomparso a 85 anni. Nelle migliaia di documenti e nelle centinaia di progetti elaborati dallo studio Chiolini – Sacchi, donati ai Musei civici, si coglie l’essenza del suo pensiero.

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Un piano unitario

Traspare l’esigenza di un piano strategico per la città. Un piano a lungo termine, frutto di una visione lungimirante, capace di cogliere le potenzialità dell’ex capitale del regno longobardo.

Era su questo, sulla necessità di dotarsi di uno strumento urbanistico in grado di traghettare Pavia verso il futuro, che insisteva l’architetto pavese.

«Pavia deve decidere cosa vuole essere. Se intende diventare un dormitorio di Milano o un’appendice del San Matteo e dell’Università. Ma deve essere consapevole che si merita molto di più»

diceva Sacchi, ricordando che questa è una città che ha un grande pregio: la natura che la attraversa e il Ticino che la segna in modo determinante. «Una natura di alto livello qualitativo su entrambe le sponde di un fiume limpido, senza muri di contenimento. Un bene da salvaguardare», spiega Marco Chiolini, architetto, sintetizzando il pensiero di Sacchi che con lui condivise lo studio di via Menocchio per oltre quarant’anni. Uno studio che seppe dare il proprio contributo alla visione portata avanti dall’allora sindaco Elio Veltri negli anni Settanta, quando su Pavia, città con la più grande isola pedonale d’Italia e con il Piano regolatore redatto da Astengo – Campos Venuti, si accesero i riflettori internazionali.

«Partecipammo alla grande epopea di quel periodo. – spiega Chiolini – Si giocò l’importante partita urbanistica che ha rivoluzionato Pavia». La salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio storico e naturalistico esistente è il filo rosso che unisce l‘intero lavoro di Enrico Sacchi che continuava a ripetere la necessità di avere una strategia.

«Consente di evitare interventi lasciati all’iniziativa di singoli operatori immobiliari. Interventi scoordinati tra loro che non prefigurano un’immagine condivisa. – spiegava –. In questa situazione, l’amministrazione si trova in una posizione di estrema debolezza, accentuata dall’ansia di dare spazio ad ogni iniziativa che possa ipotizzare un’uscita all’immobilismo».

L’assenza di una pianificazione a lungo termine «comporta quanto sta avvenendo oggi, nella più velleitaria confusione, a proposito delle aree dismesse, dell’ex Necchi, della stazione S13» sottolineava ancora Sacchi, contrario allo spostamento della stazione. E di piano strategico parlò anche con il sindaco Michele Lissia. «Con grande tenacia ne sosteneva l’esigenza. Mi aveva mandato un documento di sintesi e diverse sue proposte sono state recepite nel programma di mandato. – dice il primo cittadino – Dal consumo di suolo zero ad una nuova pianificazione urbanistica. Da una nuova mobilità all’individuazione di spazi pubblici per incentivare la partecipazione».

Competente e ironico

«È stato uno dei più bravi architetti pavesi ed era un uomo arguto, ironico, intelligente, con grande competenza e passione per l’urbanistica e per Pavia. – sottolinea Angelo Gualandi, architetto e assessore all’Urbanistica nella giunta Depaoli – Ripeteva che il centro storico deve essere maggiormente tutelato con una catalogazione degli edifici e che va realizzata la nuova fermata ferroviaria perché cambierà il volto della città». «È stato un protagonista dell’irripetibile stagione degli anni Settanta, artefice di molte battaglie, senza alcuna difficoltà a dire il proprio pensiero, nonostante fosse un libero professionista, perché credeva nella salvaguardia ambientale e nella tutela dei beni comuni. – spiega Walter Veltri – Sostenne Arsenale Creativo e la progettazione dal basso».


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Case popolari in piazza Vittoria: recupero a tutela dei più deboli

Il restauro del palazzo di proprietà comunale che si affaccia su piazza della Vittoria, angolo via della Zecca, è uno degli interventi progettati e seguiti da Enrico Sacchi e Marco Chiolini. Intervento che aveva puntato sul recupero dell’esistente e sulla tutela sociale. Perché gli inquilini di quell’antico edificio con una decina di appartamenti, rinnovato nel Cinquecento, appartenevano alle fasce più deboli della popolazione e pagavano un affitto a canone agevolato. Negli anni Settanta il complesso e delicato restauro, su progetto dello studio Chiolini – Sacchi, e una volta sistemati, continuarono ad essere abitati dagli stessi inquilini che, nel frattempo, erano stati trasferiti in viale Bligny. «Nonostante fossero case molto ambite – spiega Chiolini – il Comune volle lasciarle alle famiglie più in difficoltà. Nel Piano regolatore di Elio Veltri, che interveniva sull’esistente e conteneva le nuove costruzioni, erano infatti contemplati interventi in centro su immobili di proprietà comunale. Avvenne in piazza della Vittoria, ma anche in via dei Liguri, in via Spallanzani, in corso Garibaldi dove si trova l’istituto autonomo case popolari».

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Tra i lavori dello studio, i progetti dell’impianto di risalita, delle sale longobarda e romanica e della sala del Rivellino del castello Visconteo e il recupero del castello di Belgioioso e di un’ala della Villa Reale di Monza. «Il nostro archivio professionale è stato acquisito e catalogato ed è consultabile da tutti. – dice Chiolini – È già stato utilizzato dagli studenti per tesi di laurea, per approfondimenti, per studi tridimensionali». Oggi alle 15, il commiato laico in via Ciapessoni 21. —

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