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Il governo Meloni è allergico ai giornalisti “infiltrati” + Rpt +

UPDATE: Abbiamo ritenuto importante inserire all’interno dell’articolo la posizione di Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica che ha bilanciato, in questo modo, le dichiarazioni fatte dalla seconda carica dello stato Ignazio La Russa (di cui si parla abbondantemente nel pezzo). «Ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica» – ha detto Mattarella nel corso della Cerimonia del Ventaglio, facendo un riferimento esplicito ai fatti di Torino. Il presidente della Repubblica ha ricordato anche quale sia il ruolo dell’informazione e dei giornalisti in questo momento storico, accennando anche al quadro normativo che disciplina la professione. 

 

Qualche settimana fa, la definizione di “infiltrato” era stata accostata – con toni non propriamente positivi – ai giornalisti di Fanpage che avevano condotto un’inchiesta sul movimento giovanile di Fratelli d’Italia, sulle sue ideologie e sulle affermazioni che più volte venivano riportate all’interno di questa cerchia ristretta. Almeno tecnicamente, tuttavia, l’inchiesta di Fanpage seguiva la metodologia degli infiltrati: i giornalisti erano degli insider che, fingendo di far parte del gruppo di Gioventù Nazionale, ne hanno acquisito informazioni. Quando però si parla di Andrea Joly, il cronista de La Stampa che stava riprendendo un incontro di Casapound e che per questo motivo è stato picchiato da alcuni militanti, non si può tecnicamente riferirsi al giornalista come a un infiltrato. Il presidente del Senato Ignazio La Russa, invece, ha deciso di sottolineare la necessità, da parte del cronista, di identificarsi.

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Ignazio La Russa e le parole sul giornalista Andrea Joly

«La persona aggredita, a cui va la mia solidarietà – ha detto La Russa nel suo intervento -, non si è mai dichiarata giornalista. Non sto giustificando niente. Non credo però che il giornalista passasse lì per caso, trovo più giusto se l’avesse detto».

La Russa sul pestaggio del giornalista Joly “condanna, però ci vuole un modo più attento di fare le incursioni legittime da parte dei giornalisti”..
poi battuta su scioglimento di Casa Pound “allora dovrei chiedere quello del Pd”…
vergognoso#LaRussa #CasaPound #Joly #23luglio pic.twitter.com/y2cgHSS7PZ

— Sirio (@siriomerenda) July 23, 2024

Non è stato l’unico passaggio di La Russa sui giornalisti nel corso della Cerimonia del Ventaglio: il presidente del Senato se l’è presa anche con Paolo Berizzi di Repubblica che, nei giorni scorsi – riferendosi alla partita del cuore politici vs cantanti – aveva detto che «non avrebbe mai giocato a calcio con i fascisti». A questa frase, La Russa ha risposto: «Io non giocherei mai a calcio con Berizzi, e siamo pari».

Il tema che ha tenuto banco, tuttavia, è quello delle parole del presidente del Senato rispetto a un giornalista che, legittimamente, stava svolgendo il suo lavoro e che, per questo motivo, è stato picchiato da alcuni militanti di un’associazione di estrema destra. Il direttore de La Stampa, Andrea Malaguti, ha spiegato per quale motivo le parole di La Russa non possano essere considerate soltanto un “fatto privato”: «La Russa è la seconda carica dello Stato – ha ricordato Malaguti -. Regala la sua solidarietà pelosa al nostro Andrea Joly per le botte ricevute fingendo sdegno, liquida la Stampa col solito sarcasmo da capocomico e aggiunge: “non credo che passasse da lì per caso, trovo che sarebbe stato meglio che avesse dichiarato di essere un giornalista”. Mi sfugge, presidente: per farsi menare di più o di meno? C’erano cento fascisti in mezzo alla strada a mezzanotte che cantavano a squarciagola canzoncine mussoliniane riempiendo l’aria di fumogeni. Cercavano privacy? Al numero due dello Stato non la si fa, lui lo ha capito che Joly voleva fare il furbetto e che i picchiatori di Casa Pound gli hanno dato una memorabile lezione. Che pena. Come avrebbe detto il mio professore di filosofia del liceo: siamo al di sotto del limite morale inferiore».

La questione dell’identificazione dei giornalisti ribalta, da destra, quella della richiesta dell’identificazione delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa. E già questo dovrebbe far riflettere. Il problema è la disinvoltura con cui vengono fatte queste affermazioni, una disinvoltura istituzionale che nasconde – sotto la sua superficie – la necessità di controllare qualsiasi tipo di informazione venga resa pubblica. Se c’è un giornalista, questo lo deve sbandierare ai quattro venti. Dando così l’alert, ai protagonisti della situazione che vuole descrivere, della sua presenza. Funziona così la stampa in democrazia?

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