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Figuraccia di Fitto sul credito di imposta per le aziende che investono a Sud: è molto inferiore al previsto. Lui se la prende con le Entrate

Il credito di imposta per la Zes Unica del Mezzogiorno fa il pieno di domande. Con il risultato che la percentuale del contributo, a fronte delle risorse disponibili, viene drasticamente ridotta. Le imprese insorgono e le opposizioni attaccano il ministro responsabile, Raffaele Fitto, che si difende puntando il dito contro l’Agenzia delle Entrate: “Il provvedimento” firmato il 22 luglio dal direttore dell’Agenzia Ernesto Maria Ruffini “è sbagliato”, accusa, dopo aver inviato una lettera in cui chiede di verificare i dati “affinché l’agevolazione fiscale per le imprese sia in linea con l’ambizione della misura varata dal governo”. Ma la percentuale prevista in quel documento non l’ha inventata Ruffini: è il rapporto tra i soldi a disposizione e i crediti di imposta richiesti. Domani, alla Camera, Fitto terrà un’informativa urgente sulla questione come chiesto dalle opposizioni.

A innescare la polemica è il provvedimento che fissa al 17,66668% la percentuale del credito di imposta effettivamente fruibile dalle imprese interessate dalla nuova misura prevista dal decreto Sud, che sostituisce il precedente bonus Sud nato nel 2016 e prorogato di anno in anno fino al 2023, anno per il quale sono stati stanziati 1,4 miliardi. “Per l’anno 2024 il governo Meloni ha tuttavia deciso di stanziare maggiori risorse, pari a 1,8 miliardi di euro“, ricorda Fitto. La norma prevedeva un’agevolazione fino al 60% – e in alcuni casi particolari del 70% – del costo sostenuto per l’acquisto di beni strumentali destinati a strutture produttive nelle zone della Zes unica del Mezzogiorno, che comprende Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise. Ma il provvedimento “adottato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate senza alcun confronto“, va all’attacco Fitto, fissa la percentuale su un livello “significativamente inferiore” al valore prefigurato dalla norma.

Quella delle Entrate, però, non è una decisione arbitraria, ma un semplice automatismo frutto delle disposizioni previste dal decreto Sud del 2023 e da un decreto ministeriale dello stesso Fitto del 17 maggio 2024, in cui si stabilisce che la percentuale del credito d’imposta “è ottenuta rapportando il limite complessivo di spesa all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti”. Conteggiando sia quelli prenotati, sia quelli già eseguiti. Proprio per questo motivo la norma prevede un monitoraggio fino al 2025 e un eventuale innalzamento della percentuale, utilizzando le risorse prenotate non sfruttate. Intanto, allo stato attuale, visto che “l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti in base alle comunicazioni validamente presentate dal 12 giugno al 12 luglio 2024 è risultato pari a 9,45 miliardi“, a fronte di 1,67 miliardi di “risorse disponibili, che costituiscono il limite di spesa”, il calcolo delle Entrate è presto fatto: 1.670.000.000/9.452.741.120“, si legge nel provvedimento, quindi poco più del 17% dell’importo del credito richiesto.

La matematica, tuttavia, non basta a consolare le imprese, che si troveranno ad incassare somme ben inferiori alle attese. Le risorse stanziate “si confermano del tutto insufficienti”, attacca la Cna. Confapi denuncia la delusione degli imprenditori del Sud che hanno creduto nel progetto: così si “rischia di tagliare le gambe alle imprese che avevano deciso di investire nelle aree della Zes”. Vanno intanto in pressing sul governo le opposizioni. La Zes unica è un fallimento e Fitto “scarica la responsabilità” su Ruffini, dicono i Dem, chiedendo il ritorno alla Zes regionali. Fitto “prende in giro il Sud“, rincara il M5s, ricordando che il precedente credito valeva fino al 45%. “Una sottrazione di risorse che avrà come effetto una drastica contrazione degli investimenti al Sud”, attacca Iv. A rimetterci, evidenzia Azione, “sono le imprese che hanno scelto di investire al Sud”.

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