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Nelle vigne sin da piccolo, Gerbi è consulente nelle cantine locali

Nelle vigne sin da piccolo, Gerbi è consulente nelle cantine locali

foto da Quotidiani locali

Cuceglio. Gianpiero Gerbi, 39 anni, originario di Torino e per lavoro trapiantato in Canavese, è enologo e consulente di una decina di aziende vitivinicole locali, ama il Passito di Caluso e insegna ai vinificatori a fare un buon vino.

Quando è iniziata la passione per il vino e la vocazione per l’enologia?
«Potrei definirmi un figlio d’arte visto che mio padre Vincenzo è professore di enologia all’università di Torino. In realtà la mia passione nasce da molto prima, quando da ragazzo sono cresciuto in mezzo alle vigne dei miei nonni a Cantarana, in provincia di Asti. Conosco bene questo ambiente per cui, alla fine delle superiori, ho scelto la facoltà di Agraria e la laurea in Enologia, in un momento in cui il vino era in grande crescita in Piemonte. Ero attratto soprattutto dall’idea di fare un lavoro che mi permettesse di rimanere a contatto con la natura e non in un ufficio».

Qual è stato il suo percorso?
«Mi sono laureato nel 2010. Ho cominciato a lavorare mentre studiavo e nel 2009 ho avuto la possibilità di fare esperienza con Mario Redoglia, rinomato enologo di Asti, dove ho compreso quale era la professione del consulente enologo e me ne sono appassionato. Dopo la laurea ho sentito l’esigenza di partire dalla base del mondo del vino, dal lavoro della cantina: volevo fare un’esperienza come manovale di vendemmia per conoscere questo mondo dalle basi. Ho trovato impiego nell’azienda vinicola Isola e Olena in Toscana ed è stata un’esperienza molto formativa, dove ho imparato il metodo di lavoro e i processi. È un’azienda vitivinicola importante, con tanti professionisti, e ho potuto vedere l’approccio alla vinificazione e alla vendemmia sotto numerosi punti di vista. Dopo la Toscano sono tornato in Piemonte e ho cominciato a lavorare per Mi Lab, del gruppo Cordero. Qui ho appreso gli aspetti del lavoro, dal laboratorio all’analisi fino alla consulenza. Nel 2011 andavo nelle cantine offrendo servizi e consulenza, anche per la formazione di personale. Fin da quell’anno ho cominciato a collaborare e lavorare per alcune aziende vitivinicole canavesane, come Tenuta Roletto, Cieck, Fontecuore, Giacometto, Ilaria Salvetti, Gnavi, Sant’Ignazio, Le Masche, Rostagno».

In cosa consiste il suo lavoro e quali sono gli aspetti che ama di più della sua professione?
«Il consulente enologo fornisce i mezzi intellettuali e tecnici per la lavorazione del vino, suggerisce all’azienda l’impostazione della vinificazione, la aiuta nelle strategie corrette di vinificazione, sulla base della produzione delle viti, sul prodotto che desidera commercializzare l’azienda. Il nostro lavoro è di consulenza e assistenza, mentre la vinificazione viene fatta dall’enologo interno all’azienda e nel caso delle aziende di piccole dimensioni questo ruolo è rappresentato spesso dal proprietario e produttore stesso. Assistiamo nel corso del tempo le aziende cercando di migliorarne la produzione, la qualità, i processi. Non potrei fare altro lavoro, lo amo moltissimo. L’aspetto che mi piace maggiormente è che tutti i giorni affronto sfide nuove che sembrerebbero in antitesi con un prodotto. È un campo nel quale si lavora da migliaia di anni e questioni come il cambiamento climatico e i mercati impongono nuove sfide e questo è un lavoro che mette costantemente alla prova. Io giro molto per lavoro, mi piace essere sempre in movimento, conosco nuove persone e aziende. Oltre ad accrescere la capacità di lavorare sui vini imparo, quindi, anche a rapportarti con tante persone con cui poi condivido il percorso di crescita dell’azienda. Questo è un altro degli aspetti che secondo me permette di appassionarsi alla mia professione».

L’Erbaluce è un vino sempre più apprezzato: che ne pensa?
«È un vitigno, e così anche il vino, che è cresciuto tantissimo nella qualità, ma anche nella consapevolezza del territorio e delle aziende che lo producono. Le aziende canavesane hanno iniziato a guardare oltre la produzione locale e si affacciano su mercati mondiali. Inoltre, c'è un bel movimento di giovani vignaioli che sta promuovendo il territorio insieme al prodotto. Io, personalmente, tra tutti i vini amo sopratttutto il Passito di Caluso, un vino che richiede una lavorazione di otto o dieci anni, e mi affascina il rapporto tra il produttore e il prodotto, che insieme crescono per dare un risultato eccezionale solo dopo molti anni». —

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