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A sinistra è arrivato il soccorso “lobbista”. Ma sono sempre i soliti amichetti anti-nazionali

Alla sinistra di casa nostra mancavano solo i fantomatici «stakeholders» per completare la squadra dell’amichettismo anti-nazionale. Da ieri, finalmente, possono urlare al cielo: anche i “portatori di interesse” (proprio) – e che portatori – sono stati ammucchiati honoris causa nel campo largo. È questa la vera “novità” dell’annuale Rapporto sull’Italia vergato dall’Unione europea sui 27 […]

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Alla sinistra di casa nostra mancavano solo i fantomatici «stakeholders» per completare la squadra dell’amichettismo anti-nazionale. Da ieri, finalmente, possono urlare al cielo: anche i “portatori di interesse” (proprio) – e che portatori – sono stati ammucchiati honoris causa nel campo largo. È questa la vera “novità” dell’annuale Rapporto sull’Italia vergato dall’Unione europea sui 27 Stati. Un documento in cui la Commissione europea non esprime, come conferma il think tank OpenPolis, «né obblighi né sanzioni nei confronti dei Paesi membri». Non ha alcun valore effettivo: e soprattutto non è un avviso di innesco d’emergenza del famigerato articolo 7, quello che tutela lo Stato di diritto.

Insomma, si tratta di un semplice rapporto, con una lista delle buone intenzioni della Ue concordate con i rispettivi 27 (e trascinate stancamente di anno in anno) a cui si aggiungono una serie di interlocuzioni con associazioni, enti, organizzazioni interpellate su alcuni dossier. E questa, tanto per rendersi conto di cosa stiamo parlando, è la parte più interessante. Ma chi sono? Lo abbiamo già raccontato qui sul Secolo: troviamo, fra gli altri, la Open society di George Soros, l’Associazione nazionale magistrati, quella dei costituzionalisti, Amnesty international e così via. Insomma, fra gli stakeholder selezionati dalla Commissione Ue abbondano, a maggior ragione sui punti più caldi, i nemici giurati del governo Meloni, delle sue riforme e delle sue politiche.

Non a caso da quest’ultimi sono emerse le “perplessità” e gli allarmismi sul fantomatico rischio democratura a proposito di premierato, giustizia nonché, appunto, su stato di diritto e informazione. Coro greco che la Commissione (uscente) ha riportato mentre, da parte sua, ha riconosciuto i passi in avanti dell’esecutivo Meloni «sull’efficacia del sistema giudiziario, sulla lotta alla corruzione e sul rispetto del pluralismo e della libertà dei mezzi d’informazione». Indovinate però che cosa è stato registrato dai media di opposizione? Ovvio: esclusivamente le invettive degli avversari ideologizzati. Tanto è bastato per le redazioni dei giornali del gruppo Gedi, per il Pd e i suoi cespugli per farne una «bocciatura dell’Italia da parte dell’Ue». Nulla di più falso.

Non è certo una novità. Solo qualche ora prima era stata smentita un’altra bufala proveniente sempre dagli stessi lidi: quella dell’Italia “punita” per il no ad Ursula von der Leyen nell’attribuzione delle presidenze di commissione nell’Europarlamento. Ennesima falsità: il computo di presidenze, vicepresidenze e incarichi – frutto dei pesi dei rispettivi partiti e del voto delle coalizioni di centrodestra e centrosinistra che si sono formate – sorride un po’ a tutto l’arco parlamentare italiano. E certifica come la maggioranza Ursula è durata un battito di ciglia.

Ma anche questo al PdR, al Partito democratico delle redazioni, non importa. Lo sport estivo del suo apparato è starnazzare boutade come quella che «l’Italia non conta in Europa». Per il semplice fatto di un governo che ha obbedito al proprio mandato elettorale, esercitandolo – alla luce di questo e non del solito vincolo esterno – in una nuova partita europea appena iniziata. Questo è l’elemento di verità sostanziale. Ma si sa: «Audacter calumniare, semper aliquid haeret». Calunniate, calunniate, qualcosa resterà. E alla sinistra, come passatempo anti-nazionale, è rimasto solo questo.

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