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È il giorno in cui è stato riconosciuto un equo compenso a un editore (Gedi) da parte di una Big Tech (Microsoft)

Il tutto è avvenuto attraverso la mediazione di Agcom che, per la prima volta, ha applicato il suo regolamento (su cui, tuttavia, ci sono ancora dei passaggi non pienamente definiti)

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Due passaggi che gli osservatori dell’editoria italiana hanno definito, in qualche modo, epocali. Per noi che restiamo sempre con i piedi per terra, bisognerà capire se sarà effettivamente così. Per la prima volta, infatti, l’Agcom ha applicato il suo regolamento che prevede che le grandi aziende di Big Tech riconoscano un equo compenso agli editori italiani per l’utilizzo dei loro articoli. La vulgata rispetto a quanto accaduto nei giorni scorsi ci dice che, in questo modo, vince l’attività del giornalista e del professionista dell’informazione che, in questo modo, sarà equamente ricompensato per la diffusione delle informazioni che produce su motori di ricerca e su piattaforme di social networking. L’altro passaggio ritenuto epocale è la definizione di “estratto breve” o, meglio, l’applicazione della definizione già prevista dal regolamento di Agcom a un caso specifico. Stiamo parlando, nel concreto, del riconoscimento che il gruppo GEDI (il gruppo editoriale proprietario di testate come Repubblica e La Stampa, ma non solo) ha ottenuto da Microsoft per l’utilizzo degli articoli delle testate del gruppo sul motore di ricerca Bing.

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Microsoft-Gedi, per la prima volta è stato applicato l’equo compenso per gli editori. La soddisfazione di Agcom

«L’Autorità – spiega Agcom in una nota -, secondo la procedura disciplinata dal Regolamento di cui alla delibera n. 3/23/CONS, ha valutato le proposte economiche formulate dalle parti e ha ritenuto che nessuna di queste fosse conforme ai criteri di cui all’articolo 4 del Regolamento medesimo. Ha, pertanto, determinato l’equo compenso spettante a GEDI secondo quanto previsto dall’articolo 12 del Regolamento. Con questa decisione l’Autorità si è espressa altresì sulla definizione di “estratto molto breve”, interpretando il criterio qualitativo dettato dal legislatore alla luce del mutamento che ha caratterizzato l’offerta e la domanda di informazione nel nuovo contesto sociale». Il passaggio, dunque, è stato il seguente: Gedi ha chiesto a Microsoft un riconoscimento per l’utilizzo dei suoi contenuti sul motore di ricerca Bing. Microsoft non ha ritenuto congrua la richiesta del gruppo Gedi. Dunque Gedi si è rivolta, attraverso l’apposito modulo d’istanza, ad Agcom affinché l’autorità svolgesse il suo ruolo di mediatore, come previsto dal regolamento. La delibera del 24 luglio ha sancito l’intervento di Agcom, con soddisfazione soprattutto da parte del gruppo GEDI (che, non a caso, questa mattina ha dedicato più di un articolo, con tanto di editoriali – tra gli altri – del direttore di Repubblica Molinari, alla vicenda).

In un altro articolo del nostro monografico, specificheremo quali sono stati i criteri che Agcom ha seguito per stabilire l’equo compenso per le testate del gruppo Gedi. Non sono state diffuse le cifre, ma è stato spiegato il meccanismo alla base. Sostanzialmente, Agcom ha calcolato – in maniera piuttosto generale – gli ipotetici ricavi che Microsoft ha ottenuto dalla pubblicazione degli articoli del gruppo Gedi. A questi ricavi, ha sottratto i «ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore». Di fatto, l’editore ha “scontato” la visibilità ottenuta a livello globale dal motore di ricerca Bing e dalla distribuzione che quest’ultimo ha realizzato per i suoi articoli. Partendo da questa base di calcolo, Agcom ha poi applicato una aliquota del 70%, così come previsto dal regolamento.

Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, in un editoriale ha parlato di un passo avanti per i diritti dell’editoria.  Secondo Molinari, si tratta del primo passo verso l’equo compenso che dovranno riconoscere anche grandi colossi delle piattaforme di social networking come Meta o X e annuncia battaglia contro gli over the top che non accetteranno di buon grado le decisioni dell’Agcom (e già adesso, alcuni ricorsi sono arrivati fino alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea). Da registrare anche la posizione della FNSI, che al momento si limita a riportare il comunicato dell’Agcom, ma che si è sempre battuta a favore dell’equo compenso (anche in occasione di sentenze della giustizia amministrativa che hanno supportato il regolamento dell’autorità).

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