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Presenze in aula in Comune a Trieste quasi da en plein, ma le commissioni sono snobbate

TRIESTE. L’ultima volta che una seduta del Consiglio comunale è stata annullata per mancanza del numero legale risale allo scorso gennaio. Il punto all’ordine del giorno era la discussione sul bilancio ma, in assenza di tre consiglieri di centrodestra, l’opposizione ha lasciato l’aula e la seduta è saltata.

Assenteismo a palazzo, tutta colpa delle paghette? In realtà si tratta di un episodio abbastanza isolato in piazza Unità: l’indice di presenza dei 40 consiglieri nelle 15 sedute convocate quest’anno supera infatti il 90%. Ma attenzione a parlare di recordman, perché gli altri organi istituzionali – complice, sostiene più di uno, l’addio ai “gettoni” – restano poco frequentati: a partire dalle Commissioni, dove in media è assente più di un terzo dei consiglieri.

«Il Consiglio comunale è il principale momento della vita politica della città», precisa il presidente dell’aula Francesco di Paola Panteca, e in effetti i dati forniti dalla segreteria testimoniamo – a numeri – un’aula molto partecipata.

Tra i banchi di centrodestra si riportano al massimo tre assenze a testa e metà dei consiglieri quest’anno non ha mancato neanche un appello. Allo stesso modo nel centrosinistra 12 consiglieri su 16 hanno collezionato solo un’assenza o due. Mai più di tre, salvo pochi casi come Stefano Ukmar del Pd («sette assenze come gli anni da cui il tram è fermo», commenta ironicamente il dem).

I dati delle Commissioni restano però meno brillanti: con eccezione della capigruppo (obbligatoria), nessuna seduta riempie due terzi delle sedie. Quanto costano ai cittadini queste assenze? Poco, a dire il vero, ma proprio questo potrebbe spiegare la minor partecipazione negli organi “minori”. Fino a qualche anno fa infatti un consigliere percepiva un “gettone” di circa 104 euro lordi a seduta, commissioni facoltative comprese. In poche parole, più si partecipava, più sostanzioso era il bonifico del Municipio, con picchi fino a 700 mila euro per l’intera aula.

L’indennità di funzione introdotta nel gennaio 2019 fissa invece un tetto massimo di 587 mila euro annui (calcolati sulla media 2015-2017), che si traduce in un compenso di 1.223 euro mensili per ognuno dei 40 consiglieri in carica. A questa “paghetta” vanno decurtate piccole penalità per ogni assenza – tra un decimo e un ventesimo dell’indennità, quindi tra i 60 e i 120 euro – ragion per cui la spesa dell’intero Consiglio è generalmente in calo. Nel 2023 tra assenze e doppia carica di consiglieri (che siedono anche in giunta e dunque percepiscono solo il compenso da assessori) si è speso “solo” 484 mila euro: 100 mila meno del tetto fissato.

Ma il sistema vale solo per le sedute obbligatorie, mentre per le commissioni non obbligatorie non è prevista nessuna indennità, men che meno nessuna penalità in caso di assenza. Il risultato è che la commissione più partecipata (Urbanistica) ha una media di “solo” il 67% di presenze.

Il ritorno dei “gettoni” potrebbero invogliare una maggiore partecipazione? «Mi interessa poco», dice il dem Giovanni Barbo, che la «bussola della politica» la individua semmai nello «spirito di responsabilità». «Chi fa politica non deve farlo per soldi», concorda il forzista Alberto Polacco, che anzi mette priorità sui «risparmi della macchina politica». Ma c’è anche chi ci fa un pensiero. «Gettoni? Perché no», risponde Marcelo Medau di FdI. «Io vado a tutte le commissioni che posso: ma così – precisa – sarebbe più meritocratico»

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