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Autonomia, nervi tesi al governo: botta e risposta tra Tajani e Calderoli

E pensare che erano state sufficienti le parole del governatore azzurro della Calabria Roberto Occhiuto a fare andare i leghisti veneti su tutte le furie. Coerente nel ribadire fin dall’approvazione della legge (ma anche da prima) le sue perplessità sull’Autonomia differenziata, due giorni fa ha chiesto una moratoria «per fermare le intese con le Regioni prima della definizione dei Lep su tutte le materie».

Apriti cielo. I leghisti veneti si sono scatenati, fino ad arrivare al «con noi o contro di noi». Così il capogruppo del partito in Consiglio, Alberto Villanova: «O il presidente Occhiuto è con noi in questa sfida per l’Italia o è insieme al Pd e ai Cinque Stelle, contro di noi. La riforma dell’Autonomia per noi è una linea invalicabile, per la quale siamo pronti a tutto: oggi e domani, contro chiunque e in qualsiasi modo. Scenderemo in campo e poi vedremo chi eventualmente tradirà la parola data e chi invece combatterà, con coraggio e sincerità, al nostro fianco».

E la battaglia c’è stata, nell’arena del Consiglio dei ministri. Toni pacati, ma tanta tensione dietro la facciata, raccontano i presenti alla riunione di ieri. Anche perché gli avvertimenti di Occhiuto, nel frattempo, avevano assunto un peso del tutto diverso, fatti propri dal coordinatore nazionale Antonio Tajani, che, prima della riunione con gli altri ministri, ha ribadito le parole da sempre indigeste al presidente Zaia: «Comprendo le preoccupazioni di alcune Regioni del Sud, per questo vigileremo affinché la legge sull’Autonomia venga applicata correttamente. Dobbiamo verificare che ogni singolo passo sia condotto tenendo conto delle esigenze di tutte le Regioni». Parole a cui hanno fatto seguito i fatti: la richiesta al ministro Calderoli, in trincea sul federalismo, di tutta la documentazione utile a “vigilare”.

Ma i controlli potrebbero essere più invadenti del previsto, considerando un ulteriore appunto fatto dal vicepremier di Forza Italia: «In materia di commercio estero, c’è una competenza unitaria nazionale: non si può pensare che le Regioni sostituiscano lo Stato. Serve una politica nazionale, l’export costituisce il 40% del Pil».

Eppure proprio il commercio con l’estero è una delle materie “non Lep”, che quindi il Veneto potrebbe potenzialmente chiedere subito. A proposito, notizia di ieri è l’inserimento della Liguria nel drappello di Regioni che si sono fatte avanti per chiedere l’avvio delle trattative. Dopo quelle di Veneto, Lombardia e Piemonte, è arrivata pure la lettera firmata da Alessandro Piana, presidente ad interim della Liguria, al posto di Giovanni Toti, da tre mesi agli arresti domiciliari e che ieri si è dimesso da governatore.

Intanto, il Veneto rimane in attesa di una risposta da parte del Ministero delle Regioni e delle Autonomie, per avviare le trattative. E proprio durante il Consiglio dei ministri di ieri è stata la stessa premier Meloni a chiedere chiarimenti sui tempi delle procedure di negoziato, ma di questo si riparlerà nel corso della riunione del 7 agosto.

Quanto a Calderoli, il ministro ha cercato di rassicurare i governatori del Sud, a proposito dei termini entro i quali dovranno essere fissati i Livelli minimi delle prestazioni: «Per la determinazione dei Lep si procederà con i vari passaggi dell'iter procedurale di attuazione disciplinato dalla legge».

Parole sufficienti a eliminare timori e perplessità? No, stando alle 30 mila firme – «gratuite e certificate» come ha detto il segretario di +Europa, Riccardo Magi – già registrate online, a sostegno del referendum contro la riforma. Ne servono 500 mila e la raccolta delle sottoscrizioni è iniziata anche in Veneto. «Perché – le parole della segretaria dem Elly Schlein – questa è una legge che spacca in due il Paese e fa male anche al Nord».

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