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L’Inno alla montagna del Pelmo d’Oro: «Terra complessa ma per noi è vita»

L’Inno alla montagna del Pelmo d’Oro:


«Terra complessa ma per noi è vita»

Le autorità ricordano la necessità di fare fronte comune contro lo spopolamento. I quattro premiati: «Le terre alte vanno  comprese e rispettate»

Gli alpinisti come tanti Cristoforo Colombo, che «immaginano rotte là dove gli altri vedono solo l’ignoto, che sanno costruire vie di scalata dove gli altri vedono roccia. È partito da lontano Roberto Padrin, presidente della Provincia, nel suo indirizzo di saluto ad un’affollata Sala degli Elefanti della Birreria Pedavena, piena di uomini e di donne di montagna venuti ad applaudire i vincitori del Pelmo d’oro. È partito addirittura dalle tre caravelle e dall’uomo che per primo gridò “terra” quando gli altri marinai chiedevano a Colombo di tornare indietro e di non sfidare l’ignoto. «Oggi in quell’uomo riconosco gli abitanti della montagna, che vedono terra tutti i giorni, una terra verticale che non fa sconti, che richiede sforzi e sacrifici». Ma nello stesso tempo una montagna che deve diventare punto di riferimento. «Occorre metterla al centro dell’attenzione, lontana da logiche di pianura e di città: un esempio da seguire e questo grazie ai suoi abitanti».

La montagna

Temi ricorrenti, questi, negli interventi di saluto. Il sindaco di Pedavena Nicola Castellaz si è posto una domanda: «Siamo in una provincia montana sempre più fragile dove i temi dello spopolamento, delle criticità geomorfologiche e delle difficoltà a garantire servizi essenziali per tutti, sono solo alcuni dei problemi che viviamo ogni giorno. Le risposte non sono facili, occorre percorrere un sentiero comune. Lo stiamo facendo?».

Castellaz ha ricevuto il passaggio di consegne da Moreno De Val, sindaco di San Tomaso Agordino, dove la consegna del Pelmo d’oro si è tenuta l’anno scorso. De Val ha raccontato un divertente aneddoto del suo paese, consegnando al sindaco di Pedavena un pezzo di roccia dolomitica e la mazza che serviva per lavorarla. «Le nostre genti andavano a vendere le mazze in Val Badia e dicevano ai badioti: mettetele di notte sul poggiolo che si restringono e durano di più. Poi andavano di notte a portarle via e le vendevano da un’altra parte. Nel nostro paese c’era un detto: San Tomaso paura nia finchè dura la Val Badia».

I premiati

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Ma i protagonisti della lunga cerimonia sono stati i premiati. A cominciare da Alessandro Rudatis, Pelmo d’oro all’alpinismo in attività, che in perfetta linea con il suo carattere, ha detto pochissime parole: «Arrampicare è qualcosa che mi piace» e «Non avrei mai pensato di vincere questo premio». In un mondo di persone a cui piace apparire, lui va in una direzione opposta e va bene così.

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Più loquace Diego Dalla Rosa, premio alla carriera alpinistica: «Ho scalato montagne in tutto il mondo ma la conclusione a cui sono giunto è che le più belle sono quelle che vedo da casa mia ogni mattina, il Tomatico, le Vette Feltrine, il Campon d’Avena: una visione mi dà quello che mi serve per stare bene tutto il giorno». Tanti ricordi nella sua lunga carriera: «Quello che ricordo più volentieri è il rapporto che ho avuto con le persone, giornate di amicizia e di festa, con una chiusura a birre».

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Don Sergio Sacco Sonador, premio Pelmo d’oro alla cultura alpina, ha parlato dell’infanzia, quando aveva 6-7 anni e con il fratello più piccolo andava in montagna «che per noi era fonte di gioia. I miei genitori non avevamo paura di mandarci a fare commissioni nelle malghe, andavi e tornavi senza pericoli: la montagna per me è sempre stata la vita. È una realtà complessa che a volte ci fa soffrire e a volte ci fa pensare, va compresa e rispettata».

Dedicato a…

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Una dedica speciale l’ha fatta lo scrittore Matteo Righetto che divide la sua vita tra Padova dove insegna e Colle Santa Lucia dove ha scelto di vivere, e che ieri ha ricevuto il premio speciale Dolomiti Unesco: «Alle donne e agli uomini del soccorso alpino, i nostri angeli custodi, nei settant’anni dalla nascita del Cnsas». Tra alpinismo e letteratura ci sono molte affinità, ha aggiunto: «Bisogna preparare il terreno, conoscerlo e sondarlo», invitando a non sottovalutare il valore fondamentale della cultura.

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Pieranna Casanova e Lisa Vittozzi sono le due donne premiate ieri, la prima con il premio in memoria di Giuliano De Marchi per il lavoro di recupero dell’abitato di Gena Alta e per la promozione della valle del Mis, e la campionessa di biathlon con il premio speciale della Provincia per le sue grandi vittorie. Pieranna ha dedicato il premio alle donne e agli uomini che hanno vissuto a Gena Alta e in valle del Mis, attraverso fatiche ma anche orrori, come la strage nazifascista in cui vennero uccisi in cinque, compreso suo nonno. Non credeva di meritare un premio per quello che fa a Gena e quando Padrin l’ha chiamata per dirglielo pensava fosse lo scherzo di un amico bravo a imitare la voce del presidente della Provincia.

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Simpatico il siparietto con Lisa Vittozzi che ha scherzato sul suo essere bellunese o friulana, tagliando corto: «Sono nata a Pieve di Cadore». C’è un successo preferito nella sua carriera? «Non c’è una vittoria che preferisco ad altre, sono molto orgogliosa di tutto il cammino che ho fatto, ho lavorato tanto con me stessa e sono tenace come tutti i montanari». —

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