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Padova, dal primo settembre addio a sette istituti comprensivi

La regola è chiara e scatterà inevitabilmente con la prima campanella a settembre: gli istituti comprensivi con meno di 900 studenti devono essere accorpati ad altri complessi. In questo modo si risparmia su dirigenti e personale amministrativo perché vengono condivisi. La riorganizzazione è voluta dal ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara e coinvolge circa 700 scuole in tutta Italia, 32 in Veneto (solo quest’anno) e 42 entro il 2027.

Nel Padovano perderanno la dirigenza 6 scuole, di cui due, il IV e il XII Istituto comprensivo, sono in città. Dunque da settembre il IV Istituto comprensivo sarà accorpato al III e al V: le due scuole elementari – la Rosmini e la Salvo D’Acquisto – dell’ormai ex IV Ic saranno inglobate nel III Ic, la scuola media Zanella e la materna di via Bach confluiranno nel V Ic. Mentre il XII Ic scomparirà e verrà inserito quasi interamente nel IX Ic, con le scuole elementari Don Bosco, Maria della Vittoria e la media Ruzzante.

Infine la primaria Prati andrà con il XIII Ic e la scuola dell’infanzia Collodi sarà inserita nell’XI Ic. In provincia l’Ic S. Orsato di Casalserugo si unirà all’Ic di Legnaro; il Perlasca di Maserà all’Ic di Bovolenta; l’Ic di Tombolo a quello di Galliera Veneta; l’Ic di Villafranca Padovana all’Ic Limena e Vigonza all’Ic Don Milani. La ragione è sempre la stessa: risparmiare.

Le critiche dei sindacati

«Questa razionalizzazione è dettata da motivi economici: lo Stato risparmia un dirigente e un direttore dei servizi per ogni istituto eliminato – commenta Antonio Giacobbi, ex sindacalista della Cgil, oggi presidente dell’Associazione professionale “Fare Sapere Padova” e coordinatore del Forum veneto delle associazioni professionali – Se ci sono gli alunni le scuole restano, ma vengono accorpati i responsabili scolastici e i servizi amministrativi. Per chi, come me, continua a pensare che il lavoro del dirigente scolastico debba essere quello del leader educativo per l’apprendimento e, come diceva il mio maestro Giancarlo Cerini, “costruttore di comunità”, questo cambiamento, che aggiunge responsabilità e crea istituti enormi con tante sedi, tanti insegnanti e tanti ragazzi, va nella direzione opposta.

«I dirigenti rischiano di essere sempre più manager, occupati a gestire e amministrare, travolti da norme, pratiche, circolari, procedure – prosegue – Avremo a che fare con scuole di 1.500 ragazzi, dimensioni enormi e sono preoccupato che situazioni come la sicurezza, il bullismo, l’affettività, saranno dimenticate. Bisognerebbe capire che la scuola ha bisogno di più figure in testa all’organizzazione, non meno».

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Insomma il rischio è che si creino scuole monstre, per complessità e per difficoltà logistiche: «È noto che ci sono scuole che hanno numeri bassi di iscritti – aggiunge Fabio Businari, referente di Cisl scuola – ma questo risparmio su dirigenti e personale amministrativo non semplifica le cose, al contrario rischia di creare scuole enormi, con esigenze molto diverse e un’unica persona al comando e, dal punto di vista logistico, riversando i problemi sulle famiglie. Basti pensare che alcuni istituti sono situati su più comuni e dunque le famiglie dovranno fare i conti con servizi diversi, ad esempio il trasporto pubblico, articolati su un territorio troppo vasto. Gli stessi sindaci sono perplessi».

Dirigenti mancanti

C’è poi il problema dei trasferimenti: «In Provincia mancano una trentina di dirigenti e il 40% del personale amministrativo – attacca Businari – È difficile lavorare con poco personale e tante responsabilità. in continuo aumento se pesiamo ai bandi europei, al Pnrr, alle progettualità; e con il pericolo che questi leader, già sovraccaricati di incombenze, finiscano per dover far fronte anche a reggenze di altri istituti perché i colleghi, dopo uno, magari due anni, chiedono il trasferimento».

Il dirigente senza esperienza

E poi c’è un’altra critica, sul curriculum degli stessi responsabili scolastici, che arriva dall’assessora alle politiche scolastiche del Comune di Padova Cristina Piva: «Che i dirigenti siano ormai dei burocrati è cosa risaputa, ma quello che mi preoccupa di più è che oggi non devono avere, a differenza dell’ex direttore didattico del passato, competenze pedagogiche ed esperienza didattica – spiega l’amministratrice – Infatti può essere dirigente anche un ingegnere, un economista e perfino un militare. Di didattica non sanno niente e il risultato è ancora più fatica per gli insegnanti e i coordinatori. Non fa bene alla scuola avere al comando persone che non sanno nulla proprio di scuola. Sarebbe molto più utile, allora, avere due figure di riferimento: il dirigente, che può avere tutte le competenze gestionali del caso, e un direttore didattico».

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