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Maltrattamenti in casa di riposo, analizzati in aula i filmati degli interni: i modi erano cordiali, sei operatori assolti

AIELLO DEL FRIULI. A fronte di una gestione complessivamente adeguata e di modi per lo più cordiali ed educati verso gli ospiti della casa di riposo, qualche dipendente de “Le Meridiane” di Aiello, struttura del gruppo “Sereni Orizzonti”, talvolta cedeva a espressioni indiscutibilmente volgari e irrispettose. Ma da qui a parlare di «clima di mortificazione e terrore» ne passa. Anche perché, se questo avveniva, era indice di una diffusa insofferenza tanto alla particolare reattività degli anziani più difficili, quanto alla scarsità di mezzi a disposizione del personale.

Ecco perché l’accusa di maltrattamenti sostenuta dalla Procura di Udine nei confronti di sei delle sette persone finite sotto inchiesta due anni fa, quando i carabinieri del Nas filmarono e intercettarono per 45 giorni alcuni dei locali della struttura, è stata liquidata come insussistente dal gup del tribunale di Udine, Roberta Paviotti, all’esito tanto del processo con rito abbreviato che gli operatori socio sanitari Stefano Mudadu, 44 anni, di Turriaco, Daniela Fogar, 58, di Campolongo-Tapogliano, Ciro Giarritiello, 24, di Bagnaria Arsa, Giuseppe Ballistreri, 38, di Aiello del Friuli, e l’infermiere Maurizio Scarel, 66, di Romans d’Isonzo, avevano chiesto, quanto dell’udienza preliminare affrontata dall’oss Angelo Artuso, 41 anni, di Gorizia.

Diverso l’epilogo per la sola Gabriella Pellegrini, operatrice socio sanitaria 63enne di Gradisca d’Isonzo, l’unica a intraprendere la strada del patteggiamento (pena definita in 1 anno e 6 mesi, con sospensione condizionale subordinata al completamento del percorso di recupero avviato) e a confermarsi «costantemente volgare e aggressiva» nei confronti di alcuni ospiti.

Uguale per tutti, invece, il principio della vicenda giudiziaria, culminata nell’estate del 2022 nella notifica di sette misure cautelari (quattro arresti domiciliari e tre divieti di avvicinamento, oltre al divieto di esercitare la professione), revocate un mese dopo dal Riesame, a eccezione di quelle interdittive, e seguita a stretto giro di posta dal loro licenziamento (tutti tranne uno). Né l’impianto accusatorio ha mostrato segni di cedimento in sede di discussione: nel tirare le fila dell’inchiesta, il pm Elena Torresin aveva chiesto la condanna per tutti, con pene variabili tra 5 anni e 4 mesi e 2 anni e 2 mesi di reclusione, e il rinvio a giudizio del sesto imputato.

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Eppure, è stata proprio la visione in aula dei filmati a offrire al giudice la chiave di volta del procedimento. E a convincerlo così dell’insussistenza del reato ipotizzato anche in punto di diritto, non potendosi ravvisare né la reiterazione di atti di vessazione suscettibili di cagionare agli anziani sofferenze e umiliazioni e, da qui, uno stato di disagio costante, nè la coscienza e la volontà degli imputati di rendere penoso il vivere delle vittime. Proprio come sosteneva il collegio difensivo, formato dagli avvocati Paola Diana, Maria Roberta Simonetti, Giorgio De Colle, Paolo Palermo e Francesco De Carlo.

Detto che gli ospiti «erano tutti poco o per nulla autonomi, spesso molto poco collaborativi, se non reattivi», premette il gup, «nei capi d’imputazione si evidenziano alcune condotte per come riportate nelle annotazioni della polizia giudiziaria nelle quali – osserva – non viene correttamente descritto e riferito il contesto».

E cioè, per esempio, il fatto che gli operatori cantano, gli ospiti ridono e spesso rispondono più a tono. La lente adoperata dagli inquirenti, insomma, è «evidentemente negativa». Perché se è vero che gli ex dipendenti «si prendevano molte libertà», specie nel linguaggio, questo derivava dalla «confidenza dovuta dalla costante frequentazione con gli ospiti e del fatto che si occupavano delle loro funzioni più intime». Tra le righe, anche una tutt’altro che velata stoccata ai vertici della casa di riposo.

«Poiché non si ravvisa alcun intento aggressivo, ma solo scarsa professionalità nei metodi e scarsità di registri comunicativi degli operatori – così il gup –, vien da pensare che la struttura, che non è stata minimamente toccata dalle indagini, avrebbe dovuto attivarsi per reperire personale più adeguato o per formare quello esistente a gestire gli ospiti più complicati o aumentare il personale per meglio dividere i compiti».

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