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In Serbia proteste degli ambientalisti contro il piano per estrarre il litio

BELGRADO Loznica, Grocka, Preljina, Negotin. E poi ancora Kraljevo, Sabac, Arandjelovac, Ljig. E poi oggi Novi Sad, Pancevo e nei prossimi giorni Bor, Smederevo, Sremska Mitrovica, Kragujevac. Infine la capitale Belgrado, il 10 agosto. Ma l’elenco non può per forza essere esaustivo, perché lunghissimo, senza fine.

È quello dei paesi, delle cittadine e delle città maggiori che si stanno letteralmente sollevando, in Serbia, contro la possibile estrazione del litio, uno scenario che sembrava essere stato archiviato due anni fa, dopo massicce proteste di migliaia e migliaia di cittadini, preoccupati per il potenziale impatto ambientale di una miniera di “oro bianco” nel proprio cortile.

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Ma i tempi cambiano e gli “indignados” serbi, un numero crescente che allarma le autorità al potere, sono ancora una volta sul piede di guerra, pronti a combattere nelle strade e nelle piazze. «Le autorità lavorano per il proprio interesse», colossi stranieri «stanno occupando i nostri fiumi e le nostre foreste», alcuni degli slogan urlati dai manifestanti nei giorni scorsi.

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Quello più sentito è però «Rio Tinto, via», un chiaro riferimento al colosso minerario anglo-australiano, anima del cosiddetto “Progetto Jadar”, una mega-miniera da realizzare nell’area di Loznica, preziosa dal punto di vista naturale e agricolo, dove significativi depositi di litio furono scoperti già nel 2004.

Ora tutto indica che, quasi due decenni dopo, si stia accelerando per la concretizzazione del controverso progetto, che dovrebbe valere almeno 2,4 miliardi di euro e che potrebbe soddisfare buona parte del fabbisogno di litio in Europa. Secondo Rio Tinto, ogni anno dalla Serbia potrebbe essere estratte circa 60 mila tonnellate di litio, sufficienti per alimentare oltre 1 1 milioni di veicoli elettrici. “Jadar” era stato stoppato nel 2022 dopo la grande rivolta registrata nel Paese, con strade e autostrade bloccate, ma nell’ultimo periodo tanti segnali confermano che la ripartenza è imminente.

Ad aprire le danze, già a giugno, le mani tese verso Rio Tinto dai massimi leader politici serbi, a partire dal presidente Vučić fino al premier Vučević e alla presidente del Parlamento, Ana Brnabic. Ma luglio è stato il mese cruciale. Prima, una decisione a sorpresa della Corte costituzionale di Belgrado, che ha annullato la cancellazione dei permessi già rilasciati a Rio Tinto, di fatto spianando la strada alla ripartenza del progetto. Poi, il 19, la svolta più significativa: la firma a Belgrado di un memorandum strategico tra Ue e Serbia sulle «materie prime sostenibili», leggi litio, che di fatto mira a consentire all’Europa «forniture sicure e costanti» per sostenere l’industria “verde”, in testa quella delle auto elettriche.

Ad assistere alla firma, Olaf Scholz, cancelliere di quella Germania che ha fame di oro bianco per la sua industria, principalmente quella automobilistica. «Noi abbiamo bisogno del litio, un componente estremamente importante, tanto quanto finora lo è stato il petrolio e la Serbia ha un ruolo importante in tutto questo», ha ammesso Scholz.

Ma in quella Serbia chiave per l’economia “green” in molti la pensano in maniera opposta. «Appello a tutti i serbi a scendere in piazza, a prescindere da idee politiche e ideologie», la chiamata a raccolta dell’organizzazione Eko Straza per la grande manifestazione di Belgrado del 10 agosto. «Non ci sarà alcuna miniera», lo slogan della protesta. «Non si scaverà» in Serbia, il messaggio anche di “Ne damo Jadar”, un’altra associazione da anni in prima fila contro Rio Tinto.

E anche le opposizioni cominciano a mobilitarsi. «Il governo dice grazie a Dio per averci dato il litio, ma potremmo guadagnare molto di più coltivando la terra», ha sostenuto il leader del Narodni Pokret, Miroslav Aleksic. Ma chi governa oggi a Belgrado difficilmente farà marcia indietro. Anzi, potrebbe rispondere con la stessa moneta. Vučić stesso starebbe infatti organizzando una contro-protesta a favore dell’estrazione del litio proprio nell’area di Loznica, il 3 agosto

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