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Famiglie in crisi, anche una cena al fast food diventa “lusso”. E le grandi catene fanno retromarcia sui rincari

Famiglie in crisi, anche una cena al fast food diventa “lusso”. E le grandi catene fanno retromarcia sui rincari

Per la prima volta in quattro anni i ricavi trimestrali di McDonald’s hanno registrato una flessione (- 1%). Le vendite sono scese sia negli Stati Uniti, sia nel resto del mondo, Cina inclusa. La concorrente Wendy ha rivisto al ribasso le stime sui ricavi di quest’anno. Si tratta di dati che vanno un poco oltre […]

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Per la prima volta in quattro anni i ricavi trimestrali di McDonald’s hanno registrato una flessione (- 1%). Le vendite sono scese sia negli Stati Uniti, sia nel resto del mondo, Cina inclusa. La concorrente Wendy ha rivisto al ribasso le stime sui ricavi di quest’anno. Si tratta di dati che vanno un poco oltre la loro dimensione prettamente economico – finanziaria. Le grandi catene di fast food attraversano una fase di sofferenza. Da inizio anno il titolo McDonald’s ha perso il 9%, come il concorrente Burger King (Restaurant Brands International) e poco di meno di Wendy – 12%, le azioni di Starbucks sono scese del 16%. Gli avventori dei punti vendita diminuiscono, soprattutto quelli che appartengono alle fasce di reddito più basse.

Sui risultati di McDonald’s ha inciso in una qualche misura anche il boicottaggio legato alla guerra a Gaza, dopo che il gruppo americano è stato accusato per le sue iniziative a favore dell’esercito israeliano. Tuttavia, come si diceva, la crisi trascende singoli fattori ed ha una natura maggiormente strutturale. Dopo una fase caratterizzata da rincari piuttosto significativi apportati ai menu, i consumatori hanno iniziato a disertare i punti vendita. Alle prese con un carovita che sale prima e di più degli stipendi, sono stati costretti a rivedere le loro spese. E nell’operazione di austerity familiare sono stati tagliati anche i pasti nei fast food. Di solito le catene di fast food reggono meglio alle fasi di crisi o di stagnazione.

Il fatto che siano a loro volta in sofferenza può significare due cose che, peraltro, non si escludono a vicenda. O che i rincari sono stati davvero eccessivi per le possibilità della clientela di riferimento, oppure che le famiglie siano alle prese con difficoltà che vanno un po’ oltre quanto descritto dai dati prettamente economici.

Stando ai risultati di un sondaggio condotto da Lendingtree, il 62% degli americani ha ridotto la sua frequentazione dei fast food, ben il 78% li considera ormai un lusso. Si mangia di più a casa, il che è probabilmente una notizia ottima per la salute degli interpellati, ma pessima per i ristoratori. Si cerca di correre ai ripari. Come? Tornando a proporre menu a basso prezzo. Mc Donald’s ha (ri)lanciato negli Stati Uniti pasti da 5 dollari. In Francia, uno dei paesi in cui la disaffezione dei clienti è più forte, propone “happy meal” a 4 euro.

I primi riscontri sembrano indicare che l’offerta stia attirando clienti ma queste genere di offerte sono un’arma a doppio taglio, spiegano gli analisti. Funzionano se sono un modo per invogliare i clienti a “entrare” nel punto vendita per poi comprare anche qualcosa in più, rischiano di erodere i profitti se si protraggono troppo a lungo e non generano un incremento degli importi medi degli scontrini. “È iniziata una guerra per conquistare i clienti delle fasce di reddito più basse”, ha detto un’analista di mercato a Cnbc.

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