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Ivrea, entusiasmo per l’oro di De Gennaro

Ivrea

Le braccia aperte di fronte al pubblico che applaude, lo sguardo incredulo e le lacrime trattenute a stento: è l’immagine di Giovanni De Gennaro, ieri pomeriggio, pochi istanti dopo aver avuto la certezza della medaglia d’oro olimpica nel K1. Il successo più prestigioso di questo canoista 31enne, del gruppo sportivo Carabinieri, numero due del ranking mondiale e campione europeo in carica. Ieri non ha brillato in semifinale, qualificandosi con l’ottavo tempo. Ma nella prova decisiva non ha sbagliato nulla: una discesa veloce e senza penalità, che ha subito fatto pensare al podio anche se dopo la sua prova dovevano ancora scendere in acqua i sette migliori qualificati.

Uno dopo l’altro, però, gli avversari hanno commesso errori o fatto segnare tempi non stratosferici e quando il francese Titouan Castryck (terzultimo a scendere) ha fissato il cronometro 22 centesimi oltre il tempo di De Gennaro, il podio è diventato realtà. In apnea sulla hot seat (la sedia sulla quale attende il capoclassifica) Giovanni ha seguito le prove di Noah Hegge e di Joseph Clarke: nessuno dei due è riuscito a fare meglio di lui e la gioia dell’atleta azzurro ha potuto esplodere.

La medaglia d’oro di De Gennaro ha scatenato entusiasmo a Ivrea. «Un’emozione incredibile – commenta Giuseppe D’Angelo, ex olimpionico di canoa e membro del direttivo dell’Ivrea canoa club – conosciamo tutti molto bene Giovanni che prima ancora di essere un atleta straordinario è una bellissima persona. Ha abitato diversi anni in città e sulle acque della Dora ha compiuto la sua maturazione tecnica. Al suo esordio olimpico, a Rio De Janeiro era allenato da mio fratello Roberto ed è proprio lì in Brasile che è iniziato il cammino olimpico coronato ieri con la vittoria». A Rio si piazzò settimo, mentre a Tokyo, tre anni fa, fallì l’accesso alla finale. «Anche se in questi giorni non è mai brillato nelle qualifiche e in semifinale, noi eravamo certi che fosse da podio – analizza D’Angelo -. Credo che abbia sempre fatto il minimo indispensabile per passare i turni senza dimostrare il suo vero valore, quello sfoderato in finale. Scendere presto e fare un ottimo tempo è stato determinante, perché ha messo pressione agli avversari. Lui ha disputato una manche perfetta e per batterlo chiunque avrebbe dovuto andare oltre la perfezione. Impresa che nessuno è riuscito a compiere».

Niente da fare, invece, in semifinale per Marta Bertoncelli nel C1: l’atleta azzurra, che aveva superato le qualificazioni con il 18° e ultimo tempo utile, è partita per prima nella semifinale e ha subito visto infrangersi le speranze di qualificarsi per la finale. Saltando porta 10, dopo aver toccato la 5 e la 8 ha accumulato 54 secondi di penalità che l’hanno relegata in ultima posizione. Per la cronaca, la finale è stata vinta dall’Australiana Jessica Fox, che ha bissato la medaglia d’oro conquistata domenica nel K1, gara in cui l’italiana Stefanie Horn si era piazzata quinta.

Da domani, sabato 3, si torna in acqua per lo spettacolare kayak cross, la disciplina, estrema e spettacolare, che debutta quest’anno nelle prove a cinque cerchi. Saranno in gara tre degli atleti azzurri protagonisti finora nelle gare dio canoa “classica”: Stefanie Horn, Giovanni De Gennaro e Marta Bertoncelli.

Il programma prevede domani, sabato 2, alle 16.40 le qualificazioni maschili (alle 18.45 la manche di ripescaggio), domenica alle 15.30 le batterie di qualificazione al tabellone finale e lunedì in rapida sequenza, quarti di finale (15.52), semifinali (16.28) e finale (16.48). In parallelo si svolgeranno le prove femminili: domani qualificazioni e ripescaggi (rispettivamente alle 15.30 e alle 18.05), domenica le batterie (16.45) e lunedì l’atto finale con quarti di finale (15.30), semifinali (16.15) e finale (16.43). Per quanto il cross sia imprevedibile e impronosticabile, le maggiori speranze di medaglia sono riposte nella pagaia di Stefanie Horn, che in questa specialità lo corso anno si è imposta in una prova di Coppa del Mondo: «Fino a due anni fa avevo paura della rampa e di farmi male – ha affermato di recente -. Il bello dell’estremo è l’imprevedibilità e la necessità di sapersi adattare. Non puoi pianificare tutto nei dettagli, devi essere flessibile e saperti adattare».

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