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Nel romanzo di Roberto Weber una metafora del Novecento

Una storia di famiglia che non ha bisogno di un feedback ma di un testimone per i brandelli di memoria che le sopravvivono.

La storia della famiglia Weber-Kosovel diventa metafora del Novecento nella complessità di una città di confine con il romanzo di Roberto Weber L’uomo che parlava alle statue Bottega Errante Edizioni che sarà presentato domani, sabato, alle 9.30 ai Giardini del Torso, appuntamento di chiusura della rassegna Connessioni.

Nessuno sa riempire le piazze come i triestini, pronti alle grandi torsioni della storia. Triestini, popolo nuovo, che meglio di altri sa metabolizzare le diverse portate che la grande storia apparecchia.

Piazza Unità, già piazza Grande, vasto affaccio verso lontani orizzonti, è il teatro che accoglie la salma dell’arciduca Francesco Ferdinando ucciso a Sarajevo, miccia della Grande guerra.

Dal balcone della facciata eclettica del municipio Mussolini nel 1938 annuncia le leggi razziali e nel suo vasto abbraccio, nel 1954, Trieste ridiventa italiana. Luogo di incroci di cataclismi alla presenza di folle.

Una storia di famiglia spezzata, come la città, che nella statua di Nazario Sauro trova la sintesi di vicende spurie che forse, possono finire con una cesura tra generazioni, o forse no, visti gli eventi in corso.

Una fotografia degli anni ’70 fa scaturire un prurito esistenziale per ricostruire le vicende di padri, fratelli, comunità etniche e religiose, politiche e culturali. Il cuore della narrazione è dal 1943 Villa Irma, dove la storia entra nel salotto, attraversa i piani, cambia le sorti, salva le vite. Una casa che è mondo a sé, protetto da un cancello e circondato da un grande giardino nel quale ogni avventura è possibile. Il doppio e il multiplo sono costanti del racconto, leggerezza mediterranea e geometrie asburgiche, poesie, lingue e religioni diverse, edera e fiamma, risorgimento e fascismo.

La scrittura di Weber, uno dei sondaggisti più autorevoli in Italia, fondatore di Swg, è rigorosa, capitoli brevi, ritmo serrato dei periodi nei quali trovano spazio citazioni, divagazioni pertinenti da uomo colto e estratti di cronaca del secolo breve tratti dalle pagine de Il Piccolo, testata che ospita i suoi editoriali.

Una storia densa di storia e dipanata nella coscienza che la memoria condivisa non esiste. Pagine in cui regna il gusto per la vita che contraddistingue i triestini e il senso del tempo; un semplice infinito presente che prende il sapore di futuro.

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