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Per fare pace con la storia, raccontare i fatti: aiuterebbe pure certi antifascisti su Marte

Abbiamo scritto che è ora di raccontare, in modo fattuale, cosa successe verso il 1860. E se ci pigliassimo gusto, e raccontassimo anche altri fatti, per esempio quelli tra il 1914 e il 1945? Vedo, nel 2024, in tv una tizia intellettuale, la quale dichiara, con faccia scandalizzata e turbata, di aver scoperto che il nonno fu podestà del suo paese. E siccome scommetto una cena che i più lo ignorano, vi spiego che il governo fascista abolì i sindaci, tra il 1926 e il ’43, e li sostituì, appunto, con i podestà nominati dai prefetti.

Non è di questo che vi voglio parlare, ma dell’evidenza che i Comuni italiani erano, come oggi, circa 8400; e siccome i podestà venivano sostituiti dopo quattro, cinque anni, ogni Comune ebbe, grosso modo, cinque podestà; il che, moltiplicato per 8400, fa circa 40mila podestà; e se essi erano, come prassi e regola imponeva, coniugati con prole, e questa prole a sua volta ha figliato, ci sono in Italia molte, moltissime decine di migliaia di nipoti e pronipoti di podestà. A questo punto aggiungo combattenti, squadristi, marciatori, segretari del fascio, federali, militi, bonificatori, e tantissimi altri inseriti nelle innumerevoli organizzazioni maschili e femminili, di adulti o ragazzi o bimbi, del periodo in parola.

E la dotta cade dal pero con la scoperta del podestà suo nonno? Ovvio, banale, che mica tutti erano dei fascistoni; e tanti erano solo governativi, come erano stati, prima del 1860, i loro avi con Borbone e Papi e Savoia e Asburgo, eccetera; e molti ex podestà restarono governativi anche dopo il 1943, qualcuno negando il passato, qualcun altro affermandolo senza esitazioni, qualcun altro esaltandolo anche esageratamente; e non pochi aderendo a qualche organizzazione regolarmente rappresentata in parlamento; e che aveva sedi nelle piazze principali delle città, mica nelle forre dei boschi. Eccetera. E che, prima di una misteriosa scomparsa, arrivò a 5.500.000 voti conseguiti nelle urne. Mentre venivano pubblicati a valanghe libri apologetici più o meno seri; e testi storiografici serissimi.

Mi fermo qui, per affermare che sarebbe ora di raccontare quegli eventi semplicemente come andarono. Dite voi, ma ci fu questo e quello… Beh, trovatemi un solo accadimento dell’umana storia senza quello e questo; se, per esempio, il fior fiore della letteratura latina è morto ammazzato: ma sì, quelli delle versioncine in classe, quali Cesare e Cicerone; ed erano stati sì profumati fiori di cultura, e senza di loro non avremmo il latino classico eccetera, ma non certo gigli di campo furono, quanto a bontà d’animo; e ancora meno lo erano i loro assassini, a loro volta morti sconfitti e suicidi. E non parliamo di rissanti d’osteria, ma di senatori romani di nobilissima schiatta… e, nel caso di Bruto figlio suo, anche sospetta genealogia! E il fatto che siano successe cose poco belle non ha mai impedito a nessuno di raccontare la storia di Giulio Cesare e di infiniti suoi omologhi, viventi inclusi nel 2024.

Ma lasciamo da parte la macrostoria, per domandarci, tornando ai podestà, chi fosse il Tal de’ Tali che il prefetto nominava, affidandogli pieni poteri, e avvertendo che sarebbe stato controllato a vista dai Regi Carabinieri? Il Tale che era stato interventista nel 1914, volontario tra il ’15 e il ’18, magari legionario dannunziano nel 1919, squadrista, marciatore… E poi qualcuno, dal 1922 al ’43, faceva politica a tempo pieno, qualcun altro solo tra i momenti della vita professionale e privata. Di questi, tranne i militari di carriera e i politici puri, i più esercitarono professioni, commerci, mestieri, arti; e scrissero libri e dipinsero quadri; ed erano produttori e attori di film applauditissimi a Venezia… accidenti, ho scritto film: pellicole cinematografiche, dicevano!

Essi ebbero colleghi e parenti di cui si sapeva che non erano affatto fascisti, anzi nemmeno governativi; e che tuttavia si adattavano. Quelli che no, finivano sotto processo o al confino: e anche di questi furono assai variegate le vicende personali, e so di tanti che al confino poi restarono trovando moglie con dote. E tutti assistettero all’improvvisa dissoluzione del 25 luglio 1943; e, chi si trovò nel Centronord dopo l’8 settembre, partecipò agli ultimi tragici bagliori; e qualcuno, negli ultimi giorni, morì ucciso; qualcun altro si salvò, e nemmeno sempre in modo chiarissimo; e qualcuno archiviò il passato nella memoria; qualcuno lo rimosse; qualcun altro, come dicevamo sopra, proseguì a far politica sotto varie forme; e qualcuno si adattò a campare altrove pure politicamente parlando. Situazioni umane, che non ha senso rendere paradigmatiche di immaginari buoni e cattivi.

A un secolo, anzi 102 anni, dal 1922, sarebbe ora di raccontare, magari con un bel film (arrendiamoci a film!) ben scritto e ben recitato, cosa accadde agli Italiani dal 1914 al 1945. Agli antifa apparirà cosa politicamente scorretta, ma lo è ogni vicenda umana da Caino in poi; e, lasciatemi concludere sorridendo, anche a certi postfascisti metafisici la narrazione della verità susciterà una grigia delusione, e guasterà loro la favola. Proviamo?

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