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Piantare alberi invece che pannelli solari: ricetta sacra contro il fanatismo green

Il cosiddetto “green”, al contrario di ciò che viene spesso fatto passare sui grandi organi d’informazione, non è affatto la risposta ai problemi dell’ambiente: anzi, è semmai il prodotto di un’ideologia che, in certa misura, è fra le concause di disastri ambientali e follie varie. Sì perché guardando alla situazione complessiva, si comprende, come nel […]

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Il cosiddetto “green”, al contrario di ciò che viene spesso fatto passare sui grandi organi d’informazione, non è affatto la risposta ai problemi dell’ambiente: anzi, è semmai il prodotto di un’ideologia che, in certa misura, è fra le concause di disastri ambientali e follie varie. Sì perché guardando alla situazione complessiva, si comprende, come nel nome della cosiddetta “transizione ecologica”, siano stati fatti passare in varie porzioni del Pianeta ogni genere di scempi. Tra questi, una delle pratiche (diffuse non soltanto in Europa ma in tutto il mondo) che rischia di cancellare la campagna italiana e l’agricoltura è data dal proliferare di pannelli fotovoltaici e pale eoliche, i cui insediamenti invasivi vengono chiamati abilmente con il termine equivoco di “parchi”. Eppure, il depauperamento e la desertificazione dell’ambiente occupato da tali impianti è uno degli effetti di queste politiche di devastazione attuate nel nome della nuova religione green.

Fortunatamente, un paio di mesi fa, un decreto del Consiglio dei Ministri ha messo dei paletti, stoppando l’installazione di nuovi pannelli fotovoltaici nei terreni agricoli e limitando lo sviluppo delle cosiddette energie rinnovabili ad aree appositamente selezionate e annoverate in certe categorie: si tratta di un primo passo, di certo importante e significativo, ma non bisogna abbassare la guardia, perché il tentativo di distruzione della campagna e dei terreni agricoli è sempre dietro l’angolo.

C’è poi il fattore incendi, che è un altro colpo mortale ben assestato alla campagna e alle produzioni agricole, ma anche ai boschi, alla macchia mediterranea e a tutte quelle aree naturali che dopo essere state incendiate rischiano di essere trasformate in altro da sé. E non può essere negato che negli anni passati si è spesso puntato su politiche volte a favorire soprattutto i grandi gruppi, a scapito del paesaggio, altro fattore che purtroppo è stato fin troppo mortificato, mentre basterebbe conoscere la storia e l’identità dei territori e dei luoghi per comprendere come questo sia un elemento essenziale e vitale. Il paesaggio, infatti, una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell’Italia. È un segno distintivo indifferibile della nostra Nazione, espressione di valori naturali, morfologici, storici, culturali, spirituali ed estetici e per queste ragioni, va tutelato, conservato e valorizzato. Il paesaggio, inoltre, è sacro perché esprime, da sempre, quella relazione indifferibile fra l’Uomo e la Natura.

Una maniera per tutelare e valorizzare il paesaggio passa per una conoscenza e una lettura dei luoghi, dei territori, per porre in essere azioni e politiche che possano riportarli alla loro vocazione naturale. Ecco perché piantare alberi al posto di assecondare l’invasione di pannelli fotovoltaici e pale eoliche non è una bestemmia, ma una necessità. Sì, più alberi e meno “green”, perché gli alberi, aiutando il processo di fotosintesi clorofilliana, sono un deterrente contro le crisi climatiche: le foglie, infatti, mediante la clorofilla, assorbono energia solare e trasformando l’anidride carbonica, nutrono la pianta e il terreno. In tal modo nutrono anche l’aria attraverso la produzione di ossigeno e dunque, sono un rimedio naturale. Inoltre, gli alberi, da sempre, sono sacri: nel mito greco la quercia è consacrata a Zeus e a Pan; Marte e Dioniso sono spesso associati al fico, l’olivo è simbolo di Atena e il mirto è associato ad Afrodite.

In tutte le religioni gli alberi hanno avuto e hanno un ruolo determinante nel rafforzare il rapporto fra l’Uomo, la Terra e il Cielo, poiché simboli di vita e di sostegno dell’universo: basti pensare all’Albero della vita posto da Dio nel Giardino dell’Eden o all’Albero del Mondo delle tradizioni indoeuropee, rappresentato in forme diverse nelle varie religioni.

L’albero è sacro perché la natura è espressione del Divino e dell’Assoluto, dell’ordine cosmico che in questo piano di esistenza è garantito attraverso tutte le specie viventi e mediante la vita organica sulla terra. Gli alberi sono perciò sentinelle dell’universo, ponti fra il nostro piano orizzontale e quello verticale. Piantare alberi è un rito sacro, un’offerta agli Dei, che non ha bisogno di rituali, liturgie o particolari qualifiche religiose. Ciascuno di noi è chiamato a questo rito, ancestrale e semplice. E anche le istituzioni possono parteciparvi, mediante politiche che guardino al Sacro della Natura e non alle follie ideologiche spacciate per soluzioni. Tornare alla Natura vuol dire tornare al Divino e tornare a noi stessi, riequilibrando il nostro rapporto con l’ambiente, riportandolo alla sua funzione naturale e liberandolo da “dogmi verdi”, che spesso nascondono ben altri interessi.

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