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La nuova vita del seminario di Trieste: stanze per gli studenti e sale espositive

La nuova vita del seminario di Trieste: stanze per gli studenti e sale espositive

In via Besenghi verranno creati 25 posti letto per universitari, iscritti a qualsiasi facoltà. Il complesso ospiterà anche allestimenti temporanei e permanenti

TRIESTE Nel centenario dell’Università di Trieste c’è ancora un regalo da scartare e porta la firma della Diocesi. Nel grande complesso di via Besenghi – dove, fino agli anni Novanta, soggiornavano i seminaristi – verrà creato un convitto per gli studenti universitari, aperto a giovani iscritti a qualunque facoltà. Il progetto è già stato steso, mancano alcuni dettagli ma l’approdo finale si conosce già: una disponibilità di 25 posti letto, usufruibili auspicabilmente a partire dall’anno accademico 2025-2026.

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L’annuncio del vescovo

«Siamo contenti di poterlo annunciare per i cent’anni dell’ateneo», dice al Piccolo il vescovo di Trieste Enrico Trevisi, che rivela le coordinate di un’operazione tenuta fino a questo momento nel massimo riserbo. Il convitto per gli studenti universitari è, infatti, solo una delle tappe di una riqualificazione che andrà a coinvolgere, di qui ai prossimi anni, una parte significativa della struttura posta sulla sommità di San Vito. Riqualificazione che cambierà il volto di quello che ancora oggi, per chiunque, è il “seminario di via Besenghi”: si trasformerà – spiega Trevisi – in «uno spazio multiuso», come per certi versi è già diventato da alcuni anni. E avrà una triplice vocazione: «culturale, pastorale ed educativa».

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La storia del complesso

Prima di vedere come le parole di Trevisi si tradurranno nella realtà, è utile ripercorrere brevemente la storia del complesso. Costruito nel 1950 (prima gli aspiranti sacerdoti erano costretti a recarsi a Capodistria), il seminario ha di fatto perso la sua funzione originaria negli anni Novanta, vedendo progressivamente occupati gli spazi interni da altre attività. Oggi, ad esempio, vi ha sede l’emittente televisiva locale Telequattro, mentre dal prossimo anno accademico torneranno a frequentarlo gli studenti dei corsi di Teologia, la cui sede è stata trasferita a Udine.

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La mancanza di un progetto

Anche a causa dell’assenza dei seminaristi, l’edificio era però condannato, finora, all’anonimia: tutti sapevano che all’interno c’era qualcosa, ma nessuno avrebbe saputo indicarne la funzione generale. Mancava, appunto, un progetto complessivo che avesse l’ambizione di rilanciare la struttura nella sua interezza: la quale, peraltro, può contare su spazi oggettivamente unici, a livello di metratura e di posizione.

La rivoluzione

E veniamo quindi al programma tracciato dal vescovo Trevisi. Scendendo dall’alto verso il basso, è proprio il terzo piano – da cui si gode di una vista quasi a 360 gradi su Trieste – che andrà a ospitare gli universitari. Il vescovo per ora non entra nel dettaglio delle cifre dell’investimento, benché rimarchi il contributo «decisivo» delle acciaierie Arvedi. In ogni caso, i lavori di allestimento partiranno dopo l’estate e la speranza, come detto, è che tutto sia pronto per l’anno accademico successivo. Al piano sottostante sono attese altre novità.

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Il polo museale

Già alcuni anni fa, ai tempi del vescovo Crepaldi, era emersa la possibilità di trasferire in via Besenghi il Museo diocesano, attualmente ubicato nel palazzo vescovile di via Cavana. «Il progetto ha incontrato alcune difficoltà», spiega oggi Trevisi. Il Museo diocesano resterà dov’è ma, al secondo piano di via Besenghi, nascerà un piccolo polo museale ed espositivo. «Ci saranno delle sale permanenti con alcune opere d’arte – prosegue il vescovo – affiancate da un’altra sala espositiva per mostre temporanee». Eccola, la vocazione «culturale» che animerà il complesso di San Vito. E che si somma all’auditorium dedicato a Francesco Bonifacio, inaugurato nel 2022 e baciato da un discreto successo, nonché alla biblioteca, piccolo gioiello con oltre 83 mila volumi.

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Spazi da valorizzare

Sì, perché, a ben guardare, di sale e spazi da valorizzare ce ne sarebbero tantissimi. Vale anche per l’esterno. La piccola chiesa (a destra di chi entra) è in uso, dopo l’invasione russa, alla comunità greco-cattolica ucraina. Mentre dall’altro lato sorgono la casa del clero e la casa accoglienza “La Madre”, entrambe gestite dalla Caritas. Basta fare qualche passo più in là, però, per trovare un campo da pallacanestro un po’ diroccato, o una piccola palestra dismessa, nascosta fra le fronde degli alberi. Viene allora spontaneo associare gli impianti agli studenti che soggiorneranno lì vicino, immaginando il loro recupero e la creazione di un complesso imperniato, appunto, sulla «vocazione educativa». Certo, ci vorrebbero altre risorse. Ma, dopo questo primo annuncio, è lecito sognare.

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