Banale, offensiva e per niente laica: Susanna Tamaro smonta la retorica dell’inclusività delle Olimpiadi
“La rappresentazione fintamente audace di Parigi è il sigillo di una società che ha totalmente perso la concezione del bene e del male e si è smarrita in una pericolosa deriva moralistica“. A scriverlo è stata Susanna Tamaro in un lungo articolo sul Corriere della Sera nel quale ha commentato la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi, spiegando perché è stata un “offensivo e ideologico rito delle banalità”.
Cosa c’entra “un uomo barbuto in guepière sadomaso” con lo spirito olimpico?
“Mi sono collegata tardi e la prima immagine che ho visto è stata quella di un uomo barbuto fasciato in una guepière sadomaso che avanzava su una passerella seguito via via da altri artisti fluidi che si dimenavano sopra l’effige luminosa della Comunità Europea. Ai lati, altri figuranti assistevano a queste danze tribali, tra i quali spiccava una donna oversize vestita di blu con una raggera in testa che la faceva somigliare a una gru coronata”, ha raccontato Tamaro, aggiungendo che “mi sono chiesta che cosa c’entrasse tutto questo con lo spirito olimpico e quanto fosse opportuna questa esibizione di pessimo gusto, dato che era un programma in mondovisione e si suppone ci fossero spettatori minorenni e altri appartenenti a mondi culturali non ancora assuefatti allo spirito del tempo e per i quali queste immagini avrebbero potuto provocare irritazione e turbamento”. “Annoiata da tanta offensiva e ideologica banalità, ho spento e sono andata a dormire”.
Il disprezzo malcelato di chi definisce “credenze” le grandi religioni
Ciò che è avvenuto il giorno dopo e in quelli successivi intorno alla rappresentazione queer che ha evocato l’Ultima cena, però, per Tamaro è stato anche “più imbarazzante”. Le giustificazioni sul “banchetto pagano”, la definizione della passerella come “arte”, la dichiarazione del ministro della Cultura Rachida Dati che ha detto che in Francia si “rispettano tutte le credenze popolari”. Atteggiamenti “pusillanimi” per Tamaro, che ha rilevato anche “un fondo di disprezzo” nel chiamare “credenze” le grandi religioni, che miliardi di persone nel mondo, fra le quali presumibilmente anche molti atleti, sono “fede”.
A Parigi una rappresentazione “fintamente audace” e frutto di una “deriva moralista”
Poi, dopo aver ricordato che tutto questo è stato giustificato con l’inclusione, la scrittrice ha osservato che “la rappresentazione fintamente audace di Parigi è il sigillo di una società che ha totalmente perso la concezione del bene e del male e si è smarrita in una pericolosa deriva moralistica”. “Non essendoci il male, non è più necessaria alcuna forza per combatterlo. Bastano i buoni sentimenti – l’inclusione, la tolleranza, la benevolenza appunto (tutte citate dagli organizzatori della cerimonia d’apertura dei Giochi, ndr) – ma i buoni sentimenti senza una radice profonda nel bene sono una realtà evanescente”, ha avvertito Tamaro, spiegando che “in questi anni abbiamo assistito alla loro trasformazione da innocue esortazioni da vecchia maestra – siate buoni – all’esercizio di una tirannia coercitiva sempre più incalzante”.
La scomparsa del bene e del male e i nuovi diktat
“E l’abominevole parto del linguaggio politicamente corretto – ha sottolineato – è un frutto di questa trasformazione. Dobbiamo essere tolleranti, dobbiamo essere inclusivi, dobbiamo adeguarci alla fluidità per non essere estromessi dal consesso della nuova civiltà. Con la scomparsa del bene e del male, è stato celebrato il funerale dell’etica. Non dobbiamo più caricarci sulle spalle il pesante fardello del libero arbitrio e della coscienza, ma farci soltanto trascinare da questa informe marea pagana”.
“Altro che laicità: l’inclusione è in tutto e per tutto una nuova religione”
“Altro che laicità. L’inclusione – ha avvertito ancora Tamaro – è in tutto e per tutto una nuova religione, con i suoi riti, i suoi diktat e le sue squadre di sacerdoti moralisti in grado di colpire e distruggere tutti coloro che non si adeguano. Siamo in molti ormai ad essere esasperati da questo nuovo culto. Culto imposto dal mondo anglosassone e totalmente estraneo alla nostra civiltà mediterranea, nel quale non ci riconosciamo, al quale non vogliamo prostrarci e del quale siamo in grado di vedere i danni prodotti sui bambini e sui giovani, convinti ormai che la loro identità di esseri umani non sia determinata dal dialogo costante tra la mente e il cuore, ma da quello che hanno, che non hanno o che vorrebbero avere tra le gambe”.
“L’asticella sale di anno in anno e questo dovrebbe allarmare tutte le persone davvero laiche, altrimenti prestissimo arriverà un giorno in cui mi sveglierò convinta di essere un pastore tedesco – ho sempre sognato di essere Rin Tin Tin – e pretenderò che questo venga trascritto sui documenti. E quando, con questi, mi presenterò alle mostre canine e non mi faranno partecipare, griderò all’esclusione. Chi può negarmi il diritto di essere cane? La realtà c’est moi”.
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