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Scopre una discarica abusiva nell’area del suo cantiere e fa causa al Comune di Mogliano

Scopre una discarica sotto il terreno, i lavori edili restano sospesi per anni. «Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno»: così recita l’articolo 2043 del codice civile ed è in base a questa norma che il proprietario del “cantiere dei veleni” in via Rosmini ha deciso di citare in giudizio il Comune di Mogliano con una causa di risarcimento danni da 200 mila euro.

Massimo Zanon, questo il nome del proprietario, dopo aver acquistato dagli storici proprietari il lotto da 500 metri quadrati al civico 10 di via Rosmini, nel quartiere centro nord, nel 2018 aveva dato il via ai lavori di demolizione e ricostruzione del vecchia casa. Durante lo scavo delle fondamenta di quella che doveva essere una nuova abitazione i vicini, oltre che gli operai coinvolti nel cantiere, hanno iniziato a lamentare la presenza di un odore acre particolarmente fastidioso per le vie respiratorie.

È emerso così che nell’area (ci troviamo in quelli che un tempo erano i campi retrostanti all’ormai scomparsa villa Favier) erano stati depositati, probabilmente durante gli anni ’50, scarti industriali che contenevano solventi a base di clorurati.

Era l’estate del 2019 e dopo svariati mesi dopo sono state disposte dal Comune di Mogliano, attraverso fondi regionali, approfondite indagini ambientali. Si arriva così al 2021 e si scopre che a essere contaminati sono i terreni dell’intera lottizzazione. Dicloroetilene, dicloroetano, cloroformio, cloruro di vinile, tetracloroetilene: molte delle case e dei condomini a nord di piazza Pio X attorno al lotto “incriminato” di via Rosmini poggiano su terreni inquinati.

Nel settembre del 2021 il sindaco di Mogliano Davide Bortolato ha emesso un’ordinanza che andando a definire questa “zona rossa” stabiliva il divieto di utilizzare l’acqua di falda per qualsiasi scopo. La decisione era scaturita sulla base delle evidenze di uno screening avviato in collaborazione con l’Arpav e Ulss 2 e costato 155 mila euro.

Parallelamente il Comune di Mogliano si era attivato anche con la Regione per reperire i fondi necessari alla bonifica, ottenendo nel settembre 2022 un contributo di 752 mila euro. A che punto siamo oggi? Dopo diversi rimpalli è stata completata la fase uno, ovvero quella di “messa in sicurezza di emergenza”, che ha visto una parziale rimozione del materiale pericoloso e la copertura dei terreni con apposite coperture.

La villetta prevista sei anni fa rimane un lontano miraggio e il privato ha deciso di passare al contrattacco. La citazione in giudizio nei confronti del Comune, stando al poco che trapela, si baserebbe sul fatto che l’amministrazione moglianese avrebbe omesso di comunicare la presenza della contaminazione e di inquadrare urbanisticamente l’attuale zona rossa come area inquinata. Pare infatti che già da tempo (si parla di decenni fa) su altri cantieri vicini, fosse emerso il problema dell’inquinamento dei terreni.

La questione però sarebbe all’epoca rimasta sotto traccia, anche per effetto di diversi contesti normativi. Come una roulette russa le disinvolte pratiche del passato sono emerse a distanza di oltre mezzo secolo, danneggiando l’iniziativa di un ignaro privato, che ora tenta di rivalersi sul Comune. Da parte sua l’amministrazione guidata da Davide Bortolato ha già deciso di resistere in giudizio affidandosi a un legale esterno.

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