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Non si trovano bagnini al Lido di Venezia: «Dovremo andare a cercarli in Albania»

Non si trovano bagnini al Lido di Venezia: «Dovremo andare a cercarli in Albania»

Berton (Unionmare) lancia un appello: in tutto il litorale veneto servono almeno cinquecento addetti al salvataggio. Si punta all’estero

«Cercansi bagnini albanesi». Non si sa più dove bussare per cercare nuovi assistenti bagnanti a Venezia, così si ricorre all’estero. Con annunci dedicati, in particolare dei Paesi balcanici, a cui stanno pensando i vertici del turismo balneare.

L’appello di Unionmare Veneto denuncia infatti il rischio concreto per la prossima stagione che non vi sia personale a sufficienza per garantire il servizio, almeno nella fase iniziale della stagione, e probabilmente anche durante. ll fabbisogno resta alto (sono circa 500 gli addetti nel litorale) e i veneziani rispondono picche: per l’associazione è un’emergenza pesante visto il continuo «calo» degli iscritti ai corsi.

«È necessario semplificare i flussi migratori, con iniziative governative, per attingere al personale delle località a tradizione marinaresca» è una soluzione per ovviare ai buchi negli organici secondo Alessandro Berton, a capo dell’associazione che tutela il settore balneare.

È un lavoro da ripensare: si punta ai vicini Balcani, dove c’è chi ha familiarità con la lingua italiana: «Oggi avere le quote per poter assumere degli extra comunitari è pressoché difficile: seguire il modello della Usl, sul reclutamento in Albania e all’estero di personale formato, eviterebbe il collasso».

A incidere è una stagionalità corta, con l’annesso «calo» delle indennità di disoccupazione e il rallentamento del fisiologico turnover. L’età media è di 22-23 anni, ma tra i giovani è cresciuta una disaffezione diffusa, sempre più inclini ad un’assunzione più sicura e meglio pagata. E il tema si trascina anche la difficile questione della formazione: «Brevetto da bagnino di salvataggio, certificato di primo soccorso e patente nautica laddove il servizio è con i mezzi a motore, a fronte di una stagione già di per sé breve» prosegue Berton, «sono fattori che rendono la professione ancora meno attrattiva. Già quest’estate, sui litorali veneziani, sono arrivati bagnini di salvataggio provenienti da fuori regione: vengono dalle città costiere del sud Italia (come Sicilia e Campania) e sono venuti a Venezia per una questione di “appeal”.

Perché non puntare sull’estero? «È una professione semplice questa: perché non c’è più richiesta?» si domanda Vito Lippolis, bagnino di terra nella spiaggia lidense dell’ex Ciga, «sorvegliante» da quasi mezzo secolo. «Con fatica quest’anno abbiamo messo in piedi la squadra del personale di mare, il mestiere deve essere più appetibile».

Un problema che, a cavallo tra aprile e maggio del prossimo anno, può mettere a rischio anche campeggi, piscine e parchi acquatici della città metropolitana. Venezia Spiagge ci sta lavorando: «È sempre più difficile, ci affidiamo a società specializzate che ci garantiscono turnazioni e personale impiegato anche di inverno, non costretto quindi a fare salvataggio solo nei nostri stabilimenti. È una categoria che va sempre più tutelata».

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