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Tre mesi fa l’omicidio del tabaccaio a Jesolo. I colleghi: «Diteci chi lo ha ucciso»

Tre mesi senza Roberto Basso: resta il giallo sul suo omicidio ancora irrisolto. Un “cold case” tra i pochi sul litorale, che si aggiunge alla morte del conte Renato Perocco, 78 anni, trovato senza vita ormai diversi anni fa nel suo appartamento al lido do Jesolo al lido ovest. Roberto Basso non era un nobile, non era famoso e non cercava le luci della ribalta. Era un tabaccaio 64enne, umile e riservato, che il prossimo mese di marzo avrebbe compiuto 65 anni.

La notte tra il 5 e 6 maggio è stato barbaramente ucciso con un colpo alla testa nella sua casa di via Antiche Mura, dove viveva da solo dopo la morte dell’anziana mamma. Una vita semplice, quasi monacale, trascorsa tra la tabaccheria-edicola di piazza Marina e la sua casa in Paese, in una zona abbastanza isolata nelle campagna di Jesolo.

La mattina dopo il misterioso omicidio il fratello maggiore Andrea si reca a casa per chiamarlo. Dovevano accordarsi per la consegna di un tagliaerba prestato. Roberto non risponde. Andrea capisce che è successo qualcosa di grave, osserva il corpo da un pertugio che pare fosse rimasto dopo un tentato furto precedente.

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Più tardi lancerà l’allarme, dopo un iniziale momento di choc e confusione che lo esporrà ai sospetti degli inquirenti e dell’opinione pubblica, spesso impietosa. Dimostrerà nei giorni seguenti di non poter essere collegato al delitto perché aveva gli scontrini di alcune spese effettuate. Le indagini dei carabinieri si sono concentrate sulla ricerca dell’oggetto usato per il colpo alla testa, inferto alle sue spalle. Ma mai trovato.

Da allora, tante voci, sospetti, anche pettegolezzi, ma nessuna verità. Restano questi tre mesi senza una persona per bene, semplice, casa e lavoro, pochi amici, poche relazioni sociali. Un commerciante serio di poche parole, ma cortese ed educato che tanti conoscevano a Jesolo e anche fuori della città. I commercianti della zona di piazza Marina sono tra coloro che mai lo hanno dimenticato. Nei giorni scorsi sono comparsi dei fiori gialli sulla serranda abbassata con il cartello che indica il locale ancora sotto sequestro.

«Roberto non lo dimentichiamo», dice Roberto Dal Cin, titolare con la moglie Barbara e il figlio Nico della enoteca letteraria la Corte dei Baroni, «gli volevamo bene e gliene vogliamo oggi. Siamo vicini alla sua famiglia che da quella ferita non riuscirà a guarire mai più. Il negozio nel cuore della piazza è ancora un “luogo del delitto”. Chissà quando mai aprirà di nuovo. Vengono a chiedere di lui anche i turisti, quelli che da anni trascorrono le vacanze e magari non sapevano della sua morte. E altri, italiani e stranieri, ci chiedono cosa sia accaduto dietro quelle serrande. Noi non abbiamo partecipato a quella furia di sospetti e accuse lanciate alla rinfusa. Ci chiediamo tutti, però, chi possa averlo ucciso in quel modo, e confidiamo che presto la città possa sapere».

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