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Con gli occhi chiusi, Kusterle espone a Villacaccia per Avostanis

“Con gli occhi chiusi” per lasciar parlare il corpo e scoprire altro, in altro modo. È il titolo della mostra di Roberto Kusterle, a cura di Angelo Bertani, che verrà inaugurata martedì 6 agosto, alle 21, a Villacaccia di Lestizza.

Federico Rossi, presidente dell’Associazione Culturale Colonos e direttore artistico di Avostanis, spiega la scelta: «Una mostra pensata con lo stile e il rigore dei Colonos, in coerenza al tema dell’edizione intitolata “Il volt di sede”.

Nel progetto multidisciplinare della rassegna, l’arte assume la funzione di “dare suggestione” in virtù del suo linguaggio evocativo, che in questo caso interpreta il tema della metamorfosi».

Angelo Bertani, curatore della mostra, visitabile durante gli eventi di Avostanis, ci guida dal tema kafkiano all’arte di Kusterle: «Kafka ci ha insegnato che ognuno di noi si porta dentro la metamorfosi come lato oscuro dell’inconscio. Tale consapevolezza è un lascito del Novecento inquieto, che però di necessità ha riscoperto con occhi nuovi i miti antichi: non più le belle metamorfosi che nelle mani di Bernini facevano cangiare in verosimile aulente alloro le belle carni frementi di Dafne, ora l’individuo al più diventava un insetto repellente. Oggi, sulla stessa via, specie al vento che giunge dalla Mitteleuropa, è tutto un guardarsi oltre lo specchio, con gli occhi chiusi, e vedersi mutar in legno, in sasso, in terra. Un ritorno alle origini (liberatorio e a un tempo ansioso) per metamorfosi endogena».

Andiamo allora “Con gli occhi chiusi” insieme a Kusterle, che ci racconta la sua arte senza dire una parola definitiva, aperta sempre a nuove visioni: «Comunichiamo soprattutto con gli occhi. La fascinazione avviene con lo sguardo. Se lo escludo, costringo a guardare altro, ossia ciò che metto sul corpo della figura, la simbologia. Si tratta anche di registrare il vuoto di chi posa a occhi chiusi».

L’arte di Kusterle ha un esordio istintivo, che assume consapevolezza attraverso il tempo. Ripercorrendo il suo “lavorare per serialità”, ci ritroviamo di fronte a occhi serrati di umani e occhi aperti di animali, in opere che suggeriscono la potenzialità di una parte nascosta e che uniscono, sempre, corpo e natura, fusione da far risalire alla sua infanzia con i nonni contadini, in una terra di confine che divideva famiglie, destini. Ma le sue opere sono sempre “atemporali”, per questo universali, attuali o primordiali.

Per Kusterle, la metamorfosi, spesso mossa dall’eros, appartiene alla natura e alle divinità antiche. È forse nella manipolazione che trasforma il corpo in legno, nei corpi mutevoli in inediti animali, nei corpi assorbiti dalla carta che parla attraverso le sue macchie, pieghe, spaccature. La trasformazione investe la figura e il suo negativo, l’evoluzione stessa della materia, della tecnica e del pensiero, da lasciar andare “con gli occhi chiusi”.

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