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Lombardia, la “regione-allevamento”. Ecco i Comuni alle prese con numeri record: fino a 1 milione di capi su 8mila abitanti. Limiti di emissioni? Regolarmente superati

I Comuni della Lombardia soffocano, alle prese con numeri record di animali allevati e nuovi capannoni in costruzione. E in quelli con il numero maggiore di capi, si sforano anche i limiti imposti per il carico di azoto (Leggi l’approfondimento sugli impatti). Nella provincia di Mantova, Roverbella (8.500 abitanti) arriva a ospitare nello stesso momento 940mila animali, quasi un milione, tra suini, bovini, polli e galline ovaiole, a Castiglione delle Stiviere ce ne sono 699mila, Manerbio ‘ospita’ 33mila suini e 527mila avicoli e, tra bovini e suini, Marcaria conta 73mila animali, Goito 72mila e Marmirolo a 71mila. Nel Bresciano, ci sono Calvisano con più di 23mila capi di bovini, 63mila suini e 538mila tra polli e cinque di galline ovaiole a ciclo e Ghedi con 18mila bovini, oltre a 73mila suini e più di 705mila avicoli. In provincia di Cremona, a Pizzighettone si allevano 330mila animali più o meno contemporaneamente tra avicoli, bovini e suini, a Soncino quasi 100mila animali tra bovini e suini e a Castelleone 67mila. Ilfattoquotidiano.it ha intrecciato i dati disponibili nell’Anagrafe Zootecnica sulle presenze negli allevamenti di polli e galline ovaiole, bovini e suini, le specie con la maggiore consistenza, escludendo le strutture più piccole e utilizzando gli stessi criteri della ricerca effettuate per le province (Leggi la nota metodologica). In quelle con la maggiore presenza di capi, sono stati selezionati i Comuni con oltre 400mila avicoli, oppure almeno 25mila suini o 5mila bovini.

Il confronto con i Comuni che violano la direttiva sui nitrati – Non è una classifica esaustiva dei territori con il maggior carico di azoto, che è dato dal rapporto tra Uba (unità bovino adulto) e Sau (Superficie agricola utilizzata), dove una vacca da latte vale 1 Uba, un suino adulto 0,4 Uba, un pollo da carne 0,004 Uba, ma dà conto di alcune situazioni diventate insostenibili. D’altro canto, quasi tutti i Comuni con più animali superano anche i limiti imposti dalla direttiva sui nitrati. Nella relazione tecnica dell’Ente per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste, infatti, si trova l’elenco dei Comuni non idonei all’uso di fanghi di depurazioni perché il loro carico di azoto già eccede quanto consentito dalla direttiva, ossia 170 chilogrammi per ettaro all’anno nelle ‘Zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola’ e 340 chilogrammi per ettaro all’anno nelle zone ordinarie. Tra i Comuni che rientrano nelle Zone Vulnerabili (dove il limite è di 170 chilogrammi per ettaro), tanto per fare l’esempio di quelli già citati e con i numeri maggiori, in provincia di Mantova ci sono Manerbio (289), Castiglione delle Stiviere (264), Roverbella (a quota 255), Marmirolo (390) e Goito (200). In provincia di Brescia, ci sono Calvisano (455) e Ghedi (334), mentre in quella di Cremona ci sono Soncino (299), Pizzighettone (295), Castelleone (286). Praticamente quasi tutti quelli che ilfattoquotidiano.it ha evidenziato per l’alto numero di capi. Nell’elenco di quelli che violano i limiti ci sono anche piccoli comuni di montagna, ma non perché ci siano chissà quanti capi, ma in quanto è minore la Superficie agricola utilizzata. Nel frattempo, continuano a essere presentati progetti di allevamenti, che poi vengono approvati.

I nuovi progetti – Come accaduto nell’ultimo anno a Grontardo (Cremona), Casei Gerola (Pavia) e Orzinuovi (Brescia). Ne sa qualcosa la Lav, Lega antivivisezione. “Con le nostre sedi locali, siamo accanto a cittadini e comitati sul territorio, perché le amministrazioni locali dovrebbero essere un presidio a tutela del territorio, ma spesso non fanno né gli interessi della comunità, né dell’ambiente e né degli animali”, racconta a ilfattoquotidiano.it Bianca Boldrini di Lav. “Nella maggior parte dei casi che abbiamo seguito in tutta Italia – aggiunge – abbiamo trovato poca trasparenza nei processi autorizzativi. E questo ci ha spinto a indagare. Spesso, quindi, i cittadini non solo non conoscono i propri diritti, ma neppure sono informati sui progetti che si stanno realizzando sui loro territori, anche quando sono caratterizzati da un’alta concentrazione di allevamenti”.

Polli e galline ovaiole – Nelle province di Brescia, Mantova e Bergamo ci sono 9 comuni con più di 400mila avicoli e tutti superano i limiti per carico di azoto. Nel Bresciano, ci sono Calvisano con oltre 538mila capi tra dieci allevamenti di polli e cinque di galline ovaiole, Chiari con 475mila galline ovaiole, Ghedi che, tra polli da carne, riproduttori e galline ovaiole, raggiunge contemporaneamente 705mila capi, Manerbio con 527mila capi e Isorella con oltre 442mila capi. In provincia di Mantova, Castiglione delle Stiviere ospita 636mila esemplari, tra polli e galline ovaiole, Cavriana quasi 600mila galline ovaiole e Roverbella 865mila animali, quasi tutte galline ovaiole. In provincia di Bergamo, nel comune di Cologno al Serio ci sono 733mila capi, quasi tutti polli. Sotto i 400mila capi si segnala anche Pizzighettone (a quota 290 a ciclo), per l’alto numero di capi anche bovini e suini.

Un nuovo allevamento di galline ovaiole a Grontardo (Cremona) – A maggio 2024, la giornalista Giulia Innocenzi che, insieme a Pablo D’Ambrosi, ha scritto e diretto ‘Food For Profit’, il docufilm che mostra il collegamento tra industria della carne, lobby e potere politico (Guarda la diretta con ilfattoquotidiano.it), ha raccontato sui suoi canali social quanto stava avvenendo a Grontardo, dove erano stati realizzati due capannoni, entrambi su due piani per una struttura che nel suo complesso ospiterà circa 150mila galline ovaiole a ciclo. Tuttora il progetto è in fase di ultimazione, racconta la Lav, che ha seguito da vicino le proteste dei cittadini. Regione Lombardia fa sapere a ilfattoquotidiano.it che “ha espresso parere positivo, dal punto di vista sanitario, all’allevamento, con un’autorizzazione che risale al 2012, confermata anche nel 2014 e 2023” nel rispetto di tutte le norme previste “in caso di costruzione o ampliamenti di insediamenti produttivi avicoli” spiega l’assessore all’Agricoltura Alessandro Beduschi. E ricorda che il territorio di Grontardo, secondo la Direttiva Nitrati, è in Zona non vulnerabile, “con un carico di azoto zootecnico significativamente inferiore ai limiti di legge” e che, nel settore avicolo, il quantitativo di effluente (ossia deiezioni solide e liquide) può essere ridotto, stipulando contratti che consentono a un’azienda che non ha a disposizione sufficiente superficie agricola di cedere ad altre aziende provviste di terreni, affinché diventi fertilizzante organico. Grontardo, in effetti, è sotto i limiti di legge per il carico di azoto (240 chilogrammi all’ettaro all’anno, mentre il limite è di 340 nelle Zone non vulnerabili ai nitrati, ndr), ma si trova nella provincia di Cremona, la più inquinata – secondo l’Agenzia europea dell’ambiente – nella regione più compromessa d’Italia. Qui si trova un quarto dei 157 Comuni (su un totale di 413 situati in Zona vulnerabile ai nitrati) che superano i 170 chilogrammi per ettaro all’anno imposti dalla direttiva europea, secondo l’Ente regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste. Ed è una provincia con un’alta concentrazione di bovini e suini, per i quali è molto meno gestibile il problema delle deiezioni. Proprio a Levata, frazione di Grontardo, inoltre, a novembre 2021 in un allevamento intensivo di polli fu identificato il primo focolaio di aviaria nel Cremonese.

Casei Gerola, il progetto della discordia – Di recente, dopo la protesta della società civile, diverse osservazioni ricevute e le circa duemila firme raccolte dalla Lav insieme al Comitato per la salute della bassa Valle Scrivia, il Comune di Casei Gerola (Pavia) ha chiesto che venga sottoposto a Valutazione ambientale strategica il progetto di realizzare un allevamento che ospiterebbe fino a 210mila galline ovaiole in quattro capannoni, nella pianura dell’Oltrepo Pavese, a due chilometri dall’Oasi naturalistica Le Folaghe, in un territorio di origine alluvionale estremamente delicato. “È la stessa area in cui fino a vent’anni fa sorgeva un allevamento di tacchini, che venne completamente sommerso dall’acqua. Un’area molto fragile dal punto di vista idrogeologico” spiega a ilfattoquotidiano.it Bianca Boldrini di Lav che, nell’ambito della Conferenza dei servizi, ha presentato delle osservazioni insieme a privati e Comuni della zona. Questo progetto, infatti, ha anche un’altra caratteristica: “L’allevamento sarebbe più vicino alle prime case del comune limitrofo di Molino dei Torti (da cui disterebbe circa 300 metri), nella bassa Valle Scrivia, rispetto alle abitazioni del comune di Casei Gerola nel quale sorgerebbe effettivamente”. Secondo l’Isde, Associazione Medici per l’Ambiente, il progetto avrebbe impatti critici per l’equilibrio ambientale e sanitario del territorio. “In particolare – aggiunge Bianca Boldrini – per la produzione di ammoniaca, precursore delle polveri sottili”. Alla luce della mobilitazione, di recente il sindaco di Casei Gerola, Leonardo Tartara, ha assicurato che verrà seguito “l’iter più rigoroso e restrittivo possibile” spiegando che, al temine dell’istruttoria, deciderà “tenendo conto delle osservazioni del territorio e delle associazioni, senza ignorare le leggi e le normative”, ma che non saranno tollerati “metodi violenti, aggressioni e mistificazioni”.

Suini, i Comuni con più capi – Per quanto riguarda i suini, tra le province di Cremona, Mantova e Brescia ci sono 34 Comuni con allevamenti per oltre 25mila capi. Nella provincia di Cremona ce ne sono 6, ma superano i limiti sui nitrati Soncino, che ospita 86mila capi, Castelleone che ne conta 57mila e Pizzighettone che ne ospita 33mila. Nella provincia di Mantova sono 16 i Comuni che arrivano a 25mila capi ospitati nei vari allevamenti nel territorio (sette dei quali superano i limiti sui nitrati) e, anzi, in quattro Comuni si superano i 50mila animali a ciclo. Il Comune con più capi nel proprio territorio è Roverbella, con oltre 61mila capi, seguito da Marcaria con oltre 62mila animali, Goito con quasi 54mila capi, Marmirolo con quasi 55mila suini. Seguono Viadana (48mila suini), Rodigo (47mila), Ceresana (41mila animali), Roncoferraro (oltre 40mila). In Provincia di Brescia, ci sono 12 Comuni che superano i 25mila suini e tutti superano i limiti per il carico di azoto, in alcuni casi anche in modo significativo. Ci sono Leno e Orzinuovi con 74mila capi ciascuno ed entrambi a più del doppio del carico di azoto consentito, Ghedi (73mila suini), Montichiari (68mila), Calvisano (63mila e a quota ben 455 chilogrammi per ettaro) e poi Roccafranca (45mila), Gottolengo (42mila), Manerbio (33mila), Pompiano (30mila capi e a quota 438 chilogrammi per ettaro di carico di azoto), Bagnolo Mella (28mila), Gambara e Verolanuova (27mila). Si segnala anche Isorella, perché i suoi 16mila suini si aggiungono a oltre 442mila capi avicoli e 11mila bovini.

Orzinuovi, circa 160mila animali per 12mila abitanti – A dicembre 2023 ha fatto molto discutere, l’ok dato dal Comune di Orzinuovi alla richiesta di una società agricola per ristrutturare una vasca di liquami coperta, riconvertendola in un nuovo allevamento di maiali, a circa 380 metri quadrati dall’abitato. Dunque, in deroga alla distanza dalle zone edificabili, che il Piano di governo del territorio fissa a 500 metri. Un’operazione che consentirà di allevare 1.160 animali da carne in più, mentre la produzione annua di liquami dell’azienda aumenterebbe da poco più di 18mila metri cubi a 21.685 metri cubi. Centro Democratico ed Europa Verde hanno preso posizione, ritengono “risibili” le motivazioni dell’ex sindaco di Fratelli D’Italia, Giampietro Maffoni, oggi senatore “nel giustificare la deroga, con il fatto che bisogna favorire gli investimenti economici nel territorio” e che “le nuove ed odierne tecniche e tecnologie di allevamento permetterebbero di superare i problemi delle distanze dalle abitazioni”. A riguardo, il circolo Legambiente Valle dell’Oglio ha ricordato che sul territorio comunale di Orzinuovi ci sono oltre 166mila animali allevati. Dalla banca dati dell’Anagrafe risultano oltre 74mila suini. “Il Piano di governo del territorio ne conta circa 95mila al 2023, su una popolazione di circa 12mila cittadini” racconta Franco Ferrandi, presidente del circolo Legambiente di Orzinuovi, ricordando che “ormai quella riconversione è esecutiva. Siamo in piena emergenza ambientale, con comuni con carichi di azoto dai 350 ai 500 e più chilogrammi per ettaro, in una zona vulnerabile”. Nella vicina Orzivecchi, paese di 2.400 anime, l’Anagrafe zootecnica registra quasi 20mila suini. E un carico di azoto di 376 chilogrammi per ettaro, invece dei 170 previsti.

I bovini e i numeri per le diverse specie – Passando ai bovini, in provincia di Cremona con più di 5mila capi di bovini sul territorio ci sono 17 Comuni, in 11 dei quali si superano i 7mila animali. Di questi ultimi, 8 Comuni superano anche il carico di azoto consentito. Il Comune con più capi bovini nei propri allevamenti è quello di Stagno Lombardo, con quasi 14mila capi, seguito da Soncino (12.646 capi, che si aggiungono a 86mila suini), Castelleone (10mila capi, che si aggiungono a 57mila suini), Rivolta D’Adda (oltre 8mila capi), Ricengo (quasi 7.700 capi), Pessina Cremonese (oltre 7mila capi) e, ancora, con 6mila capi ciascuno, Camisano, Pizzighettone (che già ‘ospita’ 33mila capi di suini), Castelverde e Torre De’ Picenardi e Robecchio D’Oglio. Nella provincia di Lodi, invece, solo due comuni superano i 5mila capi e sono Bertonico (fuori limite) con 10 allevamenti e 5.025 capi e Casalpusterlengo con 7 allevamenti e 5971 capi. Come per i suini, anche in questo caso, nella provincia di Mantova ci sono molti più Comuni con numeri da record: sono 23 quelli che superano i 5mila capi, ma dieci vanno anche oltre i 10mila capi. Il Comune con più capi non solo in tutta la provincia è quello di Gonzaga (68 allevamenti con quasi 32mila animali), seguito da Goito (quasi 18mila capi, da aggiungere ai 54mila capi di suini), da Marmirolo (più di 16mila bovini, oltre a 55mila suini), Asola (più di 15mila bovini e 36mila suini), Borgo Virgilio (quasi 15mila bovini e 30mila suini), Roverbella (più di 14mila bovini, da aggiungere ad altri 865mila animali tra polli e galline ovaiole e 61mila suini), Marcaria (11mila bovini da aggiungere a 62mila suini) e, poi, Castiglione delle Stiviere (che già ospita 636mila tra polli e galline ovaiole e 33mila suini), Moglia, Pegognaga, tutti a circa 10mila capi. Asola, Marcaria e Moglia sono gli unici a non violare la direttiva sui nitrati. In provincia di Brescia, che ha il territorio più ampio della regione, ci sono 20 Comuni che superano i 5mila capi negli allevamenti dislocati sul territorio, ma si segnalano, in particolare, i Comuni di Montichiari con oltre 25mila capi, quello di Calvisano con più di 23mila capi di bovini (che si aggiungono ai 538mila tra polli e cinque di galline), di Leno (21mila) e di Ghedi (18mila bovini, oltre a 705mila avicoli). Tutti superano i limiti per i carichi di azoto. “Spesso si vuole far passare l’idea che oggi gli allevamenti sono estremamente tecnologici e possono far fronte a tutti i rischi ambientali e sanitari – aggiunge Bianca Boldrini di Lav – ma nessuna tecnologia può contrastare gli alti rischi in termini di impatti ambientali e sanitari che possono esserci in allevamenti con duecento e passa posti. La direzione in cui dobbiamo andare, invece, è quella di una riduzione importante del numero di animali”.

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