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Genitori spie in Slovenia, la rivelazione choc ai figli: «Siamo russi»

Genitori spie in Slovenia, la rivelazione choc ai figli: «Siamo russi»

Il retroscena nel maxi-scambio di prigionieri con Mosca: cresciuti in Slovenia, erano ignari della vera identità di mamma e papà

LUBIANA Scoprire, a otto e a undici anni, che i tuoi genitori non si chiamano Maria Rosa Mayer Munos e Ludwig Gisch. Che tua mamma e tuo papà non sono argentini immigrati in Slovenia di madrelingua spagnola – la lingua usata quotidianamente in casa – e neppure degli esperti informatici e di arte moderna, bensì degli agenti segreti. Russi. E che anche voi figli, fratellino e sorellina, cresciuti a Lubiana, non siete argentini e cattolici, ma cittadini russi, nati in una famiglia di spie, usati come paravento in un’operazione di copertura degna di un romanzo di John Le Carrè.

Ma di romanzesco c’è alla fine ben poco, nella storia di Sophie e Danya, di cognome non Gisch, bensì Dultsev. Sono i figli di una coppia ormai celebre, Anna Dultseva e Artyom Dultsev, questi i veri nomi delle spie russe arrestate nel 2022 in Slovenia e parte del recente mega-scambio di prigionieri tra Occidente e Mosca. I due bambini hanno scoperto solo in volo verso la Russia di non aver mai conosciuto la vera identità dei propri genitori. A svelare il retroscena al canale televisivo pubblico Rossiya-24 sono stati in questi giorni proprio Anna Dultseva e Artyom Dultsev, presentati dai media di Mosca come eroi nazionali. Così coraggiosi e votati alla causa, quella di 007 sotto copertura dei servizi di Mosca, da poter mentire per anni ai propri figli. Solo dopo essere stati scoperti e rispediti in Russia, «abbiamo detto ai bambini che siamo russi, che siamo i Dultsev» e non i Gisch, ha raccontato in Tv Anna.

La reazione? Sophie è scoppiata a piangere, scioccata, ha confessato Artyom, mentre il figlio ha reagito con calma e molto più positivamente. L’importante, ha poi aggiunto, è che «siamo una famiglia e ciò è quello che ci fa andare avanti. E la famiglia è la patria», ha aggiunto in una dichiarazione con echi da regime sovietico, mentre sugli schermi di milioni di russi ripassavano i video di Putin che andava ad accogliere i propri agenti all’aeroporto. Tra loro anche i Dultsev con figlioletti al seguito. Nelle riprese, si vede la famiglia scendere dall’aereo, la madre-spia che abbraccia commossa il leader e riceve da Putin un enorme mazzo di fiori.

Il padre-007 sorride e scambia un bacio sulla guancia con lo “zar”, il figlio osserva la scena sorridente, mentre la bambina – visibilmente frastornata e spaventata – si aggrappa al braccio della mamma, guarda a terra ed evita persino lo sguardo di Putin. È stato questo l’atto finale di una vicenda iniziata nel dicembre del 2022, quando le autorità in Slovenia arrestarono i coniugi Gisch, su soffiata della Sova, l’intelligence di Lubiana e di altri servizi occidentali, con il concreto sospetto che si trattasse in realtà di agenti dell’Svr russo, i servizi segreti che operano all’estero. Spie in Slovenia sotto copertura, che si fingevano una famiglia argentina.

I due si erano trasferiti nel Paese nel 2017 e avevano aperto una galleria d’arte e una piccola impresa di informatica, i figli frequentavano una scuola internazionale. In realtà, usavano Lubiana come base per operazioni di spionaggio anche in altri Paesi europei, tra cui sembra anche Italia e Croazia, mentre i loro bambini, ignari, vivevano una vita normale nella capitale slovena. Pesanti le accuse nei confronti dei due agenti del Cremlino: spionaggio, un crimine punibile con pene fino a otto anni, in Slovenia.

Alla fine, nell’ambito del mega-scambio di prigionieri tra Ovest e Russia, ai Dultsev è andata bene. A fine luglio i coniugi, in carcere dal momento dell’arresto – i figli erano nel frattempo stati dati in affido ai servizi sociali – si sono dichiarati colpevoli in un processo a porte chiuse alla Corte distrettuale di Lubiana. La pena, poco meno di due anni, di fatto già scontata, in un processo “farsa” organizzato in tutta fretta solo per facilitare lo scambio di prigionieri. Ma si è trattato della mossa più giusta da fare. Lo stesso presidente Usa Biden «ha ringraziato me e l’intero popolo sloveno per questo cruciale contributo alla salvezza di persone innocenti» detenute in Russia, ha detto dopo lo scambio, che ha coinvolto anche i Dultsev, il premier sloveno Robert Golob, che caldeggiava da mesi questa ipotesi. Golob ha aggiunto che Lubiana ha dimostrato di avere «un peso maggiore rispetto alle nostre dimensioni sull’arena internazionale». E ha avuto il merito di far parlare Usa e Russia «in una bella storia, anche se per poco tempo». Nel frattempo, per i Dultsev c’è una nuova vita in Russia, da eroi nazionali. Ma forse anche tanti problemi in famiglia.

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