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La scultura di Mascherini si fa poesia a Portopiccolo

La scultura di Mascherini si fa poesia a Portopiccolo

Apre sabato all’Art Gallery di Portopiccolo l’allestimento in cui le opere sono messe in dialogo con le parole di Benco, Giotti, Stuparich, Gatto, Pittoni, Tomizza

TRIESTE Era il settembre del 1967 quando lo scultore Marcello Mascherini decideva di trasferirsi definitivamente da Trieste a Sistiana, venendo a vivere e lavorare sul Carso. Per inaugurare il suo nuovo atelier, progettato dall’architetto Romano Boico, era stato organizzato un ricevimento in onore dello scrittore americano John Dos Passos, invitato a tenere un discorso nell’Aula Magna dell’Università di Trieste nel novembre dello stesso anno. Da allora in poi la casa di Sistiana fu sempre frequentata da artisti, poeti e scrittori di diverse generazioni e di diversa provenienza. Anche il ballerino russo Rudolf Nureyev vi fece visita nel ‘69, quando si trovava a Trieste per esibirsi in “Giselle” al Teatro Verdi.

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Per ricordare le molte, intense relazioni intercorse tra lo scultore e il mondo letterario oltre che artistico a lui contemporaneo è stata ideata una mostra dal titolo “Marcello Mascherini scultura come poesia”, allestita fino al 15 settembre all’Art Gallery di Portopiccolo a Sistiana, poco distante dalla stessa Casa Mascherini. L’inaugurazione si terrà sabato alle 18.30 nella Piazzetta di Portopiccolo con un concerto del duo Serena Fantini (violoncello) e Lorenzo Fantini (fagotto), cui seguirà alle 19 la visita guidata in galleria.

Sarà un’esposizione da osservare e da leggere con attenzione, attraverso le opere e le parole, entrambe protagoniste di un percorso nel quale le sculture e le grafiche del maestro sono poste in dialogo con i pensieri di letterati che hanno scritto su di lui e sulla sua arte come Silvio Benco, Virgilio Giotti, Giani Stuparich, Pier Antonio Quarantotti Gambini, Manlio Malabotta, Biagio Marin, Alfonso Gatto, Lina Galli, Anita Pittoni, Enzo Bettiza, Giuseppe Ungaretti, Fulvio Tomizza, Vanni Scheiwiller, Stelio Crise.

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Tra le opere più lontane nel tempo c’è una testa in bronzo del 1940 che ritrae il poeta Virgilio Giotti con «tutta l’umana malinconia di uno spirito analitico», come notava lo stesso Mascherini, dimostrando il suo valore di ritrattista che per Giani Stuparich consisteva nel saper cogliere in una fisionomia, in una testa, «quella sola che comprende e sintetizza tutte le altre».

Un’altra testa in bronzo del ‘52 ritrae Silvio Benco, scrittore, giornalista, critico letterario e d’arte che già nel 1924 aveva segnalato sulle pagine de “Il Piccolo” un Mascherini appena diciottenne alla sua prima occasione espositiva.

Tra le opere grafiche, curiosi sono i ritratti ad inchiostro di Giuseppe Ungaretti e Biagio Marin, ospiti più o meno assidui di Casa Mascherini: il primo è stato realizzato nel 1966, probabilmente in una serata dedicata alla poesia, organizzata dall’Associazione dei Laureati dell’Università di Trieste che aveva invitato il poeta a leggere alcuni versi di Umberto Saba; il secondo quando gli era stato chiesto di illustrare il libro “Tra sera e note”. A proposito del ritratto del poeta gradese Vanni Scheiwiller aveva scritto: «Mascherini lo ritrae fedelmente, corrucciato e un po’ prepotente come un Feldmaresciallo dell’Impero Austro-Ungarico».

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Lo stesso Marin si è rivelato poi un attento interprete dell’opera dello scultore, in particolare nel passaggio dalla sua fase “classica”, caratterizzata da forme piene e superfici lisce, alla fase “carsica” dove tutto diventa più complesso, tormentato, scabro: dove «il suo mondo si impietra, per un bisogno quasi di ascesi. Ma anche la pietra può cantare e Mascherini la fa cantare».

Fasi ben documentate in mostra a Portopiccolo con una “Bagnante” in cui l’autore rivisita la plasticità dell’antica Grecia alla luce delle avanguardie, piuttosto che con il “Cantico dei Cantici”, presentato nella sua terza versione, a proposito del quale Alfonso Gatto aveva parlato di «pietra in effigie che si muove dentro l’argine dei suoi vuoti».

Vengono esposte anche “Gazzella nera”, ispirata dalla figura dell’atleta olimpionica Wilma Glodean Rudolph, “Testa di fanciulla”, particolare del grande altorilievo “Nettuno e Teti” realizzato per la nave Oceanic costruita nei Cantieri di Monfalcone e arredata dall’architetto Nino Zoncada, “Gioia di vivere” a testimoniare la serie dei fiori «con nuove affascinanti suggestioni dalla natura rivista e intesa nella sua segreta armonia» come scrisse Giuseppe Marchiori.

La mostra, curata da Francesco Bordin, responsabile dell’Archivio Marcello Mascherini, rientra nel progetto “Marcello Mascherini. Uno scultore tra poeti e scrittori del Novecento”, finanziato dal Bando Novecento della Regione. Sarà riproposta in autunno al Castello di Kromberk sui colli di Nova Gorica e si completerà il 31 gennaio con un convegno di studi all’Università di Trieste di cui verranno pubblicati gli atti.

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