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Anche la Corte dei Conti indaga sull’affare dei Pili e sulle accuse a Boraso

Non c’è solo l’inchiesta penale in corso. Il procuratore della Corte dei Conti Ugo Montella ha già chiesto alla Procura della Repubblica di avere copia degli atti di “Palude”: le ipotesi di corruzione - tangenti e regalie in cambio di delibere “pilotate” - che i pm Terzo e Baccaglini contestano all’ex assessore Renato Boraso sono materia di danno erariale e di immagine di competenza della Corte contabile. Come pure eventuali illeciti legati all’area dei Pili, che l’accusa ipotizza a carico del sindaco Brugnaro, al capo di gabinetto Morris Ceron e al vice capo di gabinetto Derek Donadini.

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La magistratura contabile ha da tempo aperto un fascicolo proprio sui Pili, di proprietà di Porta di Venezia, società della LB Holding confluita nel trust del sindaco, partendo però da un altro esposto: quello presentato dall’architetto Alberto Bernstein, per tramite dell’avvocato Michele Maturi.

L’ipotesi di indagine contabile partiva dalla necessità di verificare un possibile (o meno) danno erariale, in capo allo stesso Demanio venditore.

Pili “allargati” e barene

Nel 2006, l’allora “solo” imprenditore Luigi Brugnaro - per tramite della società Porta di Venezia - acquistò per 5 milioni 42 ettari dal Demanio, messi all’asta dalla Patrimonio dello Stato Spa: l’area dei Pili, appunto. Finendo però per cedere anche barene e aree lagunari appartenenti al patrimonio inalienabile dello Stato.

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Secondo l’esposto, a sistemare dal punto di vista catastale la situazione erano stati due atti di rettifica redatti nel 2018 presso un notaio romano: «Alcune particelle catastali dell’area di proprietà di Porta di Venezia ai Pili, in prossimità della base del ponte della Libertà», segnalava Bernstein nel suo esposto, «individuate nell’atto di acquisto dalla Patrimonio dello Stato spa del 28 febbraio 2006, sono state variate in modo significativo a seguito di due atti di rettifica del febbraio 2018 e marzo 2019».

Delle indagini si sta ora occupando la Guardia di finanza del Nucleo di Polizia tributaria. L’Agenzia del Demanio sta già effettuando una ricognizione per verificare se una parte vada restituita allo Stato.

«Le attività preliminari di cessione di competenza di diversi soggetti pubblici sarebbero state svolte con negligenza, con particolare riferimento alla corretta individuazione degli estremi catastali degli immobili oggetto di vendita, con conseguente danno al patrimonio pubblico», aveva detto lo stesso procuratore Montella.

Ora l’inchiesta della Procura penale ha puntato l’attenzione su altri possibili affari: il tentativo del sindaco Brugnaro (che nega il punto) di vendere l’area all’immobiliarista miliardario Kwong Chiat Ching assicurandogli che vi si potesse realizzare “Qualsiasi roba, sì”, “What you want”. E, fallita quella trattativa - anche per l’inquinamento delle aree - l’inserimento dei Pili nel piano della Mobilità, per destinarli ad essere in parte espropriata (quindi, soldi pubblici alla proprietà Porta di Venezia) per diventare hub turistico.

Ricomprendendo evidentemente quelle aree di barena già oggetto i attenzione della Corte dei Conti, che ha deciso di allargare il suo raggio d’inchiesta.

Ricordiamo che siamo nella fase delle indagini, il sindaco ha respinto ogni accusa e i giudizi, semmai, arriveranno.

Boraso: tangenti e voti

Indagine contabile che coinvolgerà anche l’ex assessore Renato Boraso, che ora in carcere sta preparando la sua difesa dalle accuse di corruzione - «mercimonio della funzione pubblica» - che gli muovono i pm Terzo e Baccaglini.

Tutte le indagini per tangenti passano anche per la Corte dei Conti, che ha facoltà di indagare e giudicare del tutto indipendentemente. Anche prima di una sentenza penale. In caso di condanna contabile, il risarcimento è pari al doppio della tangente contestata, più il danno d’immagine.

Per la Procura «è emerso un altro fenomeno sintomatico di inquinamento diffuso della funzione di altra amministrazione e di controllo», scrivono i pm nella richiesta di misure cautelari per Boraso, «in diverse occasioni il Brugnaro, il Ceron, il Donadini (ma anche altri assessori, alti dirigenti, amministratoti di società pubbliche) hanno avuto evidenza che l’azione politica e amministrativa dell'assessore Boraso era totalmente fuori dai canoni di legittimità, ma improntata alla necessità di favorire quei o quello imprenditore».

Ma nessuno lo avrebbe fermato. Solo una sfuriata del sindaco Brugnaro, intercettata. Perché? Per i i voti che garantiva. Per la Procura a favore di Boraso «è la sua specifica influenza politica particolarmente a Favaro Veneto, Campalto, dove dove trova la sua base elettorale». Utile a tutti. «Non possono stare senza di me, chiunque faccia il candidato sindaco ha bisogno di me».

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