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Il partito della guerra si schiera dietro Harris

L’ingente flusso di denaro nel forziere della campagna elettorale della vicepresidente Kamala Harris, iniziato poche ore dopo l’annuncio del ritiro di Joe Biden, è stato ritenuto la prova che l’abbandono di Biden fosse necessario affinché i Democratici avessero una possibilità di sconfiggere Donald Trump. La maggior parte dei 310 milioni di dollari raccolti a luglio sono arrivati dopo il 21. Non solo si tratta di un record per una campagna, ma è superiore al totale raccolto da Trump, che nello stesso mese ha raccolto 138,7 milioni.
I media hanno attribuito questo risultato all'”entusiasmo” per un candidato più giovane, mentre i sondaggi degli ultimi giorni mostrano Harris alla pari con Trump, con uno che le attribuisce un vantaggio di quattro punti. Dopo settimane di incertezza causate dall’evidente declino fisico e mentale di Joe Biden, è emersa una nuova narrazione che evoca cinicamente lo slogan di John F. Kennedy di “passare la torcia a una nuova generazione”.
In tutto il clamore mediatico si è perso di vista il mezzo “antidemocratico” con cui è stato effettuato questo passaggio. Biden è stato rimosso in quello che molti hanno definito un “golpe morbido”, innescato da una rivolta di grandi finanziatori e funzionari del partito che temevano che un debole Biden avrebbe perso contro Trump, e che quest’ultimo si sarebbe rivoltato contro le “guerre infinite” sostenute da Biden e da una maggioranza bipartisan. Secondo il leggendario giornalista Seymour Hersh, a Biden è stato detto di farsi da parte dai principali esponenti democratici: Pelosi, Schumer e il leader della minoranza della Camera Jeffries, in coordinamento con l’ex presidente Obama. Le fonti di Hersh affermano che Obama avrebbe minacciato che, se Biden non si fosse fatto da parte, Harris sarebbe stata pronta a ricorrere al 25° emendamento per rimuoverlo, sulla base della sua incapacità di svolgere le funzioni della presidenza.
Le dichiarazioni del candidato indipendente alla presidenza Robert F. Kennedy, Jr. (foto) a cui i leader del Partito Democratico impedirono di candidarsi contro Biden, hanno fatto eco all’analisi di Hersh. RFK, Jr. ha affermato che l’orchestrazione della rimozione di Biden e la consacrazione di Harris dimostrano il “dominio delle corporations”. La “nuova oligarchia di miliardari” ha scelto Harris, che Kennedy ha definito un “falco guerrafondaio”, per distogliere l’attenzione dai “grandi problemi”, tra cui “la fusione del potere delle corporations con quello dello stato… e la dipendenza dalle guerre all’estero”.
Benché dal giorno dell’incoronazione abbia parlato poco della guerra in Ucraina, come vicepresidente la Harris ne è stata finora un’entusiasta sostenitrice, come dimostrano le sue osservazioni alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 16 febbraio. Sostenendo che, se Trump fosse stato eletto, gli Stati Uniti si sarebbero chiusi nell’isolazionismo e nell’autoritarismo, ha difeso l’impegno degli Stati Uniti nel ruolo di unica potenza egemone e custode del cosiddetto “ordine basato sulle regole”. Recitando le battute dei guerrafondai di entrambi i partiti e della NATO, ha detto: “In questi tempi difficili, è chiaro che l’America non può ritirarsi. L’America deve difendere con forza la democrazia”. Dobbiamo “opporci a Putin in Europa e [avere] una forte presenza statunitense nella regione indo-pacifica”, abbracciando la richiesta dell’oligarchia transatlantica di una “NATO globale” per affrontare la Cina.
Ha ribadito questa posizione quest’estate, quando ha partecipato al vertice di pace organizzato da Zelensky in Svizzera. Per la gioia degli ucraini presenti, ha dichiarato che è nel “nostro interesse strategico” sostenere con forza l’Ucraina.
L’abbandono di Biden, allo scopo di perseguire più efficacemente l’agenda di guerra, è stato gradito da parte dei miliardari del complesso militare-industriale. A guidare la raccolta di contributi record per la campagna elettorale sono stati studi legali al servizio di Wall Street, magnati di Hollywood e manager di aziende tecnologiche. Tra questi, un gruppo di 500 venture capitalists, che hanno creato un comitato elettorale per Kamala, e imprese della Silicon Valley, come Google e Open AI, che fanno parte del complesso militare industriale.

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