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Basta deliri woke, lo “spirito del buonsenso” si è infiltrato nella redazione di Repubblica?

Tre indizi fanno una prova. Da qualche giorno Repubblica,  blasonato foglio anti-meloniano, sembra aver cambiato passo sul terreno insidioso del woke. Dopo paginate, servizi e dotti pezzi inneggianti al politicamente corretto, all’ideologia gender, allo schwa, arriva il ripensamento. In due giorni tre interviste contro gli abusi woke. Ieri un lungo colloquio dell’inviato a Parigi Giuliano Foschini con l’ex presidente della Federboxe, Franco Falcinelli, sul caso Carini. Si può leggere (e apprezzare?)  la crociata contro il Cio per l’ammissione dell’atleta algerina Khelif sul ring contro l’azzurra (solo per colpire Putin) e la difesa a oltranza del numero uno dell’Iba, la federazione russa, Umar Kremlev, definto ” un benefattore”.

Caso Carini e woke: Repubblica cambia idea

Falcinelli va giù dritto,  come è nel suo stile. E può permetterselo. È stato numero uno della Federboxe dal 2001 al 2012 e poi per dieci anni fino al 2022 alla guida dell’European Boxing Confederation di cui oggi è presidente onorario. Il mondo della boxe – dice Falcinelli –  non voleva assolutamente che la nostra pugile salisse sul ring. “Ha agito di istinto e ha sbagliato. Io l’ho detto cosa bisognava fare, “Walk over”. Carini non doveva nemmeno salire per combattere per manifesta inferiorità. E non perché fosse più debole ma perché le condizioni di quell’incontro erano inique: l’avversario aveva una prevalenza di mascolinità”. Le analisi effettuate dall’Iba “hanno dimostrato – continua – che  aveva cromosomi maschili e una condizione che non aveva nulla a che fare con lo sport femminile. Il Cio si è basato sui documenti di identità. Ma credo che in una situazione del genere non basti”. L’errore, spiega, è stato buttarla in politica. “Io credo che dietro la decisione di escludere l’Iba dalle federazioni, e addirittura la Russia da queste Olimpiadi, ci sia una valutazione errata che nulla ha a che fare con lo sport. Una valutazione degli Stati Uniti e dei paesi occidentali tutta politica per colpire Putin”. Le parole di Falcinelli non sorprendono, la notizia è l’attenzione che Repubblica dedica a una tesi, a dir poco politicamente scorretta.

L’intervista a Laura Sabbadini: il woke distrugge i valori

Oggi la conversione del quotidiano è ancora più evidente con l’intervista a Linda Laura Sabbadini, ex direttrice dell’Istal e chair del Forum 20 sulla parità di genere  (non certo una fan di  Meloni), che arriva dopo quella al filosofo statunitense Michael Walzer. Titolo del lungo colloquio con Sabbadini “Il woke distrugge i valori per cui è nato”. Il woke ha prestato attenzione alle ingiustizie sociali, connesse alle questioni di genere e di etnia. E questo è  positivo. Ma i metodi utilizzati sono  intolleranti, non democratici. Si parla di “estremismo woke” e di metodi “che travolgono i valori e inquinano il contenuto”. Il fallimento sta nel rinchiudere i valori in un recinto ideologico che sa di pensiero unico.

Torna il dogma terzomondista anti Occidente

“A volte – dice Sabbadini – riemerge, soprattutto in America, un atteggiamento dogmatico che un tempo si sarebbe detto terzomondista, permeato di odio nei confronti dell’Occidente” (che è la parte del mondo in cui si vive meglio, in cui si è più liberi).  I governi devono tutelare libertà e  democrazia ma lo stesso devono fare i movimenti, sottolinea la statistica. Che cita due esempi: il caso di J.K. Rowling e come viene attaccata dagli attivisti transgender; e la manifestazione del 25 novembre scorso contro la violenza sulle donne, indetta da Non Una Di Meno, con il silenzio sulle donne israeliane stuprate e uccise il 7 ottobre da Hamas.

Walzer: l’intolleranza ideologica della sinistra

Sull’invisibilità del linguaggio, poi, attacca la destra più estrema con i nomi al maschile, e la cultura  woke con lo schwa. “Ridicolo “l’approccio binario “bianco- oppressore”, “nero-oppresso”, visto che banalmente il bianco può essere povero e il nero straricco”. Niente male come ‘ripensamento” dalle parti di Repubblica. Walzer è ancora più intransigente contro la cultura woke.Vedo in questo fenomeno – dice il filosofo – il ritorno dell’illiberalismo dogmatico che è stato una piaga della sinistra nel passato. Criticavo allo stesso modo chi faceva l’apologia dello stalinismo o di certi dittatori del Terzo mondo. C’è sempre il rischio di intolleranza ideologica a sinistra”.

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