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Oro scontato nella boxe: stravince l’intersex Khelif. Adesso chiedete scusa ad Angela Carini

Era già tutto previsto (e deciso nel momento in cui si è accettata l’iscrizione dei pugili intersex): alle Olimpiadi di Parigi 2024 Imane Khelif vince la medaglia d’oro nella categoria 66 kg della boxe femminile.

La fa alla fine di un torneo dove non ha mai incontrato una pur minima opposizione alla sua soverchiante condizione fisica di pugile intersex: ha strapazzato nella finalissima anche la 32enne cinese Liu Yang, campionessa mondiale in carica. Lo ha fatto con tutte e quattro le sue avversarie: 4 vittorie con verdetto unanime, neanche un round perso sui 12 disputati complessivamente. Ma come si poteva immaginare un esito diverso? La Khelif, come ha ricordato il ct spagnolo Lozano, viene fatta allenare con gli uomini (ai quali tiene testa). Un concetto espresso da una leggenda della boxe come Franco Falcinelli, allenatore azzurro di Oliva, Parisi e Damiani che ha detto a Repubblica, che la pugile algerina l’ha vista in allenamento al centro tecnico di Assisi: “Khelif è un maschio”.

Oro a Khelif  (-66 kg) nella boxe femminile: era già tutto previsto

Nel corso della finale disputata sul ring allestito al centro dello stadio Philippe-Chatrier del Roland Garros, la pugile algerina iperandrogina ha battuto con verdetto unanime ai punti l’avversaria che ha vacillato in più di un’occasione sotto i colpi pesanti. Subito dopo il successo, Khelif ha festeggiato con una bandiera algerina. Si tratta del primo oro olimpico in assoluto per l’Algeria nella boxe, almeno in quella femminile. Alla luce di questa vittoria qualcuno dovrebbe chiedere scusa alla nostra Angela Carini, che si è fermata quasi subito, riconoscendo che la condizione fisica tra una pugile donna e una pugile con caratteristiche iperandrogine non poteva essere nè equa nè giusta. Dopo l’azzurra, che è finita nel mirino di una campagna di stampa e social vergognosa, tutte le altre avversarie di Khelif hanno perso nettamente. C’è chi ha protestato prima del match oppure chi ha protestato facendo il segno della doppia x, dai doppi cromosomi che indicano il sesso femminile distinguendolo da quello maschile, come l’ungherese Hamori.

Proteste che ci saranno inevitabilmente anche domani per l’altra finalista intersex, la taiwanese Lin Yu Ting, che domani per la categoria al limite dei 57 chili sarà contrapposta alla polacca Szeremeda: ultima vittima sacrificale di turno sull’altare delle Olimpiadi più ideologizzate della storia.

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