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Parchi solari in provincia di Venezia: agricoltori scettici

L’ultimo maxi progetto di fotovoltaico in provincia di Venezia, è appannaggio della Fondazione Querini Stampalia, che ha deciso di abbracciare la transizione energetica mediante la realizzazione di un impianto agrivoltaico da realizzare nella zona di Ca’Solaro, una delle ultime ancora vergini, dove ci sono spazi verdi e campi, su 18 ettari di terreni agricoli di proprietà della fondazione veneziana. A realizzarlo una multinazionale, Lightsource Bp, che sviluppa la tecnologia in questione.

A molti cittadini l’idea non piace, soprattutto perché il volto di un territorio ancora verde, nei prossimi anni sarà stravolto, basta contare a questo proposito il numero di gru che campeggiano tra Dese e Tessera. Sul tappeto una duplice lettura. Da una parte c’è chi sostiene che prima bisogna “occupare” capannoni inutilizzati e zone da recuperare, solo come estrema ratio viene il consumo di suolo, l’utilizzo di terreni vergini o “rubati” alle colture. Wilmer Pasut, è docente di Fisica tecnica e coordinatore del corso di laurea in Ingegneria ambientale per la transizione ecologica a Ca’ Foscari, un corso unico in Italia.

«Abbiamo degli obiettivi che dobbiamo rispettare se vogliamo andare verso la de-carbonizzazione», premette, «il che significa ridurre i consumi energetici da un lato, e basarsi su una fonte di energia rinnovabile. Per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030 abbiamo bisogno di 57 Gigawatt di potenza derivante da nuove installazioni fotovoltaiche».

Prosegue: «Se guardiamo lo storico, finora le installazioni sono state realizzate per la maggior parte sui tetti e solo in minor parte nel suolo. Se anche i prossimi venissero installati tutti a terra, useremmo un quantitativo di suolo che rappresenta una piccola percentuale del suolo coltivabile italiano corrispondente allo 0, 6% nel caso peggiore, quello in cui si installino tutti i pannelli a terra. Dai dati Istat sapiamo che c’è un 2% di suolo coltivabile non utilizzato, non parliamo di cifre che gravano sul comparto agricolo, certo è auspicabile che il suolo sia usato per produrre cibo e prima venga utilizzato lo spazio inutilizzato, tetti e capannoni. Ma ricordiamoci che abbiamo delle contingenze e dobbiamo guardare a tutte le soluzioni».

L’agrivoltaico? «Combina la parte alimentare e quella fotovoltaica, non è ottimale né per l’una né per l’altra, perché crea ombreggiamenti, ma potrebbero essere pensati, ad esempio, dei pascoli. Diciamo che è una situazione di compromesso che può essere utile». Chiude: «Ripeto, c’è la necessità di un cambiamento come mai prima e abbiamo la tecnologia che ci può aiutare ad applicare con senso il fotovoltaico. Bisogna scegliere dover realizzarlo, in luoghi paesaggisticamente corretti, ma si deve passare per un forte aumento delle energie rinnovabili». Sarebbe auspicabile – fa capire – riempire prima tutti i capannoni di Porto Marghera abbandonati – ma questi investimenti sono in capo a grosse utilities che vogliono realizzare utili importanti. E non spezzettare i pacchetti.

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«Non siamo contrari per principio», interviene Giovanni Pasquali direttore di Coldiretti Venezia, «per prima cosa bisogna distinguere se è area produttiva, già destinata ad attività extra agricole, o se invece sono aree agricole. Noi diciamo sempre che prima devono essere privilegiati tetti, capannoni, ex cave, stalle, tutti gli edifici che possono essere sfruttati. E spesso sono occasioni per risanare situazioni pericolose, vedi alla voce eternit. Siamo invece nettamente contrari al fotovoltaico a terra. Dobbiamo passare dalle parole ai fatti nel risparmio del territorio, che non è rinnovabile. Abbiamo visto con il Covid quanto è fondamentale, in periodi di crisi, garantire l’approvvigionamento. Il primo pensiero di uno Stato è garantire il cibo ai cittadini e se destiniamo le aree a questi impianti lo sottraiamo alle colture».

Ragiona: «L’agrivoltaico è una via di mezzo, si parla di impianti elevati da terra dove sotto c’è l’obbligo di realizzare soluzioni agricole, ma non deve diventare un escamotage. Se sotto gettiamo un po’ di erba per dire che coltiviamo qualcosa e intanto costruiamo fotovoltaico, non va bene». Chiude: «La maggior parte di questi impianti sono realizzati da multinazionali che sfruttano il nostro territorio e non pagano le tasse qui. Ecco perché abbiamo proposto alla Regione si faccia una norma che in caso di realizzazione di agrivoltaico, vada garantita la produzione lordo vendibile per ettaro degli ultimi tre anni, che deve essere mantenuta per tutta la durata dell’impianto. Pena l’invalidazione dell’impianto stesso».

Cave di Praello: è scontro aperto

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Un impianto fotovoltaico, con potenza nominale di 4.992 kilowatt picco, potrebbe sorgere presto in un’area limitrofa alle ex cave del Praello, nel territorio di Marcon. Il progetto, su un’area di 77 mila metri quadrati, è stato al centro di un lungo contenzioso giudiziario tra i proponenti privati e il Comune di Marcon (in foto, l’area). L’amministrazione guidata dal sindaco Matteo Romanello fin dall’inizio non ha condiviso l'impatto della scelta. La prima istanza fu presentata nel febbraio 2022 dalla società proprietaria dei terreni, la Magica Srl. Ma, al termine di varie interlocuzioni e integrazioni progettuali, si è giunti a un diniego dell’istanza, contro cui il privato ha presentato ricorso. La causa di fronte al Tar Veneto si è conclusa lo scorso giugno, con l’accoglimento del ricorso. I privati potranno dunque ripresentare l’istanza, facendo ripartire l’iter dell'impianto.

Pannelli posati all’ex jutificio

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La distesa di pannelli è già stata posata e anche in questi giorni gli operai sono al lavoro per completare l’impianto, la cui realizzazione è in fase avanzata. Un nuovo parco fotovoltaico sta sorgendo al confine tra San Donà e Noventa, nell’area che un tempo ospitava un importante jutificio (foto storica), da cui il nome della via in cui si sta costruendo l’impianto. L’istanza in Regione è stata presentata dalla società Chiron Energy Spv 12 srl. Il campo fotovoltaico coprirà un’area di circa 7, 6 ettari. L’impianto avrà potenza elettrica pari a 6. 949, 80 kWp e un totale di 12. 636 moduli fotovoltaici, suddivisi in due lotti denominati San Donà 1 e San Donà 2. Sempre nel Basso Piave sono state avviate a suo tempo le procedure autorizzative, in Regione e al ministero dell’Ambiente, per un impianto fotovoltaico da realizzare nell’area che avrebbe dovuto ospitare l’Agrivillage, progetto poi naufragato.

Oltre 90 ettari a Genagricola

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Oltre 90 ettari di terreno coinvolti, 91 mila moduli fotovoltaici distribuiti su 6 impianti, una potenza totale di 49.717,08 chilowatt, capace di servire 27.500 famiglie pari a 56 mila abitanti. Sono i numeri del maxi progetto per l’impianto fotovoltaico che Enel Green Power Solar Energy vuole realizzare a Caorle, nell’area di Ca’ Corniani, in un’area agricola di proprietà di Genagricola, a ridosso del Livenza (foto). Il progetto fa parte del piano degli interventi del Pnrr e, in questa fase, è sottoposto alla procedura di Valutazione di impatto ambientale nazionale (Via). Il Comune di Caorle si è già espresso bocciando l’intervento per la «significativa alterazione di un territorio ad elevato pregio paesaggistico». L’iter è ancora in fase di verifica amministrativa da parte del Ministero.

C’erano missili ora i pannelli

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Da base lanciamissili della Nato a grande impianto fotovoltaico. Il comune di Cavarzere ha deciso di riconvertire l’area militare (foto), che si trova in località Ca’ Pasqua, al confine con il comune di Chioggia, nella realizzazione di un impianto fotovoltaico, che ha già ricevuto le autorizzazioni necessarie e che in futuro potrebbe rappresentare una vera e propria fonte energetica per Cavarzere e per i territori limitrofi. In uno spazio di 43. 800 metri quadri, nei terreni dell’ex base Nato, verranno installati 15. 672 moduli o pannelli che potranno produrre fino a 9. 873 kw. Lavori che, per il momento, non sono ancora partiti, anche per la complessità del sito. Si tratta, infatti, di una base lanciamissili che, all’epoca della guerra fredda, negli anni ’80, si diceva contenesse, ma non è mai stato confermato, testate nucleari. Di sicuri si distinguono ancora le rampe di lancio.

Cantiere aperto all’ex base Nato

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Il fotovoltaico può essere un esempio concreto di come riutilizzare le area dismesse, strappandole al degrado. È la filosofia del progetto in corso di attuazione nell’ex base militare Nato (in foto) di Ceggia. L’iniziativa è della multinazionale francese Reden Solar, una delle società leader al mondo nel settore fotovoltaico. La posa dei pannelli è iniziata già diversi mesi fa. Presente in nove Paesi del mondo, Reden Solar è una società che si occupa di fotovoltaico su scala industriale. Nel mercato italiano è sbarcata nella metà del 2021 e ha già sviluppato progetti in otto regioni, con un’attenzione al fotovoltaico a scala industriale, ma soprattutto all’agrivoltaico, visto il legame della casa madre francese con l’agricoltura. Quello di Ceggia è invece un impianto fotovoltaico classico, ma un ottimo esempio pratico di riuso del territorio, tramite l’intervento su un’area dismessa.

Progetto Edison ok dei Comuni

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Stanno avanzando i lavori per il nuovo impianto agrivoltaico ricavato all’interno del campo incolto che si trova in località Levada (foto), poco distante dal Teson, a Concordia Sagittaria. È un terreno acquistato da Edison, che ha commissionato il progetto. A Concordia, dopo questa concessione, si discute molto anche di comunità energetica. Solo per una minima parte, dove c’è una vecchia cabina elettrica, il costruendo parco ricade nel territorio di Portogruaro, zona Noiari. Sono quasi ventisette ettari di parco fotovoltaico in procinto di sorgere tra Concordia e Portogruaro con il placet dei due sindaci, all’epoca Florio Favero per Portogruaro e Claudio Odorico per Concordia, riconfermato nelle scorse settimane. Il via libera del Ministero al maxi progetto arrivò tra 2021 e 2022. Il completamento dell’opera è atteso tra fine anno e l’inizio del 2025.

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