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I prof triestini Minca e Umek: «La Rotta balcanica non si è prosciugata. I confini più rigidi la rendono invisibile»

TRIESTE La Rotta balcanica si è prosciugata? I docenti Dragan Umek, geografo dell’Università di Trieste, e Claudio Minca geografo triestino dell’Università di Bologna lo escludono: «L’irrigidimento dei confini ha eventualmente portato ad aumentare l’invisibilità della Rotta», un percorso già difficilmente fotografabile con dati quantitativi per la sua stessa natura.

Per Umek i dati Frontex diffusi attorno a Ferragosto che indicano un -75% di rintracci lungo la Rotta «non sono facilmente commentabili perché non sappiamo come siano stati raccolti. Inoltre i numeri da soli non riescono a fotografare la complessità della rotta».

Certo, dal confronto con altri dati che esistono sul fenomeno è possibile riscontrare che effettivamente ci sia un calo, ma è difficile individuare a cosa esso sia dovuto esattamente. «L’Iom, l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni delle Nazioni Unite ad esempio raccoglie dati sulle registrazioni dei migranti nei campi dei Balcani occidentali. Nel 2022 erano state censite 192 mila presenze, oltre 160 mila nel 2023, a giugno 2024 invece il dato era sulle 24 mila presenze. Non sono numeri piccoli, ma indicano che esiste un certo declino, anche se non sono noti i dati che riguardano chi non si ferma nei campi», rileva Minca. «Una delle spiegazioni che noi ci diamo è che dal novembre 2023 sono stati chiusi tutti i campi nella Serbia del Nord – prosegue –. Dunque è difficile dire se questi numeri corrispondano a un relativo declino della rotta o a un cambiamento del sistema di accoglienza e di conseguenza anche dei migranti che entrano nelle statistiche».

Ma se si guarda ai dati raccolti a Trieste dalla rete delle associazioni che si occupano dei migranti in piazza della Libertà «sono abbastanza in linea con gli anni precedenti». «Si passa da 13 mila presenze nel ’22, 16 mila nel ’23 a oltre 6 mila fino a luglio di quest’anno. Corrisponde a una riduzione minima degli arrivi, di circa il 15%», afferma Minca. «Ovviamente – rimarca Umek – i dati si riferiscono sempre solo alle persone che vengono intercettate, per alcuni il passaggio è così veloce che non vengono mai censiti: passano solo un paio d’ore in piazza Libertà prima di prendere un treno». E un elemento che si sta riscontrando sul terreno, afferma, «è che i tempi di percorrenza lungo la Rotta si stiano riducendo».

I numeri appunto fanno fatica a raccontare la realtà della Rotta. Umek e Minca dunque la studiano grazie a dati qualitativi in un progetto di ricerca quinquennale finanziato con un “advanced grant” dall’Erc (European research council) – l’organismo della Commissione europea che premia progetti di ricerca di eccellenza. La ricerca, che ha vinto 2,5 milioni di euro di fondi, è coordinata da Minca, che guida un team di ricerca internazionale all’Università di Bologna. Prevede un intensivo e prolungato lavoro sul campo lungo tutti i Paesi attraversati dalla Rotta e si concluderà a ottobre 2027, con interviste ai migranti – oltre 40 condotte a Trieste – e osservazioni. Nel team ci sono «due ricercatrici che lavorano sulla Grecia – una sulle isole dell’Egeo, l’altra sulla terraferma –, una in Macedonia del Nord, due in Bosnia, e noi ci occupiamo di Trieste e della Serbia», prosegue Minca. «In realtà è dal 2016 che studiamo la Rotta».

Il progetto, intitolato “TheGame – Counter-mapping informal refugee mobilities along the Balkan Route”, vuole analizzare «l’esperienza della Rotta da parte dei migranti, il ruolo dei campi, ma anche la sua dimensione geografica e geopolitica», spiega Minca. La Rotta, infatti, «si trasforma continuamente, a volte per effetto di decisioni prese dai governi a volte per decisioni prese dall’Ue, a volte perché i migranti stessi in autonomia si inventano in continuazione nuove articolazioni». Ad esempio, «nel 2022 i confini della Croazia sono diventati molto porosi, e questo è corrisposto a un boom di arrivi a Trieste».

Dal loro osservatorio, l’inasprimento dei controlli e «la militarizzazione dei confini» hanno portato a far «sparire i migranti dagli spazi pubblici lungo quasi tutta la Rotta – forse ad eccezione di Trieste – ed anche a far venir progressivamente meno la possibilità di percorrere la rotta in autonomia, ora quasi tutti si affidano a qualcuno che li aiuti a continuare il loro viaggio in modo informale – rendendo la presenza dei migranti lungo la rotta invisibile, ma anche esponendoli a sempre maggiori rischi e a diverse forme di violenza».

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