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Attentato davanti all’ambasciata israeliana di Belgrado, ucciso un altro radicale islamico

BELGRADO Continua a tenere banco, in Serbia, il caso dell’attentato terroristico registrato a fine giugno davanti all’ambasciata israeliana a Belgrado. E a ragione. Lo conferma un’ampia operazione di polizia organizzata dalle autorità serbe, che ha portato alla “liquidazione” di un pericoloso ricercato, sospettato di essere coinvolto nell’azione contro la sede diplomatica di Tel Aviv nella capitale serba e di aver avuto stretti legami con l’attentatore, il serbo radicalizzato Salahudin Zujovic, ucciso durante l’azione.

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Si tratta di Senad Ramovic-Becan, cittadino serbo e radicale islamico wahabita già noto alle forze dell’ordine. Ramovic-Becan, che era ricercato da mesi, è stato individuato, con il supporto dei servizi di sicurezza, la Bia, durante il fine settimana nel villaggio di Hotkovo, non lontano da Novi Pazar.

Ma il wahabita, seppur circondato, invece di arrendersi ha deciso di opporre resistenza, fino alla fine.

Ramovic «non ha voluto arrendersi durante le operazioni di arresto», condotte da reparti delle forze speciali armate fino ai denti e «ha sparato tre, quattro raffiche» contro gli agenti, ha svelato il ministro degli Interni serbo, Ivica Dacic.

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Da lì l’escalation, che ha portato all’eliminazione del radicale islamico, senza che ci fossero feriti o vittime tra i poliziotti. Azione, ha confermato Dacic, che va letta nell’ambito di quelle «già condotte dopo l’attentato terroristico davanti l’ambasciata israeliana» a Belgrado.

E Ramovic sarebbe stato coinvolto nell’organizzazione dell’atto ed era latitante da allora, hanno spiegato le autorità serbe. L’uomo, a conferma della pericolosità dell’attentato, non era un volto sconosciuto per Belgrado, al contrario. Era infatti stato condannato, dopo un precedente arresto risalente al 2007, a ben 13 anni e mezzo per terrorismo e attività contro la Costituzione, assieme ad altri quattordici complici.

Erano tutti partecipi di un piano terroristico, ordito in particolare per eliminare Muamer Zukorlic, ai tempi mufti della Comunità islamica in Serbia, una figura di grande moderazione e aperta al dialogo, favorevole a un Islam secolare. Posizione che evidentemente non piaceva affatto a Ramovic e alla sua cricca.

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