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Tiziana D’Angelo, archeologa pavese a Paestum, dirige un Parco in pieno boom turistico

Paestum, esterno notte. All’ombra del tempio di Nettuno l’orchestra Ghislieri chiuderà, sabato 22 agosto, la rassegna Musica & Parole. Un pezzo di Pavia tra le rovine romane e greche. Una ragione c’è. Ed è una ragione del cuore.

A dirigere il Parco archeologico di Paestum e Velia, da tre anni, è una pavese, Tiziana D’Angelo, archeologa e cittadina del mondo che ha colto l’opportunità di tornare in Italia a lavorare dopo esperienze ad Harward e a Oxford. «Il concerto con i musicisti del Ghislieri è una bella occasione per poter parlare delle mie radici, della mia città, Pavia, in questo luogo che mi accoglie» dice Tiziana D’Angelo, un vulcano di parole e di idee riversate in tre anni di progetti.

Il 2023 è stato un anno record per Paestum.

«Abbiamo registrato mezzo milione di visitatori. Una crescita esponenziale rispetto al 2022. E anche il Parco di Velia, entrato nel circuito due anni fa e fino ad allora considerato un sito minore, è andatato bene».

Cosa è cambiato?

«Insieme ai lavori di restauro che sono stati condotti sul sito e al museo, è aumentata anche l’attività di promozione: una bella risposta delle scuole in primavera, grande affluenza del turismo balneare, aperture serali, interazione con il territorio e l’area naturalistica del Cilento».

Come raggiungete i visitatori?

«I social aiutano molto. Le fasce più giovani li maneggiano non solo per trovare le informazioni di base ma anche per stabilire un rapporto più stretto con il Parco. Ci seguono davvero. Noi realizziamo video in cui raccontiamo i progetti in corso».

I giovani sono aumentati?

«E’ un segmento complesso con cui comunicare, sopratutto quello dei ventenni, ma direi si. A Giffoni abbiamo presentato in anteprima un corto su una mostra allestita a Velia nel 2023. Con un duplice scopo: avvicinare i giovani e anche raccontare, attraverso i Media, una storia antica ma attuale».

Quale?

«Quella degli abitanti di Focea, nell’attuale Turchia, costretti a fuggire, nel 540 a.C., perché assediati dai Persiani. Dopo un lungo viaggio in nave, gli esuli arrivano nel mar Mediterraneo e si insediano sulla costa del Cilento. La città si chiama Hyele, dal nome di una sorgente, e poi Elea e Velia in età romana».

Profughi del passato.

«Si. Abbiamo proposto la loro storia attraverso quella di due giovani, fratello e sorella, perché ci fosse più identificazione. Ma è una storia universale. Riconoscere la diversità nel passato può essere un filtro per leggere il presente. Del resto Paestum era un meltin pot, fondata dagli etruschi, abitata da enotri, lucani, greci e romani. Multiculturalità e coesistenza sono due aspetti che l’archeologia ci testimonia. Non c’è stata stratificazione ma coesistenza».

Un consiglio ai neo-laureati.

«Ognuno ha il suo percorso. Consiglio sempre di guardarsi intorno, provare tutte le opportunità, magari anche un periodo all’estero per venire in contatto con realtà diverse. Però non sono esterofila a tutti i costi. Io sono stata fortunata, ho avuto un percorso lineare: liceo classico al Foscolo, laurea triennale in Antichità Classiche e Orientali a Pavia, alunna del collegio Ghislieri e dello Iuss, poi Gran Bretagna e Stati Uniti. L’altra cosa che ripeto è: “Mai avere paura”».

Lei ne ha avuta quando ha lasciato l’Italia?

«Ciò che più mi è stato utile, insieme al collegio, è proprio uscire dalla mia comfort zone. Andare a provare altro senza paura e cercare di dimostrare quanto si vale. Molti studenti temono di buttare via un anno se la cosa non funziona. Ma non è mai un anno perso. E’ esperienza». —

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