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Veliero affondato, recuperato il corpo della figlia di Lynch. 16 minuti d’inferno e nessuna via di fuga: i misteri del naufragio

Mancava solo lei al drammatico appello: Hannah Lynch, figlia minore del magnate britannico Mike Lynch – il cui corpo è stato ritrovato ieri mattina –. E oggi i sommozzatori dei Vigili del fuoco lo hanno invidiato all’interno dello scafo del veliero affondato a 50 metri di profondità. La ragazza è rimasta intrappolata, come le altre vittime, dentro una delle cabine e da quel momento sono cominciate le operazioni di recupero appena terminate.

Complessivamente sono stati recuperati sei corpi, tra cui quello del cuoco di bordo Ricardo Thomas, il primo ad essere ritrovato lunedì. Poi, uno dopo l’altro, gli speleosub dei Vigili del fuoco hanno recuperato altri cinque corpi, ritrovati fuori dalle cabine, in una zona della nave che si è allagata per ultima poco prima di inabissarsi. Segno dello strenuo tentativo di cercare una via di fuga dal veliero. Adesso, non senza difficoltà, si cerca di riportare in superficie le spoglie dell’ultima dispersa.

Veliero affondato, ritrovato il corpo di Hannah Lynch: era all’interno dello scafo

Dunque, dopo cinque giorni di strenue ricerche, oggi (23 agosto ndr) la tragica conta dei recuperi si aggiorna al rinvenimento del corpo senza vita dell’ultima dispersa del naufragio del veliero britannico Bayesian, la 18enne Hannah Lynch, figlia del magnate Mike Lynch che aveva organizzato la vacanza in barca. Le ricerche, andate avanti senza sosta, sono state «molto complesse», continuano a ripetere i Vigili del fuoco che in questi giorni hanno riportato a riva il corpo del padre della ragazza e quelli del presidente di Morgan Stanley International, Jonathan Bloomer, di sua moglie Judith, del legale di Lynch, Chris Morvillo e della moglie Nada, designer di gioielli. Oltre al cuoco di bordo,Thomas, ritrovato il primo giorno.

Le ricerche andate avanti senza sosta

Le ricerche sono state sospese ieri al tramonto per riprendere questa mattina con i sommozzatori tornati sul fondale a 50 metri di profondità dove si trova lo scafo, adagiato sul fianco destro. Per contribuire alle operazioni di ricerca e recupero dei dispersi sono arrivati a Porticello anche i palombari della Marina militare. Come apprende l’Adnkronos, i palombari, partiti da Augusta (Siracusa), sono arrivati per fare assistenza. Insieme ai Sommozzatori, fanno parte del Gruppo Operativo Subacquei (GOS), una forza specialistica della Marina deputata alla conduzione di operazioni subacquee complesse.

Il lavoro degli inquirenti: si punta sulla catena di errori umani

Intanto i magistrati della Procura di Termini Imerese (Palermo), che indagano sul naufragio del veliero Bayesian sono al lavoro sulle immagini dello scafo a 50 metri di profondità. I magistrati, che coordinano la Guardia costiera, stanno cercando di capire cosa ha provocato l’affondamento del lussuoso yacht, lungo 56 metri, e considerato un “gioiello” della marineria. Investigatori al lavoro su una eventuale catena di errori umani che sarebbero stati fatti durante i 16 minuti dal momento in cui la barca ha “scarrocciato” fino all’affondamento.

Le autopsie sui corpi recuperati

Nel frattempo, tra oggi e domani saranno disposte le autopsie sui 6 corpi ritrovati finora. Sì, perché tra rilievi, risconti, ipotesi e dubbi, per esaminare l’imbarcazione e la scatola nera dalle quali si attendono elementi decisivi, l’attenzione degli investigatori si concentra sulle cause del naufragio avvenuto all’alba di lunedì in seguito a una tromba d’aria. E si fa sempre più strada l’ipotesi di una catena di errori alla base dell’incidente. Si indaga per naufragio, disastro, omicidio plurimo e lesioni.

Veliero affondato: il punto sulle indagini

Sull’inchiesta, e le indagini della Capitaneria di porto coordinate dal procuratore Ambrogio Cartosio, come noto vige il massimo riserbo: in calendario, al momento, solo una conferenza stampa fissata per sabato. L’ipotesi su cui si stanno concentrando gli inquirenti sarebbe appunto quella di una presunta catena di errori umani che avrebbe provocato l’affondamento dello yacht. La deriva mobile, parzialmente alzata, potrebbe avere avuto un ruolo determinante nella minore stabilità dello scafo, insieme ad alcuni portelloni aperti che avrebbero imbarcato una grande massa d’acqua in poco tempo favorendo il rapido inabissamento del veliero.

I video sull’inabissamento repentino dell’imbarcazione

Non solo: perché anche i motori spenti e il mancato funzionamento del sistema che in questi casi dovrebbe sigillare i boccaporti e gli accessi all’interno. Il vulnus però su cui si concentra in questa fase l’attenzione degli inquirenti al lavoro sul caso riguarda il fatto su come sia stato possibile che un’imbarcazione di 56 metri, dotata di tutte le più sofisticate tecnologie e apparecchiature radar, sia potuta colare a picco in pochi minuti. Un inabissamento repentino che i video acquisiti fin qui dalle ville e da un circolo velico della zona, testimoniano tragicamente.

Le polizze assicurative dei superstiti

Intanto, mentre si attendono le prime iscrizioni nel registro degli indagati, i 15 superstiti hanno scelto di farsi seguire nella vicenda giudiziaria da una importante compagnia legale inglese che dovrebbe curare anche i delicati aspetti legati ai risarcimenti assicurativi.

I tanti misteri che aleggiano sul veliero affondato

Ma se dinamica e tempistica dell’affondamento sembrano ormai chiarite, sono ancora molti i punti oscuri che aleggiano attorno a questa tragica vicenda. Il primo: quello relativo alle condizioni metereologiche: c’è stata davvero una tromba marina, come descritto dai superstiti, oppure si è trattato di un evento metereologico eccezionale? Di sicuro il vento soffiava forte: «a 80 nodi – riferisce tra gli altri Il Giornale sul punto – vale a dire a una velocità di circa 150 chilometri orari». Pertanto potrebbero essere associati forti raffiche di vento e un violento temporale il cui combinato disposto avrebbe generato la tragedia. Ma non si piò escludere neppure l’eventualità di un piccolo tornado…

L’evento metereologico

Ma in entrambe i casi, possibile che nessuno sapesse o sia accorto della tempesta che incombeva in quel frangente? E del resto è proprio a questo interrogativo che si collega l’ipotesi di una catena di errori umani da cui conseguono altre domande in attesa di risposta. Che ordini ha dato il comandante? Se c’era, chi era di guardia sulla plancia? E ancora: i passeggeri sono stati avvisati del pericolo, come prevedono le norme del codice di navigazione?

La quantità d’acqua imbarcata

Infine c’è la questione della quantità d’acqua che ha invaso l’imbarcazione. Come è stato possibile che si allagasse in un arco di tempo così breve? Dai primi rilievi e accertamenti, gli spelosub che hanno analizzato il veliero non avrebbero trovato squarci nello scafo, dunque? Ma poi c’è la questione ancora da approfondire della deriva mobile – che sembra fosse sollevata – e l’ipotesi del portellone sottovento che potrebbe essere rimasto aperto. Sembra, potrebbe, chissà: tutti interrogativi aperti che dovranno avere risposte. E l’unica certezza è quella di una tragedia sconvolgente e ancora oscura…

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