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Ditta svaligiata dai ladri e contabilità nel fosso: ma nessuno sconto per le imposte non pagate

Giustifica il mancato pagamento di una parte delle imposte con il furto dei documenti aziendali, che per di più i ladri hanno gettato in acqua dopo il furto, rendendoli illeggibili al momento del loro ritrovamento. Ma la versione dell’imprenditore secondo i giudici “fa acqua”, così come la documentazione che era stata ritrovata inzuppata in un fossato, poche ore dopo la sparizione e negli stessi giorni in cui gli era arrivato “l'invito tributario”. Gli accertamenti della Guardia di Finanza, infatti, hanno stabilito che sarebbe stato proprio lui a fare sparire la contabilità.

La Battaglia Legale dell'Imprenditore contro l'Agenzia delle Entrate

È durata oltre un decennio la battaglia legale di un imprenditore 62enne del Coneglianese contro l'Agenzia delle Entrate. Era il 2013 quando un accertamento fiscale relativo all'anno d'imposta 2008 stabilì che la ditta, che produceva pannelli in legno, aveva fatturato 150.633 euro con una produzione netta di 59.932 euro con conseguente applicazione di Irpef, Iva, Irap, addizionali, sanzioni ed interessi. La sentenza definitiva è stata ora emessa dalla Cassazione. Gli Ermellini hanno rigettato il ricorso e l'imprenditore dovrà pagare il suo debito con l'erario.

La Sentenza della Cassazione

In primo grado il ricorso era stato rigettato per un difetto nel mandato della difesa, in secondo grado è stato respinto nel merito. Anche la Cassazione ha stabilito che il 62enne dovrà pagare le tasse evase. La documentazione contabile, come scrivono i giudici, era stata «oggetto di un furto denunciato dal contribuente il giorno stesso della notifica dell’invito tributario, il 01/03/2011, e le carte furono ritrovate nello stesso giorno in un fosso, inzuppate di acqua». Una coincidenza sospetta. La Guardia di Finanza aveva eseguito gli accertamenti e l'imprenditore era successivamente stato denunciato per occultamento o distruzione di documenti contabili al fine di evadere le imposte sui redditi. Per quel reato in sede penale aveva richiesto e ottenuto il patteggiamento della pena.

Conclusioni della Corte Suprema

La vicenda tributaria è invece proseguita fino alla sentenza della Cassazione. «Non sussiste alcun elemento per la decisione del quale la Corte territoriale regionale abbia omesso la valutazione, ovvero secondo il ricorrente la circostanza che le scritture contabili erano a disposizione per i dovuti controlli, perché il contribuente non ha messo a disposizione della Guardia di Finanza idonea documentazione contabile – scrive la Corte Suprema -. A tale conclusione la sentenza impugnata, che va esente da censure anche sotto questo profilo, è giunta in ragione del processo verbale di constatazione, non specificamente e tempestivamente contestato dal contribuente sul punto». L'imprenditore dovrà perciò inoltre pagare le spese del procedimento, stabilite in 4 mila euro.

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