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La Lingua blu si diffonde, casi pure a Settimo Vittone

Settimo Vittone

Non è interessata solo la Valchiusella, area da cui è partito l’allarme, dalla malattia infettiva della lingua blu che colpisce gli allevamenti ovini, caprini e bovini, con conseguenze quasi sempre mortali sulle pecore che uccide nell’80% dei casi. In queste ore emergono nuovi casi in Canavese segnalati dalla fascia eporediese attorno a Settimo Vittone, e focolai anche nel Chivassese.

Corre veloce la Febbre catarrale degli ovini o Blue tongue, come si chiama la malattia infettiva non contagiosa (inoffensiva per l’uomo) nota in gergo come “lingua blu” dalle cianosi localizzate che si osservano negli esemplari più gravi. È evidente che ad essere a rischio sia di fatto la zootecnia che si pratica sulle colline del Canavese, fino a 1200-1300 metri di quota a causa delle condizioni climatiche particolarmente torride, un po’ come sta accadendo in Val di Susa.

L’estate mai tanto calda e umida come quest’anno crea l’habitat ideale al proliferare del moscerino responsabile della diffusione del virus. Attorno a Ferragosto la Regione è corsa ai ripari allertando i Servizi veterinari delle Asl, e registrando nove casi accertati in altre zone del Torinese e dell’Astigiano. Mentre giovedì scorso, all’Asl/To4 di casi accertati ne risultavano già 15. «Abbiamo riscontrato questo serio problema su tutta la zona pedemontana – osserva il presidente Coldiretti Torino Bruno Mecca Cici –. E abbiamo chiesto un incontro in Regione affinché ci dia una mano innanzitutto a recuperare il vaccino, perché comunque siamo di fronte a un ceppo particolare che in Italia non c'era: arriva dalla Francia».

La vaccinazione dei capi è su base volontaria ed è pure cara, costando dai 7 agli 8 euro a capo. Il che non incentiva gli allevatori ad attivare le procedure, ma questo vuole dire non porre un limite ai contagi. La prevenzione ai fini del contenimento è almeno un basilare punto di partenza. Da Confagricoltura Torino insiste su questo aspetto il vice direttore Gabriele Busso: «Bisogna che gli allevatori tengano gli animali al chiuso, quindi evitare se possibile il pascolamento, anche se non hanno capi sospetti, e puliscano gli allevamenti con estrema cura: sono misure essenziali che tengono conto del fatto che la trasmissione viene veicolata da un moscerino, quindi risulta poco controllabile».

Se non ci sono sintomi, «30 giorni dopo la vaccinazione, da chiedersi ai veterinari abilitati, è possibile la commercializzazione di carne e di prodotti derivati, se invece l’allevamento presenta sintomi vanno fatti decorrere 60 giorni. L’importante è che tra i consumatori non si crei la psicosi, che non ha assolutamente senso». Che per il consumatore non sussistano siano pericoli diretti o indiretti dati dal consumo di carne e derivati del latte lo ha chiarito a caratteri cubitali anche l’Asl/To4 dando la parola al Servizio veterinario Area A Sanità animale.

«La Bluetongue non è trasmissibile all’uomo e non comporta alcun problema di sicurezza degli alimenti. La profilassi consiste nel trattamento di tutti gli animali dell’allevamento con prodotti insettorepellenti. È poi necessaria l’igiene delle strutture a cui deve seguire l’utilizzo di prodotti insetticidi e il mantenimento degli animali all’interno di strutture chiuse affinché siano meno esposti alle punture degli insetti. Al momento è prevista la vaccinazione, su base volontaria, di tutti i capi delle specie sensibili, limitatamente alle aziende sede di focolaio e limitrofe».

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