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La Cassazione reintegra un operaio licenziato per avere insultato la ex: “L’ingiuria non è reato”

Farà probabilmente discutere la sentenza della Corte di Cassazione, sezione civile (ordinanza n. 23029/2024) con la quale si stabilisce che non sempre insultare un collega (nella fattispecie una ex fidanzata) costituisce motivo di licenziamento per giusta causa. L’ennesima decisione degli ermellini che si candida ad aprire un dibattito (dopo le ultime in materia penale).

Il caso discusso in Cassazione

Tutto nasce dal caso di un operaio dell’Alfa Romeo di Cassino. L’uomo aveva avuto una relazione con una collega, ma la storia era poi terminata. La donna si era poi fidanzata con un altro e il fatto aveva mandato su tutte le furie il suo ex, che dopo averle fatto degli iniziali complimenti l’aveva poi insultata.

Quelle ingiurie, per contratto, rappresentavano motivo di licenziamento così i responsabili delle risorse umane dello stabilimento Stellantis avevano applicato alla lettera la fine del rapporto di lavoro per giusta causa. L’operaio si è però rivolto a dei legali per impugnare il licenziamento. Il giudice del lavoro di primo grado e il giudice d’appello gli hanno dato torto. La Cassazione, infine, ha ribaltato le sentenze.

“L’ingiuria non può essere motivo di licenziamento”

Per gli ermellini la questione va ridimensionata: l’operaio ha certamente messo in atto una scenata fuori luogo, criticabile sotto il profilo umano e sanzionabile sotto quello professionale. La condotta dell’operaio ha certamente rilievo disciplinare, ma non va a ledere il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. Il licenziamento, dunque, è stato eccessivo: l’azienda avrebbe dovuto mettere in atto sanzioni di minore entità e poi proseguire il rapporto di lavoro.

Le ingiurie del lavoratore nei confronti della collega non rappresentano un delitto dal momento che il reato di ingiuria è stato depenalizzato: l’articolo 594 del codice penale è stato abrogato dal decreto legislativo n.7 del 15 gennaio 2016.

Reintegrato con sei anni di arretrati

I giudici hanno accolto la tesi dei difensori dell’operaio cassinate. A distanza di sei anni il lavoratore dovrà essere reintegrato e dovranno essergli pagate tutte le retribuzioni non percepite. Una bella somma.

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