L’amico del finanziere morto sul Carso a Trieste: «Mauro era a terra: ho provato a salvarlo, ma era già incosciente»
TRIESTE. «L’ho trovato accasciato per terra, a faccia in giù... ho provato in tutti i modi a salvarlo». Parla con un filo di voce, Bernardo Miccolis, l’amico e collega del triestino Mauro Pausich, il finanziere di cinquantotto anni deceduto domenica mattina mentre faceva jogging lungo il sentiero “Ressel” di Basovizza. Erano le 7 di mattina, Pausich è stato stroncato da un malore. Si pensa a un infarto.
Miccolis è ancora molto scosso, fa fatica ritornare con il pensiero a quei momenti. «Ho praticato il massaggio cardiaco, anche se non sono molto esperto. L’ho fatto come mi veniva, ma non avevo il cellulare con me per chiamare i soccorsi e neppure Mauro lo aveva con sé... poi è arrivata una coppia di giovani, hanno telefonato loro».
Sono circa le 7, dunque. Sul “Ressel”, a Basovizza, non fa particolarmente caldo, vista l’ora, e Pausich fino a quel momento non dà alcun segnale di malessere. «Mi pareva stesse bene – ripercorre il collega, cinquantaquattro anni, anche lui finanziere – avevamo percorso il sentiero un po’ corricchiando, un po’ camminando... senza particolare sforzo. Siamo stati insieme per il novanta per cento del tragitto».
Negli ultimi quattrocento metri Miccolis propone di allungare il passo per affrontare l’ultimo pezzo di strada più velocemente. Nulla di strano, quando si va a fare jogging in compagnia. «Mauro mi ha risposto che per lui andava bene – ricorda il collega – io forse avevo un passo un po’ più fresco e sono andato avanti. Quando si va a correre insieme capita di fare così».
Il collega arriva in fondo al sentiero e attende l’amico. «L’ho aspettato, ma dopo quattro o cinque minuti ho iniziato a preoccuparmi. Quindi sono ritornato indietro e l’ho chiamato a voce alta... poi sempre più forte». Ma niente, nessuna risposta. Miccolis si rende conto che c’è qualcosa che non va. Si mette a correre, supera un paio di curve del sentiero e a un certo punto nota l’amico per terra, a bordo del sentiero. «Era riverso a faccia in giù. Ho preso paura. Non era cosciente... mi sono buttato su di lui e ho fatto il massaggio cardiaco – spiega – ho dato il massimo. Non sono sicuramente esperto, ma ho fatto del mio meglio... tutto quello che ho potuto».
Entrambi, lui e Pausich, come detto sono senza telefono. Impossibile allertare i soccorsi. Dopo circa dieci o quindici minuti sopraggiunge una giovane coppia. «Hanno chiamato loro il 112», precisa Miccolis. «Il ragazzo si è fermato per aiutarmi con il massaggio, mentre la ragazza si è recata all’inizio del sentiero per dare indicazioni all’ambulanza. Io e quel giovane ci siamo alternati, ma anche lui non era molto pratico». Il fattore tempo, si sa, in questi casi è determinante. «Dalla mia attesa a quando ho trovato Mauro per terra e ho tentato di salvarlo – osserva – credo siano trascorsi circa otto o dieci minuti, purtroppo un tempo enorme. Poi da solo ho fatto circa un quarto d’ora di massaggio cardiaco e con il ragazzo abbiamo proseguito per almeno altri venti o venticinque minuti».
Il 118, vista la zona boschiva, ci mette un po’ a raggiungere il punto esatto. «I sanitari hanno fatto di tutto... un’altra mezz’ora di massaggio cardiaco, hanno usato il defibrillatore e hanno fatto un’iniezione di adrenalina lì sul posto. A un certo punto non so cosa sia successo, non ho guardato... ero sconvolto».
Ma cosa può essere accaduto al cinquantottenne Pausich? «Non faceva chissà che caldo e non eravamo sotto sforzo – rilfette Miccolis – io credo abbia avuto un infarto fulminante. Anche in Pronto soccorso ci è stato detto che i medici non riuscivano o a capire la causa».