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Informazioni militari e scambi istituzionali, Mosca accusa la Nato: “Vuole i codici di Telegram”. Media: “La Difesa ordina di eliminare le chat”

Dati personali. Comunicazioni militari sul fronte ucraino. Scambi di documenti tra istituzioni. Ai vertici delle istituzioni russe c’è il timore che Pavel Durov possa consegnare alla Francia, quindi a Stati Uniti e Nato, materiali sensibili presenti sui server di Telegram, al punto sul tema che il Cremlino ha ritenuto opportuno schierare due pesi massimi. “Durov è stato chiaramente fermato su consiglio di qualcuno e viene minacciato di una terribile punizione, apparentemente nella speranza di ottenere l’accesso ai codici di crittografia“, ha detto il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Ma, ha sibilato il capo dei servizi d’intelligence per l’estero Serghei Naryshkin, “mi aspetto che non lo farà“.

I timori di Mosca li ha fotografati ieri Margherita Simonyan in un tweet: “Qual è la questione principale nella storia di Durov? Che tutti coloro che sono abituati a utilizzare il social per conversazioni/corrispondenza sensibili dovrebbero eliminare subito queste chat e non farlo più. Perché lo hanno arrestato per prendere le chiavi. E lui le consegnerà”. Firmato da un utente qualsiasi, il post si sarebbe perso nel mare magno di X. L’invito, invece, è della caporedattrice di Russia Today, voce ufficiale della propaganda russa in Occidente, fino al suo oscuramento nel 2022 dopo l’invasione dell’Ucraina. Ma il problema è sottolineato anche dai media di opposizione.

“Durov potrebbe consegnare qualcosa all’Occidente?”, è la domanda posta da Meduza.ru – sito di notizie e inchieste con sede a Riga, in Lettonia – a una sua fonte interna al Cremlino. “Sì, potrebbe – la risposta -, non è fatto di pietra. Lo abbiamo messo sotto pressione riguardo a VKontakte: ha mollato abbastanza rapidamente”. Il riferimento è alla vicenda della piattaforma da lui fondata nel 2006 che in poco tempo in Russia aveva superato Facebook per numero di utenti: nel 2014 Durov si rifiutò di chiudere i gruppi legati all’opposizione e consegnare al governo i dati personali ai servizi di sicurezza dell’Fsb, poi lasciò il Paese.

Ad “alto livello Telegram non è stato utilizzato per molto tempo come mezzo affidabile o in modo super confidenziale”, ha detto a Meduza un ex funzionario federale. Due strateghi politici che lavorano con le autorità regionali e due funzionari regionali hanno spiegato invece che la app viene usata regolarmente, anche per comunicare con i dipendenti dell’amministrazione presidenziale. “Certo, nessuno invia su Telegram documenti ufficiali importanti – ha spiegato uno di loro – ma alcune discussioni per delineare le strategie delle campagne elettorali sì. Ora probabilmente lo faranno di meno. Finora lo usano tutti“.

Sullo stesso Telegram dove ha 1,5 milioni di iscritti, Baza – sito che pubblica informazioni provenienti da fonti dei servizi di sicurezza e delle forze dell’ordine spesso citato dall’agenzia Reuters – nelle scorse ore ha riferito che “i funzionari russi hanno ricevuto l’ordine di eliminare la corrispondenza ufficiale su Telegram. Secondo nostre fonti, l’istruzione è arrivata ai dipendenti di numerose forze dell’ordine, nonché ai funzionari dell’amministrazione presidenziale e del governo. Inoltre tali istruzioni sarebbero state impartite ai più alti ranghi del Ministero della Difesa russo e ad alcuni grandi uomini d’affari. Altri funzionari intervistati da Baza hanno affermato di non aver ricevuto istruzioni per cancellare la corrispondenza. Tuttavia, si aspettano istruzioni simili dai loro superiori tra lunedì e martedì”.

Il problema riguarda anche le comunicazioni di guerra, perché Telegram è usato anche dai soldati in Ucraina. “I blogger militari – scrive nell’analisi pubblicata ieri l’Institute for the study of war – hanno posto l’accento sul modo in cui i soldati facciano affidamento su canali di comunicazione ad hoc, tra cui Telegram, per organizzare le operazioni” al posto dei “sistemi ufficiali eccessivamente centralizzati”. Per ora l’istituto “non ha osservato alcuna prova diretta che indichi che l’arresto di Durov influenzerà l’operatività di Telegram nel breve termine”, ma “l’improvvisa incertezza sulle sua capacità operative in Russia (…) potrebbe avere un impatto sulle operazioni in prima linea”.

Ora “gli utenti militari russi di Telegram potrebbero iniziare a migrare” e ad averlo già fatto, secondo il think tank, è la propaganda: alcuni “milblogger hanno pubblicizzato pagine appena create o già esistenti sul sito di social media controllato dal Cremlino Vkontakte (VK) come metodo alternativo per accedere ai loro resoconti di guerra se Telegram dovesse improvvisamente smettere di funzionare o se Roskomnadzor (l’agenzia federale che controlla i mass media, ndr) dovesse improvvisamente bloccare Telegram”.

C’è poi il problema dei dati personali degli utenti. “Il fatto che il responsabile della piattaforma sia stato arrestato – ha spiegato alla radio russa Bfm.ru Luka Safonov, esperto di sicurezza informatica – non significa che i codici debbano cadere in terze mani. Durov non li ha portati con sé nella valigia. E alla guida di Telegram, Pavel, per quanto ne so, svolge un ruolo più operativo che quello di sviluppatore”. “Telegram è gestito da un team, ha avvocati – ha detto all’emittente allineata con il regime Oleg Kapranov, editorialista IT della Rossiyskaya Gazeta -. Pertanto, non si può dire che ora senza Durov la piattaforma crollerà. C’è uno staff che fornisce supporto e sviluppo. Non penso che l’arresto influirà sugli utenti comuni nel breve e nel medio termine”.

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