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L’appello dell’ordine dei medici al governo: “In manovra servono 10 miliardi per salvare il Servizio sanitario nazionale”

Dieci miliardi di euro in legge di Bilancio da investire sui professionisti della salute. A chiederlo è il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, secondo cui è l’unico modo per salvare il Servizio sanitario nazionale. A due giorni dal vertice di maggioranza che vedrà la presidente del Consiglio Giorgia Meloni confrontarsi con i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani anche sulla prossima manovra, Anelli accoglie l’impegno preso a fine luglio dal ministro Orazio Schillaci a prevedere risorse dedicate alla valorizzazione del personale e rilancia.

“La posta in gioco è alta ed è la sopravvivenza del nostro Servizio sanitario nazionale”, spiega Anelli. “E a dirlo non siamo solo noi, ma i cittadini. Secondo l’ultimo Rapporto Censis-Fnomceo, presentato il mese scorso, otto italiani su dieci ne sono convinti: se in questi anni, nonostante i tagli e attraversando la più grande emergenza sanitaria dalla sua fondazione, il Servizio sanitario ha retto, lo si deve all’impegno straordinario dei medici e degli altri professionisti. Che lo hanno puntellato con sforzo individuale, in condizioni difficili e senza un ritorno economico adeguato”.

“Per l’87,2% dei cittadini – ricorda Anelli – è quindi prioritario migliorare le condizioni di lavoro e le retribuzioni dei medici, proprio perché li considerano la risorsa più importante della sanità. Per il 92,5% occorre assumere subito medici e infermieri nel Servizio sanitario, anche per dare un taglio rapido alle liste di attesa, mentre l’84,5% è convinto che avere troppi medici con contratti temporanei indebolisce la sanità. Numeri, questi, che fanno il paio con un recente sondaggio condotto dall’Istituto Piepoli: per il 90% dei cittadini, la sanità deve essere una priorità del governo nella Finanziaria. Per il 37%, merita addirittura il primo posto”.

Invece, a fronte di un balzo della spesa per lavoro a tempo determinato che è quasi raddoppiata in dieci anni (+93,4% dal 2012 al 2022), nello stesso lasso di tempo le risorse destinate al personale permanente sono aumentate solo del 6,4%. Con il risultato che le retribuzioni dei medici sono in picchiata: sempre dal 2012 al 2022, in termini reali sono addirittura diminuite, del 6,1%. E sono sempre più lontane, in valore assoluto, da quelle dei colleghi europei. Questo, insieme alle condizioni di lavoro, aggravate dagli episodi di violenza, dai carichi insostenibili, dalla burocrazia, dalle denunce ingiuste, porta sempre più medici ad abbandonare il Servizio sanitario nazionale, verso il privato e verso l’estero, secondo la Fnomceo.

“Dobbiamo rendere attrattivo il nostro Ssn – esorta Anelli – per arginare questa fuga, questo stillicidio che, al ritmo di dieci medici al giorno, risulta alla fine in una dimissione in massa. Dobbiamo fermare questa emorragia o il risultato sarà la morte per consunzione del Ssn, svuotato della sua linfa vitale, i suoi professionisti. E i cittadini rimarranno senza cure”. “Già oggi – sottolinea Anelli – chi può si rivolge alle assicurazioni, al privato. Chi non ha mezzi, rinuncia a curarsi. Sono 4 milioni e mezzo, secondo gli ultimi dati Istat, i cittadini che rinunciano alle cure: l’equivalente degli abitanti dell’Emilia-Romagna. Se non agiamo subito, a breve diventeranno oltre il doppio, tanti quanti i dieci milioni che popolano la Lombardia”.

“Siamo sicuri che non sia questa la volontà del Governo – conclude Anelli – che, sin dall’inizio, ha manifestato il suo impegno a investire in sanità. Ora è il tempo di giocare la partita sul campo, trovando le risorse per il nostro Ssn e per i suoi professionisti. È il momento di rendere di nuovo attrattivo il lavoro ad altissima utilità sociale all’interno della sanità universalista, per la quale gli italiani continuano a nutrire un amore indefettibile: quasi il 92% considera la sanità per tutti quale motivo di orgoglio per il Paese e distintività a livello internazionale. Anche per questo, l’83,6% dichiara esplicitamente che, dopo l’esperienza traumatica del Covid, si aspettava molte più risorse e un impegno più intenso per potenziare la sanità. Ora è il momento giusto per dar seguito a quelle aspettative e a quelle richieste”.

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