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Cosa sappiamo sull’omicidio di Fabio Rovasio. La compagna, i complici, l’auto e il patrimonio da incassare

L’omicidio di Fabio Ravasio, il 53enne travolto da un’auto pirata mentre tornava a casa da un giro in bicicletta, a Pirabago, è il frutto di un piano omicida ideato dalla compagna, Adilma Pereira, e portato avanti per tre mesi, con complotti e complici assoldati o convinti con la promessa di una ricompensa in denaro secondo l’ipotesi della procura di Busto Arsizio. Il movente, secondo gli inquirenti che ha raccolto anche lacune confessioni, è chiaro: la donna voleva accedere ai risparmi del marito, circa 3 milioni di euro. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire l’ampio puzzle della vicenda, ma cosa sappiamo fino ad ora sulla morte di Ravasio?

L’OMICIDIO – L’omicidio è avvenuto lo scorso 9 agosto, attorno alle 19.50, in via Vela. Ravasio era uno sportivo noto nella zona e quella sera era di rientro da un giro in bicicletta. L’uomo è stato investito frontalmente da una macchina che circolava nel senso opposto di marcia. Secondo le prime indicazioni, fornite da alcuni testimoni oculari alla compagnai di Legnano, il veicolo responsabile, un’auto di colore nero, dopo aver travolto l’uomo, aveva urtato il guard rail riportando alcune ammaccature alla carrozzeria e si era allontanata velocemente senza prestare soccorso. Dai video delle telecamere di sicurezza, gli inquirenti avevano notato che la targa del veicolo era contraffatta e, tramite delle ricerche sulle targhe associabili alla macchina, avevano scoperto che una vettura simile era intestata ad una persona che conosceva la vittima. Quello che doveva sembrare un incidente causato da un pirata della strada, è considerato dai pm un omicidio volontario ideato da qualcuno che, evidentemente, voleva Ravasio morto. Il giudice per le indagini preliminari ha convalidato i fermi ed emesso un’ordinanza di custodia cautelare per l’omicidio “brutale e freddo” della vittima.

LE PRIME CONFESSIONI E LA SCOPERTA DEL PIANO – La testimonianza di uno dei primi fermati, assoldato come “palo”, ha confessato agli inquirenti che l’omicidio era stato architettato dalla compagna della vittima, stancatasi della relazione, ma desiderosa di avere accesso al patrimonio di Ravasio. Adilma Pereira Carniero, 49 anni, brasiliana, ora ribattezzata “mantide di Parabiago”, anche lei fermata per omicidio poco dopo la morte del compagno, aveva studiato il piano per tre mesi, coinvolgendo diverse persone come complici, tra cui uno dei suoi nove figli. “Mi aveva detto personalmente che non sopportava più il marito – ha spiegato agli investigatori il complice – e che quindi lo voleva uccidere. Adilma, in quella occasione, mi disse che puntava anche a impossessarsi dei beni di Ravasio. Mi chiese di collaborare”. A lui e agli altri, in cambio della partecipazione al piano, la donna aveva promesso di regalare “un appartamento per ciascuno in una cascina che si trova a Parabiago”. La pianificazione del delitto era andata avanti e la donna aveva anche organizzato due incontri e un sopralluogo sulla strada dove Ravasio è stato travolto. “Avevamo discusso anche del mezzo da utilizzare per realizzare il falso investimento”, aggiunge il complice.

I COMPLICI – Proseguendo con le indagini e con gli interrogatori, gli inquirenti hanno fermato 6 persone, tra cui la Pereira per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Assieme alla mandante del delitto, sono indagati i due esecutori materiali, il marito di lei (Pereira, infatti, non è separata dall’ex) Marcello Trifone , il figlio Igor Benedito, di 25 anni, i due “pali” Fabio Lavezzo – fidanzato di una delle figlie della donna – e Mirko piazza, “tuttofare” della vittima. Non solo, ieri – 28 agosto – è stato fermato anche Fabio Oliva, il meccanico di 40 anni incaricato dalla donna di rimettere in sesto l’Opel corsa usata per travolgere il 52enne che, a detta di entrambi gli uomini assoldati come pali, non solo era “il meccanico della famiglia”, ma era anche al corrente del piano e sarebbe stato proprio lui a consigliare l’Opel corsa come auto da usare per l’investimento. A conoscenza del piano omicida, era anche Massimo ferretti, titolare di un bar e amante della Pereira. L’uomo, anche complice nel ruolo di “telefonista”, aveva dichiarato di essere stato coinvolto perché “innamorato”, sostenendo di essere “soggiogato da lei con la magia nera”.

L’IDEATRICE DEL PIANO: LA “MANTIDE” PEREIRA – MMagia nera, riti con animali e la vicinanza ad un santone brasiliano cui la Pereira avrebbe anche fatto regali e dato dei soldi. È questo quello che sembra emergere dall’interrogatorio dell’amante della mandante dell’omicidio. Dichiarazioni corroborate anche da un’ispezione dei carabinieri, che nel congelatore della donna hanno trovato pezzi di animali, come cuori o cervelli, da usare per i riti. Ma non è tutto, gli inquirenti cercando di fare chiarezza anche sulla morte di due dei precedenti mariti della donna, entrambi deceduti in circostanze poco chiare. Il primo, 41 anni, ucciso in Brasile e il secondo, stroncato a 49 anni da un infarto improvviso. Nel secondo caso, tra l’altro, la donna aveva ereditato una casa in Puglia, i sospetti ancora non fanno parte dell’indagine, ma il movente (l’eredità) coincide.

Quello di Ravasio è, indubbiamente “un delitto di eccezionale gravità”, come lo ha definito il pm di Busto Arsizio Ciro Vittorio Caramore, che ha sottolineando anche che “l’assoluta (per certi versi incredibile) facilità e spregiudicatezza dimostrata dagli indagati nel commettere il reato costituisce indizio evidente e tangibile della pericolosità dei medesimi“.

L'articolo Cosa sappiamo sull’omicidio di Fabio Rovasio. La compagna, i complici, l’auto e il patrimonio da incassare proviene da Il Fatto Quotidiano.

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